52mo Karlovy Vary International Film Festival - Pagina 11

Stampa
PDF
Indice
52mo Karlovy Vary International Film Festival
Pagina 2
Pagina 3
Pagina 4
Pagina 5
Pagina 6
Pagina 7
Pagina 8
Pagina 9
Pagina 10
Pagina 11
Pagina 12
Pagina 13
Pagina 14
Pagina 15
Pagina 16
Tutte le pagine

69e9-blue-silenceIn questa giornata sono stati presentati nella sezione East to West film con tematiche e sviluppi complessi, autentici film da Festival che difficilmente trovano circuitazione in circuiti cinematografici. Sono film belli, intensi, spesso originali che poco concedo allo spettatore a cui è richiesta sensibilità e grande partecipazione. Blue Silence (Silenzio Blu, 2017) è diretto dal turco Bülent Öztürk, nato in un remoto paesino da una famiglia in cui erano tredici fratelli. L’essere stato espulso dal suo paese per ragioni politiche lo ha aiutato a provare nuove esperienze ed a divenire uomo di cinema. Rifugiato in Belgio ad Anversa, ha avuto la possibilità di studiare sceneggiatura, regia e quant’altro divenendo autore di vari corti e di documentari realizzati anche per la televisione belga. A quarantuno anni ha debuttato nel lungometraggio con un film innegabilmente difficile in cui si raccontano e fanno vivere le gravi difficoltà psichiche e sociali di un uomo per tre anni relegato in un ospedale militare per guarire da ferite non solo fisiche. Il regista sceglie tecniche visive che trasformano in ombre le immagini maggiormente complesse, utilizza il colore in accezioni che rendono ogni cosa drammatica. La narrazione è unicamente attraverso le emozioni dell’uomo, le sue paure, l’incapacità di riconquistare un posto nella società da cui è stato emarginato per ragioni di salute. Dopo essere stato dimesso dall'ospedale militare dove ha ricevuto il trattamento per un trauma che lo ha definitivamente segnato, Hakan tenta di riprendere una vita normale. Incontra chi lo conosceva, ha l’aiuto di chi gli vuole bene ma viene rifiutato dalla moglie e, con suo grande dolore, dalla figlia adolescente. Il regista si prone in una performance mature: il film mette in evidenza l'anima ferita di Hakan e sottolinea i suoi sforzi violenti per liberarsi dalla prigione privata. Problema è che non sempre si riescono a seguire le sue ricostruzioni di una psiche ferita.
MaritaMariţa (idem, 2017) è una commedia in cui tutto è basato sui dialoghi limitando la possibilità di un vero coinvolgimento che i sottotitoli, forzosamente i più scarni e la brevissima durata di ogni frase, rendono a tratti quasi impossibile intendere lo spirito di quanto detto. Diretto dal trentottenne rumeno Cristi Iftime, ha come protagonista un anziano padre molto estroverso, dall’animo ribelle e anticonvenzionale, amato dai figli anche se divorziato da moltissimi anni, anni in cui non ha mai cercato troppo di incontrarli. Sono tre, due vivono con la madre, uno con la sua ragazza a Cluj. La giustificazione per quanto succederà nel corso di un film a tratti anche divertente e coinvolgente è legata al figlio indipendente, il trentenne Costi che, dopo avere litigato con la fidanzata, sceglie di trascorrere qualche giorno con la sua famiglia e decide di tentare una difficile riunione unendo i suoi genitori, i fratelli, la cognata e un nipotino. Va a trovare il padre e non incontra molta resistenza alla sua idea. Prendono la vecchia auto familiare, una Dacia senza servosterzo affettuosamente conosciuta come Mariţa e si dirigono verso la casa della madre. In questo iniziale on the road i due imparano a conoscersi, rispettarsi, volersi bene. Giunti a destinazione ogni cosa appare perfetta con la ex moglie che ha sempre continuato ad amare l’uomo ma che lo ha lasciato per la sua incapacità di comportarsi da adulto. Lungo incontro familiare, nessuno scontro. Non è necessario che tutti i film siano drammatici, ma la mancanza assoluta di tensioni, sorprese, momenti da ricordare limitano l’interesse.
F.F.