Festival di Karlovy Vary 2007

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Festival di Karlovy Vary 2007
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Il Festival di Karlovy Vary, in Repubblica Ceca, ha festeggiato la 42ma edizione con un programma vastissimo di film in concorso, sezioni speciali, omaggi e parti dedicate ai corti e medio metraggi. Diciamo subito che, nel nostro resoconto, escluderemo i film di cui abbiamo già parlato in altre occasioni come Saturno Contro di Ferzan Ozpetek, recensito al momento della sua uscita in Italia, e Dolina dell’ungherese Zoltán Kamondi di cui abbiamo riferito dalla Settimana del cinema Magiaro di Budapest. Il giudizio della giuria internazionale è apparso largamente condivisibile, non a caso, il film vincitore, Mýrin (La città dei barattoli) di Baltasar Kormákur, è quello che ha raccolto i maggiori consensi dei critici. Si tratta di un bel noir, tratto dal romanzo Tainted Blood (Sangue infetto, 2004) di Arnaldur Indridason, che sfrutta appieno il gelido paesaggio islandese. Il regista ha alle spalle una corposa carriera d’attore e produttore, questo è il suo quarto film e, anche questa volta, predilige le storie complesse e con molti personaggi. In realtà mette assieme due vicende. La prima è quella di un poliziotto che, indagando sull’uccisione di un poco di buono, scopre un altro delitto, quello di una bambina di quattro anni assassinata trent’anni prima. L’altra ha al centro un ricercatore statistico che sta indagando sulla trasmissibilità di alcune malattie e che, casualmente, scopre l'omicidio di sua sorella accaduto nel lontano 1974. Il lavoro dell’agente tiene assieme le due storie, con una figura che richiama alcuni personaggi tipici della moderna letteratura poliziesca nordica, come l’ispettore Wallander creato da Mankell Henning, che, a loro volta, hanno forti debiti culturali con i protagonisti dei noir francesi. Nel film ciò che conta non è tanto una storia complessa e ingarbugliata, quanto le atmosfere di degrado e disperazione che circondano i personaggi, facendo da contraltare al lindore degli interni ufficiali (stazioni di polizia, ospedali). Gli interpreti sono perfetti, nella sobrietà con cui attraversano emozioni particolarmente forti. Un solo difetto: la concessione, del tutto discordante con l’insieme dell’opera, ai particolari macabri e alle immagini nauseabonde. Per la cronaca il titolo fa riferimento alla raccolta di parti umane conservate, in barattoli di vetro e formalina, nell’archivio dell’Istituto di Medicina Legale di Reykjavik.