01 Luglio 2019
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54mo Karlovy Vary International Film Festival |
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Byk (Il toro) - Russia – Boris Akopov dopo una brillante carriera da ballerino classico sui palcoscenici di teatri del livello del Bolshoj, si è diplomato alla scuola di cinema VGIK di Mosca e ha realizzato questa sua opera prima tecnicamente attenta, piacevolmente girata ma assolutamente priva di interesse con una storia vista mille volte ed una sceneggiatura che non ha mai un guizzo che la distacchi dalla monocordità. Siamo alla fine degli anni ’90 in una Russi, dopo URSS, con una libertà che permette la nascita di molte bande di malavitosi, giovanissimi che accettano di uccidere e di essere uccisi pur di staccarsi da una realtà che va loro stretta. Ragazze attratte anche loro dal denaro facile ma incapaci di affrontare evoluzioni drammatiche della realtà, ragazzi sanguinari che si trasformano in affettuosi fratelli che hanno timore per l’incolumità dei loro cari ma, soprattutto, temono che i più piccoli seguano le loro tracce. A questo si aggiungono premurose mamme chiocce, anche dei malavitosi, che accettano la loro esistenza fuori dalla legge perché vivono in maniera più agiata. Il capo della banda è Anton Bykov, noto come il Toro, che finisce alla stazione di polizia dopo una rissa con un gruppo criminale rivale. Riesce a evitare la prigione solo grazie all'intervento di un temuto boss della mafia, che per questo piacere gli chiede in cambio di sporcarsi davvero le mani. Finale più che prevedibile dopo uno sviluppo che non dona originalità. Basato su di una storia vera, è fotocopia di tanti film già visti in passato.
Moi dumki tikhi (I miei pensieri sono silenziosi, 2019) – Ucraina – è opera prima firmata dall’ucraino Antonio Lukich che dimostra grandissimo talento nella costruzione di situazioni tragicomiche donando spesso liberatorie risate. Lo si vede addirittura inghiottito dalle sabbie mobili e subito dopo alle prese con due ottusi poliziotti che lo hanno salvato ma che, non capendo la funzione di quel lavoro, lo rinchiudono in carcere. Il protagonista è un ventiduenne sognatore, più poeta che uomo coi piedi piantati in terra. Il suo lavoro è quello di raccogliere suoni - ad esempio tutti i tipi di sonorità emesse dagli uomini quali risate, borbottii o pianti – e ‘venderli’ a fabbricanti di videogame ma anche nel mondo della pubblicità.
Quando arriva un'offerta generosa di lavoro che potrebbe aiutarlo a realizzare il suo sogno di trasferirsi in Canada, non ci pensa due volte e si propone di registrare i suoni degli animali più rari dei Carpazi che vivono in zone molto isolate. Il giovane è talmente lontano dal mondo reale, che diventa subito simpatico al pubblico. Il peggio è che nel viaggio viene accompagnato dalla madre tassista che lo tratta come un bimbo deficiente e, in questa maniera, non lo lascia crescere per davvero. Il giovanissimo filmaker ha scelto come protagonista Aleksas Kazanavicius che, attraverso l’altezza di oltre due metri e la magrezza di per se è grottesco, ma sa anche giocare con bravura su questo limito che spesso rappresenta un limite per la sua attività (F.F.)
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