54mo Karlovy Vary International Film Festival - Pagina 11

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54mo Karlovy Vary International Film Festival
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thumbnail z20martti-heldeGörülmüştür (approvato dalla censura, 2018) – Turchia, Germania, Francia - Zakir lavora in una prigione come censore. Ogni giorno legge decine di lettere, oscurando accuratamente tutto ciò che è considerato potenzialmente pericoloso, qualcosa che potrebbe nascondere messaggi segreti. La sua vita si divide tra lavoro, frustrazione dovuta alla dispotica madre, la felicità quando frequenta un corso serale di scrittura. Una sera, il docente dice loro creare una storia basandosi su di un elemento di fantasia. Una fotografia inserita in una delle buste per lui diventa la fonte di ispirazione e interrompe la sua routine: il suo interesse per la donna sconosciuta nella foto diventa un'ossessione. Al suo debutto nel lungometraggio il turco Serhat Karaaslan realizza uno studio psicologico di un individuo che gradualmente perde la sua integrità personale e professionale mentre rimane intrappolato nel suo mondo fantastico. Non sa più scindere realtà dalla fantasia, per lui questa donna diventa un amore proibito, una persona a cui fa fare e pensare cose da lui sognate o temute. La bravura di Karaaslan sta nel creare un mondo in cui finzione e realtà convivono, in cui è impossibile scindere le due entità. Il film è molto bene realizzato e anche tutti i personaggi minori, dalla madre a tutti i colleghi di lavoro, sono delineati con bravura. Su ogni cosa un tono da commedia che rende meno drammatico il contesto narrativo. Il trentenne attore televisivo Berkay Ates è assolutamente convincente quale secondino che rischia la pazzia, con lo sguardo attonito che racconta bene della sua progressiva discesa in un mondo che fagocita la sua ‘normalità’.
thumbnail a20serhat-karaaslanSkandinaavia vaikus (Silenzio scandinavo, 2019) – Estonia, Francia, Belgio – è l'impegnata opera prima di Martti Helde che utilizzando il bianco e nero, ambientando ogni cosa in panorami claustrofobicamente innevati e limitando le possibilità dell’azione all’interno di un auto crea una storia con tre parti, due personaggi e un'ossessione: impedire al passato di prendere il sopravvento. Sono monologhi molto lunghi – i primi due attorno alla mezz’ora – in cui i protagonisti si confessano, cercano un dialogo che dall’ascoltatore viene negato con una sconfortante freddezza. Questo studio minimalista di una relazione tra fratelli e sorelle viene raccontato in tre versioni diverse della stessa situazione narrativa, chiedendosi se il tempo può sanare le ferite del passato. Questa incomunicabilità è come una lastra di ghiaccio che permette di vedere ma non di ‘toccare’ le due entità che difficilmente riusciranno – o davvero vorranno – eliminare i tanti punti di incomprensione. Un fratello e una sorella attraversano un silenzioso paesaggio invernale, ma dopo anni in cui mai si sono incontrati, hanno difficoltà a comunicare. Bella l’idea, ma non sempre lo sviluppo psicologico è convincente, lasciando fuori dal film lo spettatore che assiste al dramma ma non riesce ad esserne davvero coinvolto. Rea Lest e Reimo Sagor ci mettono molto impegno, ma la prova è superiore alle loro capacità di recitazione. Questo on the road lascia la triste sensazione che il film dal taglio teatrale delude se i dialoghi cadono nel banale, sempre. (F.F.)