54mo Karlovy Vary International Film Festival - Pagina 13

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54mo Karlovy Vary International Film Festival
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1ArestArest (Arresto, 2018) – Romania – Il film basato unicamente sulla violenza subita da un ragazzo mite nella Romania di Nicolae Ceauşescu - arrestato per presunta sovversione e torturato da un criminale sadico nella cella di una prigione - ha ottenuto un certo riscontro positivo dopo la sua vittoria nel Festival della Transilvania, ma probabilmente avrà difficoltà ad essere distribuito anche per la sua mediocrità, per la pedante narrazione, perché fare vedere è più facile che non raccontare. Sembra quasi che si voglia svelare un segreto, vale a dire che la tirannia ha torturato ed assassinato migliaia di persone impunemente. Ha un unico messaggio portato avanti: l'uomo può essere orribilmente brutale soprattutto con i più deboli spiegato in oltre due ore di prevedibili abusi verbali e fisici che parrebbero essere proposti solo per il piacere di offrire uno spettacolo violento senza cercare di penetrare in un mondo in cui a certe persone tutto era  permesso. Il taglio televisivo impoverisce ancora di più l’interesse, gli attori non sono sempre convinti di quello che fanno e dicono. Proposto come film, difficilmente potrà ambire a grosso successo, se diviso in 2/3 parti trasmesso in televisione potrebbe avere maggiore audience. A capo di questo progetto produttivo c’è il quarantasettenne Andrei Cohn qui al suo secondo lungometraggio dopo il non memorabile Acasã la tata (Casa di papà, 2015). Dirige con mestiere, ma la sceneggiatura da lui scritta non riesce mai realmente a convincere. Gli attori hanno poche possibilità di dare spessore ai propri personaggi.
1MamongaMamonga (idem, 2019) – Serbia, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro – è la parola inventata da un bimbo di 8 anni, Lukas, per definire il camion, veicolo che lui ama profondamente. Diretto dal trentenne serbo Stefan Malesevic – con una militanza nel cinema di dieci anni e la realizzazione di 6 corti ed un documentario – è un film affascinante ma non sempre facile da seguire per certi preziosismi visivi e per una sceneggiatura che gioca con se stessa creando incertezze in chi vorrebbe capire tutto. Debutta con un trittico formalmente distintivo che colloca i protagonisti in ambientazioni diverse mentre lottano per venire a patti con le conseguenze delle loro decisioni. Il singolare concetto di Malešević comporta l'uso frequente di lunghe inquadrature a grandangolo e lavora con una struttura narrativa libera che sfida lo spettatore a partecipare attivamente alla unione più logica dei pezzi del mosaico. Vediamo i personaggi che si mischiano tra loro e, in questa maniera, si è costretti a stare attenti a tutti i particolari per riuscire venire a capo del puzzle. Oltretutto, il film è ricco di personaggi difficili da inquadrare, che possono sviare per la loro ambiguità. Giovane, bella e sicura di sé, Jovana lavora dietro il bancone in una panetteria nella piccola città dove vive assieme al padre. Marko, ragazzo particolarmente timido, è scritto nel suo futuro che diventerà camionista come il padre. Ma gli eventi di una notte cambiano entrambe le loro vite, portandoli ad un futuro che fino a poco prima era difficile neppure da immaginare.

(F.F.)