7mo Festival Internazionale del Film di Roma

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Sito del festival: http://www.romacinemafest.it/ecm/web/fcr/online/home

 

festival_roma_logoAlice nella città.

In attesa della 7° edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, che si terrà dal 9 al 17 novembre, la prima uscita è toccata ad Alice nella città che torna ad essere indipendente, come ribadito nella conferenza stampa tenutasi all’Auditorium. Affianca il nuovo Festival, non più all’interno del programma ufficiale, ma come sezione autonoma e parallela. La manifestazione, che non ha avuto alcun finanziamento dalla Regione, conta su un budget di 300mila euro. Sostenuta da enti locali, Direzione Generale per il cinema, BNL, dipartimento per la gioventù e servizio civile nazionale, Provincia e Camera di commercio di Roma. Grande aiuto gli è venuto dalla Fondazione per il cinema. Paolo Ferrari, presidente del RomeFilmFest, Marco Műller, Gianluca Giannelli Savastano, direttore artistico, e della responsabile degli Eventi Speciali Fabia Bettini, hanno ribadito la volontà di trovare una casa per tutto l’anno a questa parte della rassegna, con manifestazioni che sviluppino il programma dei dieci giorni del Festival durante l’intera stagione a contatto con i giovani e le scuole. Dedicato prevalentemente a opere prime e seconde, Alice nella città è giovane e lavora con e per i giovani. Le scuole di Roma hanno già acquistato seimila biglietti per portare gli studenti al Festival, e loro in larga parte collaboreranno al Daily del Festival, un giornale quotidiano tipo internet ma cartaceo con sempre nuove notizie durante la giornata. Saranno della partita anche fumettisti, designer, giornalisti, blogger e critici cinematografici.

Il regista Piero Piccioni, direttore artistico della Libreria del Cinema a Roma, ha parlato d’incontri con studenti da organizzare durante lo svolgimento della manifestazione. Il concorso, che accoglie film con piccole storie della quotidianità, e mostra molto interesse per il cinema argentino e per la vivacità di quello belga, include quattordici titoli: dodici già in programma, e due a sorpresa che saranno comunicati a novembre. Sono Kid (Ragazzo, Belgio) di Fien Troch, Baby Girl (Ragazzina, Usa-Irlanda) di Macdara Vallely, The Passsion of Michelangelo (La passione di Michelangelo, Chile) di Esteban Larraìn, Even if it rains (Anche se piove, Argentina) di Fernando A. Gatti; Strings (Stringhe, Regno Unito) di Rob Savage, You and me forever (Tu ed io per sempre, Danimarca) di Kaspar Munk, Innocents (Innocenti, Singapore) di Chen-hsi Wong, My sweet Orange Tree (Il mio dolce albero di aranci, Brasile) di Marcos Bernstein, Jeunesse (Gioventù, France) di Bustine Malle, Pulce non c’è (Italia) di Giuseppe Bonito, Animals (Animali, Spagna) di Marçal Forés, Little lion (Leoncino, Francia) di Samuel Collardey. Fuori concorso ci saranno Ralph spaccatutto (Usa) di Rich Moore e The Dandelions (Denti di leone, Francia) di Carine Tardieu. Quattro i film del programma speciale Immagini e Parole: Il piccolo principe 3D (Francia) di Pierre-Alain Chartier, Kirikou and the men and women (Kirikou, uomini e donne, Francia) di Michel Ocelet. Ci sarà poi un Omaggio a Tom Ungerer con Moon Man (L’uomo della luna, Germania, Francia, Irlanda) di Stephan Schesch e Far out isn’t far enough: The Tomi Ungerer Story (Lontano non è abbastanza lontano: la storia di Tomi Ungerer, Usa) di Brad Bernstein. Eventi speciali: la prima internazionale di Twilight Saga: Breaking Dawn - Parte 2 e immagini e sequenze della nuova saga Beautiful Creatures (Magnifiche creature, Usa) di Richard Lagravanese e Altra musica (Italia) di Claudio Noce. Quest’anno Alice nella città ha anche una madrina: l’attrice francese Dianr Fleri, presente all’apertura e alla chiusura del RomeFilmFest.


roma4501CINEMAXXI


Sempre più ricca di proposte la 7° edizione del Festival Internazionale del Film. Se accanto al già nutrito cartellone del Festival abbiamo dato notizia dell’altro concorso, quello di ALICE NELLA CITTA, ora è stato reso noto un altro evento, il programma del CINEMAXXI, dedicato alle nuove correnti del cinema mondiale senza distinzione di genere e durata. Ne ha parlato Marco Müller nei moderni spazi del MAXXI che  diventerà uno dei luoghi del Festival. Tra le molte offerte, una sezione ufficiale di concorso con diciassette lungometraggi in anteprima mondiale con una giuria internazionale presieduta dall’artista e cineasta scozzese Douglas Gordon. In prima mondiale anche il film d’inaugurazione, fuori concorso, Centro Histórico (Centro storico) di Aki Kaurismäki, Pedro Costa, Victor Erice e Manoel de Oliveira. Il film d’apertura del concorso sarà invece A Walk in the Park  (Quattro passi nel parco) di Amos Poe. Gli altri titoli: Avanti popolo di Michael Wahrmann (Brasile); Bloody Daughter (Maledetta figlia) di Stéphanie Argerich (Francia-Svizzera); Gegenwart/Consequence (Presente/Conseguenza) di Thomas Heise (Germania); Goltzius and the Pelican Company (Goltzius e la Compagnia del Pellicano) di Peter Greenaway (Paesi Bassi); Jianshi Liu Naiyuan (Judge Archer - Il giudice Archer)) di Xu Haofeng (Cina); Jungle Love (Giungla d’amore) di Sherad Anthony Sanchez (Filippine); Nichnasti Pa’am Lagan (Entrai nel giardino) di Avi Mograbi (Francia-Israele-Svizzera); El ojo del tiburon (L’occhio dello squalo) di Alejo Hoijman (Argentina); locandina1Panihida di Ana-Felicia Scutelnicu (Germania-Moldavia); Photo (Fotografia) di Laila Pakalnina (Lettonia); Suspension of Disbelief  (Incredulità interrotta) di Mike Figgis (Gran Bretagna); Tanets Deli (Danza di Dehli) di Ivan Vyrypaev (Russia); Tar diretto da dodici registi esordienti con James Franco (Usa); Tasher Desh (La terra delle carte) di Kaushik Mukherjee (India); Tutto parla di te di Alina Marazzi (Italia). Fuori concorso anche O batuque dos astros (Il rumore degli astri) di Julio Bressane (Brasile); O fantasma do Novais (Il fantasma di Novais) di Margarida Gil (Portogallo) oltre alla prima internazionale di Mundo Invisível (Mondo invisibile), variazioni sul tema dell’invisibilità prodotto dal Brasile con la partecipazione di dodici registi di fama mondiale. Un incontro col pubblico è previsto in occasione della presentazione del film Steekspel (Ingannato) di Paul Verhoeven. Del regista olandese verrà presentato anche il documentario Paul’s Experience (L’esperienza di Paul). Numerosi i corti e i mediometraggi, inclusi grossi documentari, come li ha definiti Müller che si è detto interessato a tutto ciò che concorre a una visione contemporanea, inclusi tutti i modelli che non rientrano in campi definiti, e tutte le sperimentazioni dovute ai diversi formati dal CD al digitale.


ali ha gli occhi azzurriSembrava che le sale dell’Auditorium di Renzo Piano fossero un immenso regalo per una Kermesse di cinema, ma il 7° Festival Internazionale del film di Roma, oltre a quelle ne ha costruite altre tre temporanee, due  enormi e una di 270 posti. E gli spettatori non mancano per questa maratona di 9 giorni con 150 film in catalogo. Dopo Fratelli d’Italia,  Claudio Giovannesi ha girato un film che trae il titolo da Profezia di Pier Paolo Pasolini. In concorso, Alì ha gli occhi azzurri mette in scena i ragazzi di vita cinquant’anni dopo quelli di Pasolini in una società completamente trasformata. Non in meglio, ma dalla borgata si passa alla realtà multietnica della periferia romana, tra Tor di Valle e Ostia. Al centro tre studenti sedicenni, Nader di origini egiziane, il rumeno Zoran e Stefano. Prima di andare a Scuola, Stefano e Nader rubano un motorino e compiono una rapina in un negozio. E’ la premessa per mostrare lo scollamento tra i ragazzi e le famiglie. Nader è in rotta con la famiglia perché si vuole fidanzare con una italiana. E’ la madre a ricordargli che la loro religione lo proibisce. Stefano non ha problemi col padre perché tace o mente su ciò che fa. Zoran è un ragazzo equilibrato, ma quando Stefano pugnala un giovane rumeno in una discoteca, è messo sotto pressione dai connazionali. Il padre di Stefano suggerisce di formare un gruppo per affrontare i rumeni che tallonano il figlio, ma Nader s’incolpa del fattaccio, e rimane solo. Il film dura 98 minuti e si avvale dell‘originale fotografia di Daniele Ciprì per raccontare le miserie e le contraddizioni del comportamento di giovani immigrati e delle periferie urbane. Alì tenta di far capire alla madre che la sua relazione con un’italiana è un fatto che lei deve accettare, ma nello stesso tempo non ammette che il suo migliore amico abbia una relazione con sua sorella. Non solo contraddizioni, ma anche incomprensioni e fatalismi in un mondo dal difficile amalgama tra le differenti etnie che popolano le periferie. E i protagonisti sembrano i personaggi: Nader Sarhan, Stefano Rabatti, Brigitte Apruzzesi, Valenti Adrian.
main-dans-la-mainTotalmente diverso il film francese in concorso, Main dans la main  (La mano nella mano), terzo film di Valérie Donzelli dopo La guerre est déclarée. Sembra una fantasia, eccentrica e sentimentale, con due protagonisti da commedia, ma dopo l’esposizione dell’idea dell’incontro fatale tra una celebre insegnante di danza dell’Opera di Parigi e un giovane vetraio di periferia, che dal momento che s’incontrano ripetono gli stessi movimenti e gli stessi percorsi simili a marionette, non ci sono quasi più sviluppi narrativi. Hélène ha quindici anni più di Joachim: la relazione platonica non dura molto, e il loro rapporto d’amicizia non s’incrina, ma lui sente che deve staccarsi per trovare la sua strada e decide di farlo andando a New York. Senonché l’amica e assistente di Hélène si ammala gravemente e i due s’incontrano al suo capezzale. Protagonisti Valérie Lemercier e Jérémie Elkaim in un film di 90 minuti.
lesson of the evilIl terzo film in concorso viene dal Giappone, e il regista è uno dei più noti, Takashi Miike. Con più di quindici film all’attivo, in maggioranza violenti, roboanti e fantastici, Miike non si smentisce. Questa volta porta l’horror in un liceo e il massacro è servito. Aku no kyoten (Il canone del male) dura 129 minuti e descrive il comportamento di un professore giovane e brillante. Seiji Hasumi, insegnante modello di un liceo privato, è molto amato dagli studenti. Risolve tutti i problemi, non solo nell’insegnamento ma anche nei rapporti sociali interni all’istituto. Non si sa molto, però, del suo passato e quando lo scopriranno sarà troppo tardi. Seiji Hasumi, infatti, ha il controllo di tutto e di tutti, ma quando lo perde decide di ristabilirlo castigando quelli che ritiene colpevoli. Schizofrenico e paranoico, comincia eliminando studenti e professori, o per torti presunti o perché stanno scavando nel suo passato. La sua ira da vita a uno psico-thriller che sfocia in un’immensa strage. E non si tratta di un gioco di massacro ma di una caccia all’uomo simile a un mattatoio.


ritorno al 1942In concorso si è visto un film cinese. Assente dal catalogo in quanto proposto come film sorpresa, Yi Wu Si Er (Ritorno al 1942) del regista pechinese Feng Xiaogang, 54 anni e più di 15 film realizzati, è una tragedia lunga 144 minuti prodotta da Hong Kong. Ricostruzione colossale di drammi personali sullo sfondo della carestia che si abbatté sulla regione dell’Henan, che stava per essere invasa dai giapponesi, è la cronaca di un esodo durato mesi lungo centinaia di chilometri per raggiungere Luoyang. Ed è girato su due livelli, quello del popolo affamato che cerca la salvezza in una terra più fertile, e quello dei militari e dei politici che decidono la sorte del popolo. I destini del popolo dell’Henan si aprono con la protesta dei contadini contro il signore che ammassa frumento e bestiame, seguito da uno scontro sanguinoso, e con la fuga di ricchi e poveri verso ovest. Affamati, bombardati da aerei giapponesi, respinti dai maggiorenti dello Shanxi, i fuggitivi lasciano morti lungo il cammino e perdono ogni connotazione di classe. Sopravvivono i più fortunati, i più forti e i più furbi. E il regista non lesina scene di massacri. I militari, fra cui anche il generale Chiang Kai-shek, muovono i fili. Non solo loro, ma anche politici e amministratori locali in eterno conflitto, qualche diplomatico, alcuni sacerdoti e soprattutto un audace e spericolato fotografo americano che con i suoi reportage riesce ad attirare l’attenzione del generalissimo sulle stragi degli esuli. Senza entrare nella descrizione dei drammi personali va detto che il film sarebbe stato più adatto per tre serate in Tv da 48 minuti, anche se le scene cruente lo consiglierebbero per una fascia protetta. Ed è chiaro che Feng Xiaogang non ha niente da imparare da Raffaele Matarazzo, anche se a suo beneficio va il fatto che i drammi descritti, dalle miserie della sudditanza alla vendita dei figli, rientrano nella tradizione cinese. Tratto da un romanzo di Zhenyun Liu, che ha scritto la sceneggiatura, il film è interpretato da Fan Xu, Adrien Brody, Daoming Chen, Tim Robbins.  
sposeBizzarro, a volte spiazzante, sicuramente celebrativo, il film russo in concorso, che farà la gioia degli etnologi. Nebesnye ženy lugovykh Mari (Spose celesti dei Mari della pianura) di Alexey Fedorchenko è una raccolta di ritratti femminili. Dedicato ai Mari, etnia ugro - finnica della Russia centrale, ne descrive comportamenti tradizionali attraverso il trascorrere delle stagioni. A contarle sono ventitré storie, ventitré ritratti e frequenti descrizioni di antichi riti ancora praticati nei boschi. Non senza uno spiccato senso dell’humour che caratterizza il profilo di molte contadine, e qualche spunto eccentrico, il regista dedica larga parte del film a comportamenti sessuali, pratiche sataniche e feste contadine. Scene più che storie, popolate da giovani donne vivaci e intraprendenti, che durante le celebrazioni indossano originalissimi e variopinti costumi, si protraggono per 106 minuti sullo sfondo di paesaggi boschivi, di distese pianure e villaggi innevati.
aspettado il mareDalla Russia anche un altro film epico, presentato fuori concorso. V ozidanii morja (Aspettando il mare), prodotto da Belgio, Francia, Germania, Kazakistan, Russia. Diretto da Bakhtiar Khudojnazarov, regista di Luna papa, il film prende spunto da un fatto eccezionale che si produsse anni fa, l’evaporazione del lago d’Aral. Parlato in kazako e in russo, film narra il naufragio del battello di un giovane capitano investito da una tempesta di sabbia.  Muoiono tutti, inclusa la sua fidanzata, ma lui si salva, e andrà in prigione. Quando ne esce, la gente del villaggio l’aggredisce e l’insulta. Lui, però, ha un’idea precisa. Vuol portare al mare il battello rimasto arenato nel deserto di sabbia dove un amico d’infanzia gestisce un piccolo aeroporto. Considerato pazzo da tutti, tenterà l’impossibile per riuscire nell’impresa. Sostiene anche che la sua ragazza è ancora viva e che il battello navigando lo porterà su qualche riva dove lei è stata salvata. Questo gli vieta di accettare la corte appassionata della sorella minore della ragazza. Corredato anche da piccole storie di altri abitanti del villaggio, il racconto è imperniato sulla determinazione del capitano Marat e sugli sforzi quotidiani e sulle invenzioni per muovere il battello. Bellissimo il paesaggio servito da un’ottima fotografia, vivaci i personaggi, leggermente ripetitivo il disegno per far muovere l’imbarcazione sulla sabbia. Dura 109 minuti e vanta bravi attori: Egor Beroev, Anastasia Mikulchina, Detlev Buck, Dinmukhamet Akhimov.


il-cecchinoIl Festival Internazionale ha presentato oggi due film italiani nella sezione ufficiale. In concorso il film di Pappi Corsicato Il volto di un’altra, e, fuori concorso, il film di Michele Placido Il cecchino (Le guetteur).  Va detto subito che non è stata una grande giornata. Per quanto fuori concorso il film di Placido sembra un’estensione dei thriller americani e tedeschi che hanno invaso i programmi televisivi anche se è molto più violento di tante serie Tv. Girato a Parigi e interpretato da Daniel Auteuil nei panni del capitano di polizia Mattei, narra di una banda di rapinatori guidati da un ex militare (Mathieu Kassovitz) e da un italiano (Luca Argentero). Protetti da un cecchino che gli copre la fuga dopo le rapine in banca, i banditi l’hanno fatta sempre franca. Questa volta però qualcosa va storto. Prima ci scappa un ferito. Poi le cose si complicano perché tra loro c’è un delatore che li tradisce per impossessarsi di tutta la refurtiva. Questo è soltanto l’inizio, cruento e sanguinario, ma dopo si scopriranno peggiori infamie. Inutile e controproducente raccontare tutta la vicenda che lo spettatore appassionato del genere scoprirà in sala, ma va detto che il film non ha niente da spartire con Romanzo criminale (2005). Rimane infatti dalla parte delle serie Tv proprio quando la televisione è inflazionata da troppi programmi cosiddetti polizieschi. Per la cronaca, la sceneggiatura è firmata da Cédric Melon e Denis Brusseaux. Protagonista femminile, Violante Placido.
il-volto-di-un-altra-Il volto di un’altra, secondo film italiano in concorso, sembra un incontro tra gli Heimatfilm della tradizione tedesca e il cinema americano degli anni Trenta. Si potrebbe trovare anche qualche attinenza col cinema dei telefoni bianchi, se non ci fossero spunti ironici a chiarire l’intento di fare un omaggio al cinema sofisticato. La vicenda, tuttavia, è la cronaca di una e altre truffe. Bella (Laura Chiatti) è la famosa conduttrice di un programma Tv sulla chirurgia estetica, al quale collabora anche René, (Alessandro Preziosi), suo marito e chirurgo. Quando il produttore decide di sostituirla, lei ha un incidente d’auto che le deturpa il viso. Il marito dichiara che è completamente sfigurata per ottenere i soldi dell’assicurazione, e lei sta al gioco apparendo col volto completamente fasciato. In realtà Bella ha riportato soltanto qualche scalfittura. Imbrogliato in qualche modo il medico inviato dall’assicurazione, i due si preparano a riscuotere dieci milioni di euro, ma un idraulico scopre l’inganno e li ricatta. Si giunge a un accordo: divideranno in tre. Ma le cose stanno diversamente e presto Bella le scoprirà. Anche se non è un thriller, lasciamo allo spettatore il finale del racconto. Per la cronaca va ribadito che il film fa il verso al cinema sofisticato anni Trenta con musiche, movenze di danza, costumi e ambienti variopinti. Spunti umoristici sono legati alla presenza di Iaia Forte nei panni di una suora del centro di cura.
marfa-girlUn accenno merita anche l’altro film in concorso, Marfa Girl di Larry Clark. L’enfant terrible che aveva esordito nel 1995 con Kids adopera ancora un linguaggio esplicito, ma la sua descrizione della vita di alcuni adolescenti in un paese del Texas, Marfa (1.800 abitanti), sembra nutrire pretese sociologiche. In parte ci riesce seguendo i passi di giovani in larga parte di origine ispanica in un paese dove vige per loro il coprifuoco alle 23.00. Il limite del film sta nella presenza di un giovane agente, violento e paranoico, che scompiglia tutti i rapporti sociali. Il protagonista, Adam, ha sedici anni. Ha una ragazza carina, ma non si sottrae alla corte di una ventitreenne col marito in galera, e accetta anche le iniziazioni sessuali di una giovane arrivata a Marfa con una borsa di studio per corsi di pittura. Gli adolescenti del paese si ritrovano a scuola, dove vigono ancora regole severe, e in uno spazio dove alcuni suonano strumenti, altri si occupano dì pittura. E la vita del paese scorrerebbe tranquilla, se l’agente violento, illuso di piacere alla madre di Adam, non combinasse un pasticcio dal quale non uscirà più. Il regista da spazio a rapporti sessuali e a rituali new age in una comunità dove la differenza etnica ha un peso. 


mental_288Dura quasi due ore, e sono due ore di divertimento assicurato, il nuovo film di P. J. Hogan, Mental (Mentale), presentato fuori concorso al Festival e non si tratta di un divertimento becero o accattivante, ma di un’intelligente satira su presunte malattie mentali e su comportamenti perbenisti. P. J. Hogan, il regista australiano che nel 1994 esordì col film di successo Le nozze di Muriel (1995) e che si affermò negli Usa con Il matrimonio del mio migliore amico (1997), è tornato in Australia per girate in tutta libertà un film che pensava da tempo. Mental, infatti, è un film sulla sua famiglia, pieno di ricordi d’infanzia, e volutamente politically incorrect. Interpretato da quella che si può definire la sua musa, Toni Collette, e da attori americani (Liev Schreiber, Anthony LaPaglia), il film descrive la vita di famiglia in una piccola contrada australiana, Dolphin Heads. Con cinque figlie, la maggiore Coral, ha soltanto tredici anni, e con una madre che sembra essere fuori di testa, i Muchmoore sono lo zimbello del paese. Il padre, un politico donnaiolo eternamente assente conosce appena i nomi delle figlie. E’ preoccupato unicamente della sua carriera. Quando le voci sulla follia della moglie si fanno più frequenti, decide di rinchiuderla nell’ospedale psichiatrico di un’altra città, ma per le figlie e per tutto il vicinato la donna è partita in vacanza. Poi, facendo salire sulla sua auto una stramba autostoppista con un cane, decide di assumerla come governante. La giovane è sicuramente più pazza della signora Muchmoore, che sognava soltanto di avere una famiglia felice e compatta come quella del film Tutti insieme appassionatamente (The Sound of Music, 1965) di Robert Wise e ne canticchiava le canzoni di Rodgers e Hammerstein. Shaz, l’autostoppista, invece è risoluta e fredda, aggressiva quando serve e decisamente anticonvenzionale. Non solo, ma ha un conto aperto col marito, cacciatore di squali, del quale è alla ricerca. Rivoluzionerà la vita del paese, insegnando alle cinque bambine che loro sono normali e che pazzi sono gli altri. P. J. Hogan, che ha due bambini autistici e una sorella bipolare, ne sa abbastanza di disturbi mentali e ha girato il film come avvolgente sarabanda, una commedia con spunti grotteschi che scorre imperterrita senza cadute di tono, sempre attenta a punzecchiare falsi perbenismi e a indicare che la verità rifiuta gli estremismi. E’ molto più facile trovarla a metà strada tra realtà e follia.
mai_morireIn concorso un film del tutto degno di essere presentato a un Festival anche se si presenta problematica la distribuzione nelle sale. E’ Mai morire del messicano Enrique Rivero, 36 anni, che nel 2008 esordì con Parque via (Via del parco) vincendo il Pardo d’oro al Festival di Locarno. Racchiusa in 83 minuti la storia di Chayo, che torna nella sua città natale, Xochimilco, per occuparsi della madre malata, è un’incursione nella natura e nei sentimenti. Figlia minore, Chayo sente il dovere di prendersi cura della madre morente. Lo fa seguendo ritmi naturali. Vede la morte come completamento della vita, e divide le giornate con la madre, spesso all’aria aperta nella campagna attorno alla città che era stata la capitale del periodo precolombiano. Più che un racconto, un’attesa della fine, ma un’attesa partecipata e vissuta che la figlia sembra celare alla madre con la quale condivide il piacere della luce, di albe e tramonti pieni di calore, che sono e sono stati il paesaggio della loro vita. Per quanto prossima alla fine, la vita dell’anziana scorre lentamente. E’ l’oggi che l’interessa: del dopo si occuperanno gli altri. Con molta misura, il regista coglie attimi della vita quotidiana mentre modella il personaggio di Chayo, donna forte, cosciente delle proprie radici e della conoscenza che le viene dalla saggezza dei suoi predecessori. Le due donne sono interpretate da Margarita Saldaña e Amalia Salas.


ixjanaCome spesso accade ci sono momenti alti e momenti bassi in molti Festival. Oggi, a Roma si è toccato il punto più basso. Due i film in concorso a contendersi la palma del peggiore. Dalla Polonia il film diretto dai due figli di Jerzy Skolimowski, Józef, che si è occupato anche delle musiche, e Michał, autori della sceneggiatura. Protagonista di Ixjana, Marek, un giovane scrittore che ubriacatosi durante una festa si chiede come il suo miglior amico possa essere morto quella stessa notte. Vive incubi nei quali lui è l’assassino dell’amico, e si convince di esserlo. Sennonché ritrova l’amico e sembra mettersi l’anima in pace. Poi scoppia un litigio e lo accoltella. Questa volta è sicuro di averlo ucciso e cerca aiuto da un’amica comune, una veggente. Con lei ha una rapporto sessuale, e non è l’unico durante il suo arrovellarsi che include incontri misteriosi e il ritrovamento dell’amico che chiede l’elemosina per strada. Inutile la ricerca di un filo rosso in un racconto troppo confuso anche per rappresentare un incubo e con un protagonista, Sambor Czarnota, molto famoso in patria, ma che ostenta sempre la stessa espressione. Meglio l’amico Arthur, Borys Szyc, anche se in un ruolo più defilato. Dura 98 minuti.
e-la-chiamano-estateInsopportabile anche il film italiano E la chiamano estate di Paolo Franchi. Premiato per i primi due film, La spettatrice e Nessuna qualità agli eroi, il regista si presenta con un film sull’alienazione di uno scrittore irresoluto (Jean-Marc Barr), innamorato folle della donna con la quale convive (Isabella Ferrari) e con la quale ha deciso di non aver rapporti fisici. Rinuncia a lei, partecipando però ad ammucchiate o intrattenendosi con prostitute. Non solo, ma è alla ricerca di quelli che sono stati i suoi uomini per tentare di conoscere meglio la sua compagna attraverso il racconto degli altri. Quelli che incontra, però, non parlano e lo snobbano. Giocando con immagini a volte sfocate, con ambienti moderni, sguarniti e luminosi, Paolo Franchi descrive rapporti sessuali collettivi. Quasi volesse indicare che nell’abbrutimento di rapporti mercenari il protagonista è alla ricerca di sé stesso.
bullet-to-the-headA questo punto, benvenuto Mr. Walter Hill, che fuori concorso ha presentato l’ultimo film interpretato da Sylvester Stallone, Bullet to the Head (Pallottola in testa). Va detto subito che è un film violento, ma si stacca dalle serie Tv per l’interpretazione ironica di Stallone nei panni di un sicario avanti con gli anni e a modo suo leale. Si chiama Jimmy Bobo e lavora a New Orleans dove su incarico di persone non del tutto raccomandabili elimina criminali della peggiore specie. Quando per forza di cose si trova ad operare con un poliziotto di Washington di origine coreana, (Sung Kang) si vedrà portato a insegnare il mestiere al giovanotto i cui metodi pacifici non risolvono niente e lo situano nel mirino di poliziotti corrotti che vorrebbero eliminarli tutti e due. Li unisce il fatto che stanno cercando lo stesso criminale che ha ucciso un collega dell’agente e un amico del sicario. Ovviamente i comportamenti divergono, ma Jimmy risulta spesso provvidenziale per la salvezza del poliziotto, inoltre ha una figlia in una boutique di tatuaggi la quale ha fatto un anno di medicina e risulta indispensabile per ricucire le ferite del giovane poliziotto. L’action thriller dura 92 minuti, promette e mantiene fuochi d’artificio, ma soprattutto riconcilia il pubblico con l’anziano Sly, caustico e disincantato. Nel cast anche Sarah Shani e Christian Slater.


eterno riporno proviniIl film della celebre regista ucraina Kira Muratova Vechnoe vozvraschenie (Eterno ritorno: provini), presentato in concorso al festival, non ha le pretese filosofiche de Il mito dell’eterno ritorno (Le Mythe de l'éternel retour, 1949) di Mircea Eliade (1907 –  1986), ma indaga con intelligenza e ironia sui comportamenti umani. Lo fa con maestria riuscendo anche a divertire il pubblico mostrando una serie di attori famosi che interpretano lo stesso dilemma. Un uomo sposato ha un’amante giovane, è completamente innamorato ma non se la sente di lasciare la moglie. Decide di chiedere consiglio a un’ex amica di scuola. Lei risponde che ci sono tre soluzioni. Lasciare lo moglie e dedicarsi alla ragazza. Lui risponde che non sarebbe morale lasciare la moglie. Allora, replica l’amica, lascia la ragazza e rinsalda il matrimonio. Come abbandonare la ragazza? In questo caso, suggerisce l’amica, lasciale tutte e due e costruisciti una nuova vita. La terza soluzione manda su tutte le furie l’uomo che se ne va sbattendo la porta. Chi si aspettasse lo svolgimento della storia o la sua soluzione rimarrebbe deluso. Non c’è soluzione. Si tratta di una situazione ricorrente nei rapporti sociali e la regista la ripropone continuamente cambiando ambienti, interpreti e comportamenti fino a raggiungere un parossismo che sfocia in una inaspettata allegria, perché nel suo ripetersi la scena assume toni sarcastici e i personaggi sfiorano il ridicolo. Il film dura 114 minuti e vanta attori, spesso a noi sconosciuti, ma di immenso talento: Oleg Tabakov, Alla Demidova, Renata Letvinova, Sergey Makovetsky, Georgy Deliev, Natalia Buzko e molti altri.
a_glimpse_inside_the_mind_of_charles_swanDopo Larry Clark, altri due film americani in concorso, ambedue di giovani registi. Il primo, figlio d’arte, è Roman Coppola, con A Glimpse Inside The Mind of Charles Swan III (Uno sguardo nella mente di Charles Swan III). Interpretato da Charlie Sheen, il film sembra attingere al mondo dei loro genitori e al glamour degli anni dei loro primi film. Protagonista, tuttavia, non è un cineasta, ma un grafico di successo, Charlie. Lasciato da Ivana, la sua compagna, non riesce a farsene una ragione, e con l’aiuto di alcuni amici tenta di riconquistarla percorrendo un lungo percorso che è anche un’autoanalisi. Lo fa in maniera brillante in ambienti di sogno della costa californiana, combinando continuamente pasticci perché il successo gli ha fatto saltare tutti i freni inibitori. Con la partecipazione di Bill Murray, Patricia Arquette, Jason Schwartzman e altri, il regista intraprende un viaggio di 86 minuti descrivendo le bravate di un personaggio stravagante in un universo sontuoso.
the-motel-lifeQuadri di desolazione, invece, sono quelli del film d’esordio dei fratelli Gabriel Polsky e Alan Polsky, in The Motel Life (Vita da Motel). Sono 95 minuti cupi sullo sfondo di paesaggi innevati, Reno e dintorni, del Nevada, ispirandosi al romanzo omonimo di Willy Vlautin pubblicato nel 2007. Due ragazzi sognatori, che inventano storie e disegnano fumetti, perdono precocemente la madre alla quale hanno promesso di non separarsi mai. Anche il padre esce presto di scena e si ritrovano soli. Nel tentativo di salire su un treno in corsa, uno dei due perde una gamba. Qualche anno dopo, però, è proprio lui a investire un bambino in bicicletta che muore sul colpo. Preso da sensi di colpa dà fuoco all’auto. Poi vorrebbe suicidarsi, ma non va oltre un colpo di pistola alla gamba minorata. Ossessionato dalla prospettiva di finire in galera, chiede al fratello di fargli cambiare città. Interpretato da Emile Hirsch, Dakota Fanning, Stephen Dorff, Kris Kristofferson il film si porge come uno di quelli che una volta venivano definiti edificanti. Infatti la triste e drammatica storia dei due fratelli pieni di sogni, che improvvisamente si ritrovano invischiati in una realtà che li soverchia e che li spaventa, si chiude con un atto di redenzione.
un-enfant-de-toiSecondo film francese in concorso, Un enfant de toi (Un bambino da te) del celebre e premiato regista Jacques Doillon. Si direbbe un film alla Eric Rohmer (1920 – 2010), ma non ha la stessa sensibilità, inoltre dura 143 minuti. Racconta di due genitori divorziati, Aya e Louis, che hanno una bambina di sette anni che vive con la madre e con il suo nuovo compagno. Tuttavia la donna frequenta spesso Louis facendo ingelosire il nuovo partner. Questi, allora, tenta di abbordare una studentessa fidanzata di Louis. La ragazza, però, motivata e disillusa, non gli concede spazi. Il film descrive nove incontri segreti organizzati da Aya per riaccendere l’antica passione e forse dare un fratellino alla loro bambina. Nella tradizione de Il gioco dell'amore e del caso (Le Jeu de l'amour et du hasard, 1729) e Il trionfo dell'amore (Le Triomphe de l'amour, 1732) del celebrato Marivaux (Pierre Carlet de Chamblain de Marivaux, 1688 – 1763), il film disquisisce intorno all’amore, perduto ma recuperabile. Troppe, però, due ore e mezzo con dialoghi che a volte sembrano ripetersi, ma qualcuno propende per lunghe chiacchierate. Gli attori: Lou Doillon, Samuel Benchetrit, Malik Zidi, Marilyne Fontaine, Olga Milshtein.


marfa girls 1Si è concluso tra applausi e fischi il 7° Festival Internazionale del film di Roma. Applausi del pubblico per la grande offerta di cinema, di personaggi famosi e di eventi speciali. Fischi dei critici durante la proclamazione dei vincitori della sezione ufficiale. In effetti, per un Festival che ha presentato più di 150 lungometraggi, incluse 59 prime mondiali e 5 prime internazionali provenienti da 26 paesi, è un risultato notevole. Lo è ancora di più se si considera che fuori della sezione ufficiale figuravano film quali Goltzius and the Pelican Company (Goltzius e la Compagnia del Pellicano) di Peter Greenaway, Steekspel (Ingannato) di Paul Verhoeven o spettacoli popolari quali Rise of the guardians (Le 5 leggende 3D) di Peter Ramsey, prodotto dalla DreamWorks, o The Twilight Saga: Breaking Dawn - Part 2 di Bill Condon. Resta il fatto che al di là della selezione praticata dal direttore artistico Marco Müller, poi entrano in gioco le scelte delle giurie internazionali. Tra titoli in concorso non eccezionali, sono state snobbate opere originali quali Eterno ritorno: provini di Kira Muratova, Spose celesti dei Mari della pianura di Alexey Fedorchenko o Mai morire di Enrique Rivero, liquidato con un premio di fotografia.
Per dovere di cronaca, ecco la lista dei premi.

Concorso internazionale

La giuria, presieduta da Jeff Nichols e composta da Timur Bekmambetov, Valentina Cervi, Edgardo Cozarinsky, Chris Fujiwara, Leila Hatami, P. J. Hogan, ha assegnato i seguenti premi.Marc’Aurelio d’oro al miglior film:

Marfa Girl di Larry Clark.

Premio per la migliore regia a Paolo Franchi per E la chiamavano estate.

Premio speciale della giuria a Alì ha gli occhi azzurri di Claudio Giovannesi.

Premio di interpretazione maschile a Jérémie Elkaïm per Main dans la main.

Premio per l'interpretazione femminile a Isabella Ferrari per E la chiamavano estate.

Premio a un attore o attrice emergente a Marilyne Fontaine di Un enfant de toi.

Premio per il miglior contributo tecnico ad Arnau Valls Colomer per la fotografia di Mai morire.

Premio per la migliore sceneggiatura a Noah Harpster e Micah Fitzerman-Blue per The Motel Life.

Cinemaxxi

La giuria d era presieduta da Douglas Gordon e composta da Hans Hurch, Ed Lachman, Andrea Lissoni, Emily Jacir. Tre i premi assegnati.
 
Miglior lungometraggio Avanti popolo di Michael Wahrmann.

Premio speciale della giuria a Picas (Pizze) di Laila Pakalnina.

Migliore tra corti e mediometraggi è stato giudicato Panihida di Ana-Felicia Scutelnicu.

Prospettive italiane

La giuria era presieduta da Franceso Bruni, coadiuvato da Babak Karimi, Anna Negri, Stefano Savona, Zhao Tao.
 
Miglior lungometraggio: Cosimo e Nicole di Francesco Amato.

Miglior documentario: Pezzi di Luca Ferrari.

Miglior corto: Il gatto del Maine di Antonella Schioppa.

Opera prima e seconda

Presidente della giuria l’attore Matthew Modine, con Laura Amelia Guzmán, Stefania Rocca, Alice Rohrwachter, Tanya Seghatchian.
 
Miglior film Alì ha gli occhi azzurri di Claudio Giovannesi.

Menzione speciale a Razza bastarda di Alessandro Gassman.

Premio del pubblico BNL

The Motel Life di Gabriel e Alan Polsky.

Alice nella città

Rassegna di film per ragazzi autonomamente organizzata secondo un proprio regolamento ha registrato 18.806 presenze, ospitato 85 classi di scuole medie e superiori, e ha presentato 70 cineasti italiani e internazionali.
Il premio per il miglior film è stato assegnato al brasiliano My sweet Orange Tree (Il mio dolce albero di aranci) di Marcos Bernstein.
Il film italiano Pulce non c’è di Giuseppe Bonito ha vinto il premio speciale della giuria.

Tra gli eventi popolari di ALICE, la maratona per la saga di Twilight e l’anteprima del film Disney Ralph Spaccatutto di Rich Moore.

Al di là dei premi, tuttavia, una curiosità va sottolineata. C’erano ben sei film prodotti e presentati dal Portogallo: Centro històrico di Aki Kaurismaki, Pedro Costa, Victor Erice, Manoel de Oliveira; O Fantasma do Novais di Margarida Gil; Guimarães Transversal di Gabriel Abrantes, Marcos Barbosa, Paulo Abreu;  Històrias de Guimarães di Tiago Pereira, João Nicolau, João Botelho; Mundo invisivel di Atom Egoyan, Beto Brant, Cisco Vasques, Gian Vittorio Baldi, Guy Maddin, Jerzy Stuhr, Laìs Bodanzky, Manoel de Oliveira, Marco Bechis, Maria de Medeiros, Theo Angelopoulos, Wim Wenders; Quatro horas descalço di Ico Costa.