15 Ottobre 2016
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11ma Festa del cinema di Roma |
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Sito del festival: http://www.romacinemafest.it/festa-del-cinema-di-roma/
Si è aperta nel migliore dei modi la Festa del Cinema di Roma con un tappeto rosso inaugurato da Tom Hanks. Oggi è stata la volta di Oliver Stone, e nei prossimi giorni sono attesi Meryl Streep, Don De Lillo, Bernardo Bertolucci e una dozzina di personaggi famosi. Scomparso invece pochi giorni fa il più illustre degli ospiti, il maestro del cinema polacco Andrzej Wajda, del quale è stato presentato il suo sessantacinquesimo e ultimo film, Powidoki (Immagini residue), profilo rigoroso e profondo del pittore Wladyslaw Strzeminski, attivo tra le due guerre e fondatore del Museo d’Arte Moderna di Lódz, il più importante della Polonia.
Il film descrive gli anni difficili e pericolosi della vita del pittore e insegnante dell’Accademia di Belle Arti: gli ultimi quattro, dal 1949 al 1952, quando più si fece sentire l’oppressione sovietica. Per quanto mutilato, aveva perso un braccio e una gamba nella prima guerra mondiale, questo artista aprì la strada all’arte moderna in Polonia con i suoi dipinti e spiegando le ragioni dell’astrattismo affidandole a un libro, Teoria della visione. Il quadro cupo della Lodz di quegli anni è descritto da Wajda col distacco di un poeta: non ci sono torture o violenze sulle persone fisiche, ma la sfiancante e opprimente azione della burocrazia manovrata dal regime che per compiacere Mosca, nell’imposizione del realismo sovietico, riduce alla fame i dissidenti. Sposato con una scultrice, che muore di malattia all’inizio del film, e padre di un’adolescente che il regime ospita in un collegio, Wladyslaw Strzeminski cade in disgrazia per aver osato controbattere un ministro che aveva fatto l’elogio del realismo. Gli viene tolto l’insegnamento, è espulso dall’associazione degli artisti di Lodz, perde la tessera annonaria e qualsiasi tentativo di trovare un lavoro viene reso vano dagli agenti del regime. Con un grande attore come protagonista, Boguslaw Linda, e con misurati personaggi di contorno, il film risulta godibile al di là della drammatica vicenda e del quadro sul tragico momento storico della Polonia.
Non altrettanto si può dire del lungo film statunitense Manchester by the Sea (Manchester sul mare) di Kenneth Lonergan, premiato per i suoi due film precedenti, Conta su di me (Lean on Me, 2000) e Margaret (2011). In un piccolo paese del Massachusetts un uomo muore d’infarto, lasciando scritto che suo fratello Lee, (Casey Affleck), si occupi di suo figlio, Patrick, un sedicenne vivace e intraprendente. Lee vive in un altro paese. Idraulico, ma anche custode, è un personaggio introverso e irrisolto che si è allontanato per liberarsi della famiglia e dell’ex moglie. Costretto a tornare a casa dovrà relazionarsi con tutti i suoi, occuparsi dei funerali del fratello e scoprirsi tutore del nipote. Il cinquantaquattrenne regista newyorkese impiega 135 minuti per descrivere le ambasce di Lee, i percorsi tra legali, ospedali, cimiteri, e le frequenti risse provocate dal protagonista che invece di parlare mena le mani. In un film dove nessun personaggio sta bene nella sua pelle, dove tutti hanno i nervi tesi, il cineasta che oltre alla regia è autore della sceneggiatura, infila alcune battute che momentaneamente rompono la monotonia di un film che visto in TV spingerebbe il fruitore a cambiare canale.
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