53° Semana Internacional de Cine 2008 - Pagina 5

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53° Semana Internacional de Cine 2008
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La perdita di un orecchino di diamante
La perdita di un orecchino di diamante

Mentre prosegue con grande successo la rassegna dedicata a Marco Ferreri e Rafael Azcona (Matrimonio a la italiana), la sezione ufficiale continua a proporre film interessanti anche se non sempre di grandissima qualità. Del resto, questo è un po’ il problema di tutti i Festival che, per ottenere alcune pellicole di qualità, sono costretti a proporre anche opere di valore inferiore. E’ questo il caso di The Loss of a Teardrop Diamond (La perdita di un orecchino di diamante) diretto dall’attrice statunitense Jodie Markell qui al suo debutto come regista di un lungometraggio. Tratto da un racconto di Tennessee Wiliams mai utilizzato dal cinema, racconta di una ricca ereditiera tornata dall’Europa dove ha studiato e conosciuto un modo meno formale di vivere che non nel Sud degli Stati Uniti. Vuole essere libera e decide di assumere come cavaliere servente un dipendente di suo padre, grosso proprietario di piantagioni. Lo presenta all’anziana zia, che gestisce il denaro della famiglia, come il ricco nipote di un governatore ma tutto si complica quando lei si innamora del giovane e accetta di perdere tutto il suo denaro per amore. A questo punto è difficile capire quale sarà il comportamento del giovane. Nonostante la presenza di Ann-Margret sempre affascinante, il film delude sia per la scarsa qualità della recitazione dei protagonisti Bryce Dallas Howard e Chris Evans che per una regia incapace di fornire ritmo e interesse a una vicenda che ben presto sfocia nel melodramma con una scelta narrativa che predilige le telenovelas messicane e venezuelane al corretto sviluppo di situazioni di sicura drammaticità. Belle ma inutili le ricostruzioni di atmosfere di feste in un mondo fatuo fatto di ricchezza ed esteriorità.

Stomaco
Stomaco

Discorso completamente differente vale per Estòmago (Stomaco), un film che in molti vedono come possibile vincitore forse non della Espiga de Oro ma, quantomeno, di qualche premio ufficiale. Coproduzione brasiliana e italiana, è l’opera del debutto nel lungometraggio di Marcos Jorge che, negli anni ’80, ha studiato cinematografia in Italia e ha proseguito per alcuni anni a lavorare come assistente alla regista. E’ una commedia a tratti noir che racconta di un uomo che giunge in città e trova da lavorare prima come lavapiatti poi come cuoco in una tavola calda popolare. Diventa ben presto tanto bravo che il proprietario di un ristorante italiano lo vuole con lui. Cambia lavoro, continua ad essere innamorato di una prostituta appassionata di cucina, va tutto bene fino a quando non scopre che la donna concede non solo sesso ma anche amore al suo datore di lavoro. Tragedia e si ritrova a cucinare in carcere nella cella di un boss. Di più e’ meglio non dire, siamo comunque di fronte a un film ottimamente costruito, dai giusti ritmi narrativi e dalla piacevolezza nella ricostruzione del lavoro in cucina garantitaci perfetta dallo chef di un ristorante di Valladolid segnalato da decine di guide gastronomiche. Protagonista Joao Miguel, un giovane attore che piace molto ai registi d’essai e per cui si prospetta una carriera in America Latina di grande soddisfazione. Il proprietario del ristorante è Carlo Briani, attore veneziano molto attivo alla televisione locale.

Il dottore tedesco
Il dottore tedesco

Interessante ma non completamente riuscito Dr. Alemàn (Il dottore tedesco) interamente ambientato in Colombia e diretto da Tom Schreiber qui al suo secondo film. Un ricco studente di medicina tedesco, stufo della sua vita fin troppo agiata, giunge a Cali con un programma di interscambio. E’ ospitato da una famiglia tradizionale, frequenta i medici locali e lavora con loro come chirurgo. Ben presto è attratto dal mondo della favela di Siloé dove incontra e si innamora di ragazza che ha un chiosco dove vende bevande. Ben presto inizia a conoscere segreti che non dovrebbe e rischia di essere ucciso ma, soprattutto, mette in serio pericolo le persone che gli stanno accanto. E’ curioso vedere che una casa di produzione tedesca decida di realizzare un film in Colombia e, soprattutto, di questo argomento. Sicuramente l’idea poteva essere interessante ma il risultato finale è deludente forse anche per gli ovvi problemi che possono avere avuto a girare realmente in quel difficile paese. La sceneggiatura non sempre riesce a rendere credibile quanto narrato e il protagonista August Diehl spesso appare spaesato, incapace di fornire credibilità al proprio personaggio.