53° Semana Internacional de Cine 2008

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53° Semana Internacional de Cine 2008
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Sito del festival: http://www.seminci.es/default.asp

53ma Semana Internacional de Cine di Valladolid.

Image La cinquantatreesima edizione del SEMINCI, il festival cinematografico che si tiene a Valladolid dal 24 ottobre al 1° di novembre, sarà ufficialmente inaugurata con la proiezione di Captain Abu Raed (Il capitano Abu Read) di Amin Matalqa, primo film giordano ad avere ottenuto una nomination agli Oscar nella categoria di Miglior Film Straniero. E’ la vicenda di Abu Raed, un addetto alle pulizie dell'aeroporto di Amman che un giorno si presenta a casa con un cappello da aviatore e tutti pensano sia un pilota. Il film ha vinto il Premio del pubblico all'ultima edizione del Sundance Film Festival.

Il capitano Abu Read
Il capitano Abu Read
La sezione ufficiale sarà composta da venti film, tra cui titoli di Doris Dörrie, Atom Egoyan (che ha vinto 3 volte nelle precedenti edizioni del SEMINCI), di Alberto Lecchi, Amos Gitai, Jan Troell, del messicano Rodrigo Pla e degli spagnoli Chus Gutierrez, Helena Taberna e Nicolas Munoz. La selezione contiene 5 opere prime, tra cui The Guitar  , diretta da Amy Redford (figlia di Robert Redford) che tratta del cancro, e il documentario Una cierta verdad (Una certa verità) di Abel Garcia Roure sui problemi psichiatrici. Saranno inoltre proiettati The Loss of a Teardrop Diamond (  La perdita di un orecchino di diamante) esordio come regista dell’attrice Jodie Markell inedito script di Tenessee Williams. Per chiudere il festival, sarà proiettato fuori concorso Young @ Heart, (Giovane & Cuore) diretto dall’inglese Stephen Walker, un documentario che segue per sette settimane alcuni anziani pensionati che diventano rockers. Con musica da The Clash, Coldplay, Sonic Youth, The Ramones, Gloria Gaynor e altri artisti del rock, punk e R & B., il film ha vinto il premio del pubblico al Festival di Los Angeles.La selezione di questa 53 edizione si compone di 12 film europei, 4 dell’America Latina, 3 statunitensi e uno giordano. La maggior parte sono drammatici, tre di natura storica, due film d'azione, due documentari e una commedia tragica. 

La chitarra
La chitarra

Ma Seminci non è solo sezione ufficiale; come sempre l’offerta è variegata e molto interessante tanto da trovarvi titoli forse più interessanti che non quelli in concorso nella sezione principale. Il Punto de Encuentro propone 19 lungometraggi e 5 cortometraggi quasi sempre di buona originalità che rispecchiano le nuove tendenze del cinema internazionale, con opere prime e titoli che difficilmente riusciranno ad avere visibilità all’interno dei circuiti commerciali. In questo ambito, ma fuori concorso, saranno proposti quattro film e vi sarà la notte dedicata ai corti spagnoli. Il Tiempo de historia, un po’ fiore all’occhiello di Valladolid da diversi anni, propone ventitrè titoli, medio e cortometraggi, prevalentemente documentari. Anche questa sezione, come le due precedenti, ha giurie molto qualificate che premiano con la Espiga, equiparabile al “Leone” della Mostra di Venezia o all’orso di Berlino o alla Palma di Cannes, i titoli migliori non solo con una segnalazione ma con importanti premi in denaro. I cicli sono tra le cose più interessanti del SEMINCI perché producono cultura e prevedono spesso anche la pubblicazione di interessanti saggi (catalogo è un termine troppo limitativo). Novità assoluta della presente edizione è Cine de medianoche con proiezioni che normalmente inizieranno verso mezzanotte e mezza, che comprende sia titoli d’essay che tre film proposti con accompagnamento musicale in diretta. I cinque titoli della sezione d’essay sono: Los años desnudos (Clasificada S), di Dunia Ayuso e Félix Sabroso, La mala di Pedro Pérez Rosado e Lilian Rosado, con Lena Burke che canterá durante la festa in coda al Gala di Inaugurazione di venerdì 24 ottobre, Die welle (La ola), di Dennis Gansel, Café de los maetros di Miguel Kohan, Bella di Alejandro Gómez Monteverde.

La perdita del diamante Goccia
La perdita del diamante Goccia

I tre con accompagnamento musicale in diretta sono: Metrópolis (1927), di Fritz Lang, con la partitura originale interpretata per la prima volta  dalla Orchestra Sinfonica di Castilla e León, Der Golem (1920) de Paul Wegener con colonna sonora in diretta eseguita dal chitarrista americano Gary Lucas, che nella sua carriera annovera collaborazioni con Patti Smith, Lou Reed, Iggy Pop  e Tom Waits, Goodbye Dragon Inn (2003), film di Tsai Ming-liang che sarà reso ancora più affascinante grazie alla colonna sonora creata per l’occasione da Fibla e Arbol, due tra i più noti musicisti spagnoli di musica elettronica e sperimentale. Da segnalare anche MATRIMONIO A LA ITALIANA: MARCO FERRERI+RAFAEL AZCONA (in memoriam) è l’omaggio che SEMINCI vuole fare al regista italiano e allo sceneggiatore spagnolo Rafael Azcona. Il ciclo, curato dalla giornalista spagnola Mayte Carpio che sta completando un documentario per la Rai intitolato Irriverente Ferreri, oltre a moltissimi titoli tra i più noti comprenderà un saggio sulla loro opera e una tavola rotonda a cui parteciperanno una decina di scrittori e registi sia spagnoli che italiani che hanno operato con loro. Ci sarà anche Matar al Padre: Shohei Imamura y Bo Widerberg una sezione  cge parte dal presupposto che il regista giapponese e lo svedese hanno eliminato i maestri che li hanno formati, rispettivamente Yasujiro Ozu e Ingmar Bergman, e hanno creato un cinema antitetico a loro. In realtà, si tratta di una duplice retrospettiva interessante per i titoli proposti coordinata da Jaime Alonso de Linaje che ha curato anche il catalogo.

Il capitano Abu Read
Il capitano Abu Read

Nuevas tecnologías y cine: animación en 3d, è il terzo anno che Valladolid ospita questo ciclo che comprende anche lezioni dal vivo di animazione, incontri con i registi e con i curatori della parte informatica di questi prodotti innovativi. Dopo essersi occupati dei videogiochi e degli effetti speciali, in questa edizione la collaborazione tra Seminci e la Asociación de Empresas de Tecnologías de la Información entra nel merito del cinema più attuale, offrendo la possibilità di scoprire le nuove possibilità di questo mezzo visivo all’interno del cinema. Promoción Ecam 2007/2008 è la vetrina dei migliori lavori fatti dagli allievi della “Escuela de Cinematografía y del Audiovisual de Madrid”. Corto e mediometraggi prevalentemente realizzati in digitale che dal SEMINCI sono riusciti (non tutti, è ovvio) ad arrivare a competizioni internazionali tipo quelle di Guadalajara in Messico. Il giorno precedente l'apertura ufficiale del SEMINCI è stata inaugurata una mostra fotografica su Luis Buñuel con le immagini con  il grande maestro ritratto da notissimi fotografi (moltissime sono di Carlos Saura che era presente all’inaugurazione), ma anche foto scattate da lui stesso,un centinaio di ritratti e paesaggi di grande fascino restaurati per l’occasione. L’avvenimento vuole ricordare il venticinquesimo della sua morte e gli ottanta anni del mitico Un chien andalou, l’opera prima realizzata in Francia su sceneggiatura sua e di Salvador Dalì. La stessa sera fuori concorso è stato presentato El último guión documentario inedito di Javier Spada e Gaizka Urresti i cui i protagonisti sono Juan Luis Buñuel (figlio del regista) e Jean Claude Carrière che ripercorre i luoghi importanti per la sua creazione artistica, ritornando anche nelle sue abitazioni di Calanda, Madrid, in Messico e a New York.


Il capitano Abu Read
Il capitano Abu Read

La 53 SEMINCI di Valladolid ha iniziato l’avventura guidato dal nuovo direttore artistico Javier Angulo che, dopo le dimissioni del predecessore per incompatibilità con gli enti pubblici locali, ha avuto solo cinque mesi per rendere questa edizione di livello pari o superiore alle precedenti. Il film di apertura, Captain Abu Read (Il capitano Abu Read) candidato all’Oscar nella sezione dei film non in lingua inglese, è la prima produzione giordana da cinquanta anni a questa parte e vorrebbe dare inizio a una nuova realtà cinematografica che dovrebbe portare all’apertura di due scuole di cinema e alla realizzazione di almeno tre lungometraggi all’anno e di svariati corti. C’e’ da dire che Amin Matalqa vive negli Stati Uniti dall’età’ di 14 anni, che ha sempre lavorato oltreoceano e che molti dei suoi collaboratori provengono proprio dagli Usa. Quindi, non c’e’ da stupirsi se sembra di assistere più a una commedia americana che non a un film mediorientale. Comunque, siamo di fronte a un valido prodotto commerciale con qualche mira intellettuale. La storia è semplice. Un anziano addetto alle pulizie dell’aeroporto di Amman trova nella spazzatura un logoro berretto da capitano, se lo pone in testa e, quando giunge ad Amman antica, dove vive nel popolare quartiere della Cittadella, un ragazzino gli chiede insistentemente se lui è un pilota; dapprima dice di no ma poi, data l’insistenza di un nugolo di ragazzini, inizia a raccontare storie inventate di lui intrepido comandante.

 

Luis Buñuel
Luis Buñuel

Il giorno precedente e’ stata inaugurata una mostra fotografica con immagini che provengono dalla collezione privata e dalla Fondazione di Caldana Luis Buñuel; l’idea, concretizzatasi in una splendida mostra con oltre cento foto restaurate in maniera perfetta, è di ricordare l’opera del grande maestro a 25 anni dalla sua morte. Alcune foto erano di e con Carlos Saura, amico da sempre di , presente all’apertura per parlare degli aspetti più umani del grande regista. Per dare un’idea del valore del lavoro fatto dai realizzatori, basterà dire che questo evento è ospitato all’interno del Patio Herreriano, il noto museo di arte contemporanea considerato il secondo per importanza in Spagna. A sorpresa, il direttore artistico del Festival ha annunciato che il 2009 sarà l’anno di Carlos Saura, con una mostra che comprenderà i suoi disegni, le foto, i dipinti e che occuperà varie sale del Museo,  non solo, vi sarà una retrospettiva di tutta l’opera cinematografica del grande cineasta spagnolo oltre alla presentazione di due inediti docufilm, ancora in  lavorazione, sul flamenco e sulle tradizioni spagnole. 

 
 

Ritono a Hansala
Ritono a Hansala

La prima giornata di proiezioni, ricchissima anche nei cicli paralleli, ha presentato tre film in concorso. Lo spagnolo Retorno a Hansala (Ritono a Hansala) di Chus Gutierrez, racconto del dramma degli immigrati clandestini, attraverso il naufragio di una barca della speranza marocchina sulle spiagge spagnole e del viaggio di un impresario di pompe funebri assieme alla sorella di un ragazzo fino allo sperduto paese sulle montagne per riportarne il cadavere. Chus Gutierrez cerca di fare vedere ogni cosa con occhio distaccato e così facendo racconta in maniera anche commovente una realtà di cui tanto si parla ma che in  pochi conoscono realmente.

 
 

La moglie dell’anarchico
La moglie dell’anarchico

 

Die Frau Des Anarchiste (La moglie dell’anarchico) e’ una produzione tedesco/austriaca realizzata da Meter Sehr e Marie Noelle che racconta la storia di Justo Alvarez, un anarchico che dedica tutta la vita alla lotta contro Franco, attraverso anche i drammi della sua famiglia, dal 1937 fino alla fine degli anni cinquanta. Lungo, farraginoso, a tratti agiografico, ha come protagonista la brava Maria Valverde, tra i compagni di lotta la sempre convincente Laura Morante.

 

I momenti eterni di Maria Larssons
I momenti eterni di Maria Larssons

Sicuramente il film più interessante della prima giornata e’ stato Maria Larssons eviga ögonblick (I momenti eterni di Maria Larssons) di Jan Trell, uno splendido spaccato d’inizio del ventesimo secolo in una realtà molto povera dove questa donna, realmente esistita, nonostante il marito manesco e ubriacone, madre di sette figli, arrivò a crearsi un proprio mondo attraverso la fotografia, divenendo una buona ritrattista e riuscendo a mantenere la famiglia anche quando il marito era in carcere o in sciopero. Splendidi gli interpreti, da Jesper Christensen a Michael Persbrandt, in un film che, secondo molti colleghi, ha più di una chance per concorrere a qualche premio.


Kirschblüten – Hanami
Kirschblüten – Hanami

La seconda giornata del festival ha avuto inizio, contrariamente che con la proiezione di Adoration di Atom Egoyan, con Kirschblüten – Hanami di Doris Dörrie. Non conosciamo il valore del film di Egoyan, ma l’opera della Dörrie ha ottenuto unanimi consensi da critica e pubblico, a dimostrazione che anche temi difficili, sviluppati oltretutto in oltre dure ore di proiezione, possono entusiasmare. Trudi, donna vicino ai sessant’anni con marito coetaneo, viene chiamata in ospedale perché esami clinici fatti sull’uomo hanno determinato che ha pochi mesi di vita, due o tre al massimo. Il consiglio datole e’ quello di coinvolgerlo in qualcosa di avventuroso, ma lei conosce bene le tranquille abitudini del marito e ha perfino difficoltà a farlo andare in visita ai due figli che vivono a Berlino. La figlia abita con un amica, il figlio è quietamente sposato, ambedue non vedono l’ora che i genitori vadano via per potere tornare alle loro abitudini. La donna capisce e convince il marito ad andare sul Mar Baltico dove sono stati oltre vent’anni prima. Inaspettatamente, la donna muore e l’uomo scopre di essere stato assieme, per tanti anni, a una persona che poco conosceva e a cui tarpava le ali. Lei era appassionata del Giappone, della danza, dell’Oriente e di quella filosofia di vita. Il malato decide, allora, di partire e di raggiungere a Tokio un altro figlio e inizia il suo viaggio all’interno della moglie defunta a cui offre tutto quello che lei desiderava, attraverso i suoi occhi, il vestirsi con i suoi abiti. Incontra una diciannovenne a cui e’ mancata da poco la madre, e…. Deliziosa opera di un’eclettica artista che spazia dalla letteratura infantile al cinema attraverso altre forme di espressione artistica, Hanami conferma l’attenzione della regista per l’Oriente che conosce, ama e capisce come pochi autori europei. Gli ottimi protagonisti sono Elmar Wepper, Hannelore Elsner e Aya Irizuki che forniscono grande intensità e rara poesia ai personaggi. Sorpresa assoluta la giovanissima nipponica, al suo debutto cinematografica, capace di vivere con notevole intensità i problemi di una ragazza che non vuole accettare la realtà.

Dopo capirai
Dopo capirai

Plus tard, tu comprendras… (Dopo capirai) e’ opera non completamente riuscita di Amos Gitai che si avvale di un cast di ottimo livello che racchiude interpreti del livello di Jeanne Moreau, un’ottantenne che ha ancora tanto da dire nel cinema, Hippolyte Girardot, perfetto nel difficile  ruolo del figlio che cerca di scoprire e onorare le proprie origini giudee, Emmanuelle Devos e Dominique Blanc. Siamo nel 1987 e si parla di nuovo del boia Klaus Barbie e del Olocausto. Viktor cerca di ricostruire la storia della famiglia attraverso foto e documenti che non aveva mai visionato, tentando di capire la realtà vissuta dalla madre ebrea e dal padre cattolico e francese. La donna oppone grande riserbo e, mentre il figlio indaga, cerca di spiegare ai nipoti la sua realtà, quella che forse il figlio non ha mai voluto realmente conoscere. Il film, girato in maniera più che valida, pecca di un certo intellettualismo che rischia di fare perdere interesse per la vicenda umana narrata. Se non ci fosse Jeanne Moreau e il suo incredibile carisma, probabilmente il risultato sarebbe ancora meno interessante. Siamo di fronte a un buon film ma, forse, non degno di quanto espresso in questi anni da Amos Gitai.

La chitarra
La chitarra

C’era una certa attesa per The Guitar (La chitarra), film del debutto della figlia d’arte Amy Redford, opera che ha sicuramente accontentato più il pubblico che non la critica. A una giovane donna viene diagnosticato il cancro e un’aspettativa di vita di un massimo di due mesi. Dopo essere stata contemporaneamente licenziata e abbandonata dal fidanzato, decide di vivere alla grande quel poco che le resta su questa terra. Affitta per due mesi un lussuosissimo loft, lo arreda comperando tutto per telefono e scopre due nuovi amici con cui avrà anche veloci ma intense esperienze sentimentali: il trasportatore del negozio di mobili e la ragazza che consegna le pizze. Il suo sogno, da quando era piccola, era quello di possedere una lucente Marshall, una chitarra elettrica rossa modello 1963. Alfine la compera, impara a suonarla anche bene, ma... Nonostante i suoi soli 90 minuti di durata, la scarsa fantasia della sceneggiatura toglie ogni interesse al film dopo meno di un’ora; la prevedibilità di ogni cosa toglie interesse a un’opera che, tutto sommato, poteva essere quantomeno interessante.


Fiamma & Limone
Fiamma & Limone

Inizio interessante e di buona qualità per la seconda giornata del festival. Flammen og Citronen (Fiamma & Limone), diretto da Ole Christian Madsen con mano particolarmente felice, è ispirato a fatti realmente accaduti e che hanno lasciato un segno nella storia della Resistenza danese. Fiamma é un ragazzo della buona borghesia, 23 anni e nessun problema di uccidere a sangue freddo collaborazionisti e tedeschi; suo amico e perfetta spalla Limone, sui quarant’anni con una moglie che non ha saputo vivere senza un uomo al fianco e che ha trovato un nuovo padre per la loro figlia. Uno é un entusiasta, l’altro un uomo che sa essere convinto partigiano ma che non accetta freddamente gli ordini del loro capo diretto, il ricco Aksel Winther. Assieme, i due eliminano decine di persone, ma ad uccidere é sempre il più giovane fino a quando non capita una situazione drammatica in cui Limone lo sostituisce per la prima volta lo sostituisce. Tra doppi giochi, talpe all’interno dell’organizzazione, l’amore del giovane verso una bella informatrice si giunge al terribile finale. Ottimamente diretto da Ole Christian Madsen e interpretato con sofferta partecipazione da Thure Lindhardt e Stine Stengade, il film racconta senza inutili agiografia un periodo importante per la storia della Danimarca evitando di omettere quanto di marcio ci fosse anche nella resistenza.

Una certa verità
Una certa verità

Una cierta verdad (Una certa verità) é un documentario, ma forse é meglio definirlo docufilm,  di oltre due ore che racconta della vita all’interno di un servizio di igiene mentale. I pazienti, i medici che discutono tra loro su come curare i pazienti, uomini e donne che accettano con difficoltà questa malattia invisibile che li rende rifiutati dalla società e da se stessi. Diretto dal catalano Abel Garcia Roure (alcuni dei pazienti si esprimono in quella lingua) il film non ha una costruzione drammaturgica realmente ben congegnata, e sembra più un insieme di immagini che non una denuncia o, quantomeno, un’inchiesta su di una realtà che colpisce, così almeno dicono le statistiche, almeno una famiglia ogni 12. Il regista, per raccontare la normalità, inserisce lunghissime scene con camion che scaricano medicine, infermiere che preparano le terapie, medici che discutono tra loro sulla schizofrenia e altre gravi malattie psichiche. Quello che manca é un effettivo interesse per quello che si vede e si dice, per una realtà di cui, alla fine, non sappiamo certo di più dopo la visione di un prodotto sicuramente più adatto alla televisione che non al cinema. C’é un personaggio di un’ironia e saggezza incredibile, Javier, ma é poco per sopportare la lunghezza di un’opera che appare spesso assolutamente inutile.

I tre re magi
I tre re magi

Kolme viisasta miestä (I tre re magi) é un pretenzioso film diretto da Mika Kaurismäki ambientato durante la vigilia di Natale. Un uomo di mezza età porta in ospedale la moglie che gli regala una bella bambina, un fotografo decide di suicidarsi perché malato terminale abbandonato dalla moglie, un attore torna a Helsinki per incontrare il figlio ventinovenne, lo raggiunge in ospedale dove scopre che la moglie é appena morta. I tre sono amici e, tutti soli in quella notte felice ma non per loro, decidono di ubriacarsi in un karaoke che tiene aperto per ospitarli. Confidenze, viltà, la scoperta di terribili segreti (il neo padre sa che il vero genitore é uno dei suoi amici), in un gioco in cui si alternano risate, umiliazioni, coraggio, paura, amicizia, autentico odio. Alla fine giunge nel locale una signora bella ma molto strana, e.... Che dire, film verboso, inconcluso, con sconti nella sceneggiatura e finale di comodo in cui attori sicuramente validi quali Irina Björklund, Tommi Eronen, Peter Franzén, Pirkko Hämäläinen e Riitta Havukainen tentano di salvare il salvabile inventandosi loro stessi le caratteristiche dei propri personaggi. Il film é stato malamente accolto anche dal pubblico presente alla proiezione.


La perdita di un orecchino di diamante
La perdita di un orecchino di diamante

Mentre prosegue con grande successo la rassegna dedicata a Marco Ferreri e Rafael Azcona (Matrimonio a la italiana), la sezione ufficiale continua a proporre film interessanti anche se non sempre di grandissima qualità. Del resto, questo è un po’ il problema di tutti i Festival che, per ottenere alcune pellicole di qualità, sono costretti a proporre anche opere di valore inferiore. E’ questo il caso di The Loss of a Teardrop Diamond (La perdita di un orecchino di diamante) diretto dall’attrice statunitense Jodie Markell qui al suo debutto come regista di un lungometraggio. Tratto da un racconto di Tennessee Wiliams mai utilizzato dal cinema, racconta di una ricca ereditiera tornata dall’Europa dove ha studiato e conosciuto un modo meno formale di vivere che non nel Sud degli Stati Uniti. Vuole essere libera e decide di assumere come cavaliere servente un dipendente di suo padre, grosso proprietario di piantagioni. Lo presenta all’anziana zia, che gestisce il denaro della famiglia, come il ricco nipote di un governatore ma tutto si complica quando lei si innamora del giovane e accetta di perdere tutto il suo denaro per amore. A questo punto è difficile capire quale sarà il comportamento del giovane. Nonostante la presenza di Ann-Margret sempre affascinante, il film delude sia per la scarsa qualità della recitazione dei protagonisti Bryce Dallas Howard e Chris Evans che per una regia incapace di fornire ritmo e interesse a una vicenda che ben presto sfocia nel melodramma con una scelta narrativa che predilige le telenovelas messicane e venezuelane al corretto sviluppo di situazioni di sicura drammaticità. Belle ma inutili le ricostruzioni di atmosfere di feste in un mondo fatuo fatto di ricchezza ed esteriorità.

Stomaco
Stomaco

Discorso completamente differente vale per Estòmago (Stomaco), un film che in molti vedono come possibile vincitore forse non della Espiga de Oro ma, quantomeno, di qualche premio ufficiale. Coproduzione brasiliana e italiana, è l’opera del debutto nel lungometraggio di Marcos Jorge che, negli anni ’80, ha studiato cinematografia in Italia e ha proseguito per alcuni anni a lavorare come assistente alla regista. E’ una commedia a tratti noir che racconta di un uomo che giunge in città e trova da lavorare prima come lavapiatti poi come cuoco in una tavola calda popolare. Diventa ben presto tanto bravo che il proprietario di un ristorante italiano lo vuole con lui. Cambia lavoro, continua ad essere innamorato di una prostituta appassionata di cucina, va tutto bene fino a quando non scopre che la donna concede non solo sesso ma anche amore al suo datore di lavoro. Tragedia e si ritrova a cucinare in carcere nella cella di un boss. Di più e’ meglio non dire, siamo comunque di fronte a un film ottimamente costruito, dai giusti ritmi narrativi e dalla piacevolezza nella ricostruzione del lavoro in cucina garantitaci perfetta dallo chef di un ristorante di Valladolid segnalato da decine di guide gastronomiche. Protagonista Joao Miguel, un giovane attore che piace molto ai registi d’essai e per cui si prospetta una carriera in America Latina di grande soddisfazione. Il proprietario del ristorante è Carlo Briani, attore veneziano molto attivo alla televisione locale.

Il dottore tedesco
Il dottore tedesco

Interessante ma non completamente riuscito Dr. Alemàn (Il dottore tedesco) interamente ambientato in Colombia e diretto da Tom Schreiber qui al suo secondo film. Un ricco studente di medicina tedesco, stufo della sua vita fin troppo agiata, giunge a Cali con un programma di interscambio. E’ ospitato da una famiglia tradizionale, frequenta i medici locali e lavora con loro come chirurgo. Ben presto è attratto dal mondo della favela di Siloé dove incontra e si innamora di ragazza che ha un chiosco dove vende bevande. Ben presto inizia a conoscere segreti che non dovrebbe e rischia di essere ucciso ma, soprattutto, mette in serio pericolo le persone che gli stanno accanto. E’ curioso vedere che una casa di produzione tedesca decida di realizzare un film in Colombia e, soprattutto, di questo argomento. Sicuramente l’idea poteva essere interessante ma il risultato finale è deludente forse anche per gli ovvi problemi che possono avere avuto a girare realmente in quel difficile paese. La sceneggiatura non sempre riesce a rendere credibile quanto narrato e il protagonista August Diehl spesso appare spaesato, incapace di fornire credibilità al proprio personaggio.


Metropolis
Metropolis

Grande protagonista della sesta giornata del Festival è stato Metropolis di Fritz Lang, proposto in serata con l’accompagnamento dal vivo di un’orchestra sinfonica con oltre ottanta elementi. Ma quello addirittura entusiasmante è stato al mattino quando abbiamo potuto visionare 15 dei 25 minuti mancanti all’edizione ufficiale di questo film che affascina ormai da 80 anni e che è l’unico ad essere stato riconosciuto come patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Si sapeva che in Germania e per solo quattro mesi era stata presentata un’edizione più lunga di 25 minuti, ma non era stato possibile incontrarne una copia. Per puro caso, è stato rinvenuto all’interno del Museo del Cine Pablo Ducròs Hicken di Buenos Aires questa copia in 16 millimetri (i distributori trasformavano spesso il 35mm in 16mm per ridurre il costo delle copie) e ci sono voluti anni perché la burocrazia argentina permettesse agli studiosi di visionarlo. Non si conosce con esattezza la provenienza della copia, ma si sa che il distributore argentino era andato direttamente a Berlino e aveva comperato il film prima che venisse bloccato dalla UFA tedesca. Quello che invece si è sempre visto è l’edizione in varie lingue del lavoro fatto dalla hollywoodiana Paramount che aveva distribuito in tutto il mondo un montaggio in cui era stato eliminato circa un quarto dell’opera di  Fritz Lang. Noi abbiamo visto quattro inserti, ma dovrebbero essere sette; sono stati solo puliti e virati in DVD e fanno vedere il figlio del padrone mentre gira per Metropolis e scopre un mondo diverso, quando scende nella città degli operai e sostituisce l’operaio, quando incontra la ragazza. Vista l’edizione ufficiale in serata, l’emozione è stata ancora più grande perché certe scene proseguivano e avevano uno sviluppo diverso da quello che tutti immaginavamo. La visione del film, accompagnata dalla Orquestra Sinfonica de Castilla y Leon diretta da Gottfried Huppertz sulla partitura originale, ha avuto un successo incredibile e, forse, sotto le festività natalizie, potrebbe arrivare anche a Berlino.

Deserto dentro
Deserto dentro

La mattinata era iniziata con Desierto adentro (Deserto dentro) del messicano Rodrigo Plà che lo scorso anno aveva entusiasmato con La Zona e che questa volta ha in parte deluso con un film assolutamente poco convincente. E’ la storia di un uomo di campagna che domina la propria famiglia tanto da deciderne vita e morte. Per redimersi da grave peccato verso Dio, l’uomo per tutta la vita costruirà una Chiesa, ma anche così non otterrà il perdono. La vicenda è raccontata dall’ottavo dei figli (alla fine ne rimangono in vita forse due), Aureliano, che aveva preso il nome da un suo fratello morto per causa del padre. Pur avendo vinto a Guadalajara ben 6 premi, il film è comunque opera poco interessante, triste e noiosa.

Villa
Villa

Villa  (Quartiere) è un film argentino  particolare ma non brutto che si sviluppa tutto attorno al mondiale di calcio del 2002. Tutti vogliono vedere gli incontri e tre amici che vivono nelle favelas decidono di osare il tutto per tutto pur di vedere la prima partita dell’Argentina. Diretto da Ezio Massa, non sempre raggiunge livelli accettabili ma fornisce comunque un interessante quadro sociale di zone di degrado, la tristemente nota Villa 21 che esiste realmente, e della capacità che ha il calcio di fare dimenticare ogni cosa.


La ventana
La finestra

La mattinata del settimo giorno del SEMINCI è stata dedicata al cinema argentino rappresentato da due autori di sicuro interesse quali Carlos Sorin e Alberto Lecchi. La ventana (La finestra) è un piccolo film che riesce a coinvolgere come pochi nel suo sviluppo drammaturgico. La storia è semplice e non completamente originale. Un anziano scrittore e proprietario terriero, ormai costretto a letto per i suoi problemi cardiaci, attende il figlio che non vede da anni e che si è imposto come valido concertista. C’è la preparazione dell’evento, attentamente coordinata dall’uomo che vuole sia tutto perfetto. La governante e la cameriera eseguono gli ordini, arriva l’accordatore che deve rendere come nuovo il pianoforte verticale su cui il figlio aveva imparato a suonare, viene tirata fuori dalla cantina una bottiglia di champagne di grande annata. Sfuggendo all’attenzione delle due donne, si alza e inizia ad addentrarsi nei suoi possedimenti tenendo in mano la flebo da cui continua a gocciolare la medicina. Per lo sforzo cade a terra, viene soccorso e riportato a casa, costretto nuovamente al letto. Giunge il figlio, accompagnato da una moglie di cui nessuno sapeva nulla e, quando incontra il medico per decidere sul futuro del padre, l’anziano evita a tutti di dovere scegliere se ricoverarlo in ospedale o tenerlo a casa. Diretto con grande bravura da Carlos Sorin, di cui ricordiamo titoli del livello de La pelicula del rey (C'era una volta un re - La película del rey), Bombon el perro (idem), Eterna sonrisa en New Jersey (Fergus O'Connel - Dentista in Patagonia) e Historias minimas (Piccole storie), il film racconta una giornata, l’ultima, di un uomo abituato a decidere e ad essere rispettato che attende la visita dell’unico figlio a cui ha rovinato la vita imponendogli di suonare (il messaggio è chiaro quando le due donne trovano un quadro fatto dall’allora ragazzo e celato alla vista di tutti, oppure quando l’accordatore toglie dalle corde soldatini di piombo probabilmente inserite dal futuro concertista per rompere il pianoforte) mentre lui desiderava dipingere. Il perfetto protagonista è l’ottantaseienne Antonio Larreta, grande autore di teatro e sceneggiatore uruguaiano qui al secondo film come attore, che dona incredibile umanità a questo personaggio difficile perché racchiude in sé il bene e il male, la pietà e l’odio, la voglia di vivere e la morte. Scherzando, ma non troppo, durante la conferenza stampa ha detto di avere impegni sia nel cinema che nel teatro per oltre quindici anni, per costringersi ad essere vivo fino alla fine dei suoi giorni e per ottenere magari qualche giorno di più su questa terra da chi da lassù può decidere tutto. 

Il vasetto
Il vasetto

Gradevole, divertente, coinvolgente El frasco (Il vasetto) diretto con mano sicura da Alberto Lecchi, cinquantaquatrenne argentino che ha imparato a fare il cinema come aiuto (oltre quaranta titoli) di grandi quali Carlos Saura, Hector Olivera e Fernando Ayala. E’ la tragicomica vicenda di un autista di corriera che percorre ogni giorno centinaia di chilometri attraverso paesini dispersi in collina e campagna. E’ taciturno, ma fa amicizia con giovane maestra che un giorno gli chiede se può portare una scatoletta di cartone a una clinica per le analisi di routine richieste dal Ministero dell’Istruzione. Ogni fermata porta con sé il prezioso oggetto, ma, alla fine, se lo dimentica in un ristorantino che dopo il suo passaggio chiude per due giorni. Non riesce a portare la scatola alla clinica, inventa una scusa con la ragazza e, quando finalmente ne rientra in possesso, vede che è stata aperta e può ammirarne il contenuto, un vasetto colmo di trasparente urina. Gli cade per terra, si spacca, lui trova altro vasetto che riempie con la propria minzione ma, quando va per ritirare l’esame, non vogliono darglielo perché il medico deve parlare con la ragazza, il cui nome era scritto sul campione, perché dall’analisi è emersa una malattia. Si sorride, ride, si parteggia per questo burbero autista di cui non si sa nulla tranne che è solo e vive un’esistenza a dir poco triste. La ragazza per lui è la speranza per un futuro diverso, ma ogni cosa che fa è sbagliata e lo porta ad allontanarsi da lei. L’happy end finale accontenta tutti. Protagonista il popolare attore argentino Dario Grandinetti ottimamente supportato dalla gradevole  Leticia Bredice, giovane attrice di grande esperienza che rende con naturalezza il ruolo della maestra dolce e grintosa al tempo stesso.

Animali da compagnia
Animali da compagnia

Pomeriggio dedicato a una divertente commedia spagnola, che ricorda nella costruzione narrativa il migliore Feydeau. Animales de compañía (Animali da compagnia) diretto ottimamente da Nicolás Muñoz, che riesce a imporre ritmo cinematografico a una scoppiettante sceneggiatura piena di piccoli colpi di scena e di grandi trovate comiche. Per il sessantacinquesimo compleanno di un designer geniale ma non molto compreso, la moglie, una famosa fotografa, organizza una serata per raccogliere attorno al marito il figlio e le due figlie. Lui cucina piatti elaborati, la figlia aspirante attrice giunge assieme a un critico che ha distrutto l’opera della madre, l’altra figlia in attesa di adottare bambino giunge assieme al marito giornalista televisivo, il figlio vive assieme ai genitori e si dedica ad innocenti canne. Accade di tutto e di più, risse varie, il mangiare che intossica il critico, la fuga dalla loro teca dei due simpatici animali da compagnia, serpenti velenosissimi. A questo si aggiungono mille altre situazioni tragicomiche con un finale esplosivo.


Culto
Culto

Il film più atteso dell’ultima giornata del SEMINCI 53 era Adoration (Culto) di Atom Egoyan. Previsto inizialmente all’inizio del Festival, era stato portata a questo momento probabilmente per chiudere con un nome importante., ma non sempre un autore acclamato è in grado di realizzare un’opera di buon livello. L’idea iniziale non era malvagia. Un ragazzo, orfano di ambedue i genitori, durante un’esercitazione della professoressa di francese che fa tradurre e discutere la notizia di un terrorista che aveva nascosto una bomba nel bagaglio della moglie incinta per fare saltare un aereo, decide di creare una drammatizzazione dicendo che anche suo padre era un terrorista e che aveva fatto lo stesso con sua madre. D’accordo con l’insegnante, prosegue nell’esercizio di stile inventando sempre nuovi particolari, chattando con centinaia di persone. Tuttavia non tutto è come appare, nemmeno la finzione. Sceneggiato da Egoyan, il film nel finale diventa a dir poco mal sviluppato, con trovate più da telenovela che non da film d’autore, costringendo gli spettatori a sonore risate. Del resto, il film presentato a maggio a Cannes in prima mondiale da quel momento non è stato visto se  non a livello di molteplici festival con risultanti non eclatanti (ha avuto solo una menzione speciale a Toronto come miglior film Canadese...) e arriverà sugli schermi europei a metà di aprile. Dispiace vedere sprecato il suo talento in un film pseudo intellettale in cui l’unico che si salva è il giovanissimo protagonista Devon Bostick con una notevole esperienza (oltre trenta titoli) maturata al cinema e alla televisione.

La buona novella
La buona novella

Sinceramente, de La buena nueva (La buona nuova) di Helena Taberna non se ne sentiva l’esigenza. Siamo di fronte all’ennesima vicenda che si svolge attorno al 1936, coi falangisti contrapposti ai socialisti, con fucilazioni, vigliaccherie, una guerra civile che colpisce solo i poveri. Miguel è un giovane prete in carriera con studi fatti al Vaticano che chiede al suo Vescovo di potere operare in una parrocchia. Il paese dove va è socialista e ben presto avvengono molte uccisioni. Quando si rende conto che la Chiesa appoggia la parte più violenta, si stacca da essa e, con l’aiuto di bella maestra a cui hanno ucciso il marito durante i primi moti, cerca di lottare. Detta così, la storia potrebbe suonare più o meno interessante ma, se si pensa che il fulcro della vicenda è l’interesse del fruttivendolo, figlio della ex perpetua del prete e attivissimo uomo di destra, per la maestrina che sarebbe disposta a sposarlo per il bene della figlioletta, si capisce quale possa essere l’effettivo valore politico e sociale di questa telenovela di lusso decorosamente interpretata da Unax Ugalde, Bàrbara Goenaga e Gorka Aginagalde.

Terribilmente felice
Terribilmente felice

Frygtelig lykkelig (Terribilmente felice) di Henrik Ruben Genz funziona, e fa vedere come anche in Danimarca esista la Polizia corrotta o, quantomeno, poco attiva, che non ha nessun interesse a mettere il naso nei casi di giustizia autogestita da parte degli abitanti di uno sperduto paese dove viene inviato per punizione un agente proveniente da Copenhagen. Lui ha minacciato con una pistola la moglie e qui c’è un incallito e violento ubriacone che riempie di botte la moglie e i figli tutti i giorni. Lei chiede aiuto ma, al momento di denunciarlo, torna sempre sui suoi passi fino a quando, in circostanze non chiare (per la Polizia, non per gli spettatori...) muore. Bello lo spaccato di un paese lontano da tutto e tutti che vive con le proprie regole e che solo formalmente rispetta autorità e giustizia. I posti fissi nell’unico bar a seconda della gerarchia, il consiglio dei saggi che decide sulla vita ma anche sulla morte delle persone, il medico che senza fare domande e mai ponendosi problemi d’etica lavora come meglio può coprendo anche l’operato delittuoso di qualcuno. Jakob Cedergren è molto bravo, ma tutto il cast funziona al meglio in un film di corale bellezza. L’ultimo giorno è d’obbligo un giudizio su questa cinquantatreesima edizione della Seminci che ha visto il direttore artistico Javier Angulo prendere le redini del comando solo a giugno di quest’anno. Non sappiamo se per sua scelta o per esigenze tecniche, forse sono stati un po’ troppi i film spagnoli presentati nelle varie sezioni, e anche nella Giuria Ufficiale era eccessivamente presente la componente iberica. Nonostante questo la macchina ha funzionato bene come sempre, grazie anche al collaudatissimo Tempo de Historia (Il tempo della storia) sezione collaterale dove vengono presentati ottimi documentari e docufilm, ai bei cicli a cui si affiancano sempre dei cataloghi che sono vere e proprie interessantissime monografie, alla valida presentazione di molti corti compresi quelli della ECAM, una scuola di cinema di Madrid. Per la prossima edizione si annuncia l’opera omnia di Carlos Saura, artista a 360 gradi, e il cinquantenario del premio FIPRESCI a Valladolid con un interessante ciclo di film vincitori nelle varie edizioni e un catalogo che racconterà anche di tutti gli sforzi fatti da questa associazione per donare ai Festival di tutto il mondo una giuria composta da veri professionisti della critica che possa fornire un giudizio credibile sulla qualità del film premiato, garanzia che non sempre la Giuria ufficiale è in grado di fornire.


Stomaco
Stomaco

Trionfatore di questa cinquantatreesima edizione del SEMINCI di Valladolid è stato ESTÔMAGO (Stomaco), coproduzione brasiliana/italiana diretta dall’esordiente Marcos Jorge, un film dallo sfondo drammatico che sa coniugare la commedia col thriller, il sentimentale con il noir. E’ la storia di un uomo che giunge in città senza soldi e con tanta fame, che mangia in una squallida tavola calda e, non potendo pagare il conto, inizia la sua attività di lavapiatti che ben presto si trasforma in quella di cuoco. Il locale ha molto successo, lui si innamora di prostituta particolarmente buongustaia. Ben presto il titolare di un ristorante italiano alla moda lo assume, lui vorrebbe sposare la prostituta che forse accetta ma che ha una tresca sentimentale e sessuale con il suo titolare. Dopo una situazione un po’ difficile e drammatica, continua a fare il cuoco in carcere nella cella di un boss.Il prossimo anno la SEMINCI dedicherà a Carlos Saura una lunga personale che comprenderà, oltreché tutti i film e i lavori televisivi, anche suoi quadri, disegni e fotografie.Premi assegnati dalla giuria internazionale

Spiga d’Oro all’unanimità

ESTÔMAGO (Stomaco), di Marcos Jorge, Brasile/Italia.

Spiga di Argento

EL FRASCO (Il vasetto), di Alberto Lecchi, Spagna/Argentina.

Premio per la migliore musica

KÅRE BJERKØ, per FRYGTELIG LYKKELIG (Terribilmente felice), di Henrik Ruben Genz, Danimarca.

Premio per la migliore  fotografía

MISCHA GAVRJUSJOV y JAN TROELL per MARIA LARSSONS EVIGE ØJEBLIK (I momenti eterni di María Larsson), di Jan Troell, Danimarca/Finlandia/Norvegia/Svezia.

Premio per la migliore sceneggiatura

HENRIK RUBEN GENZ e GRY DUNJA JENSEN, per FRYGTELIG LYKKELIG (Terribilmente felice), de Henrik Ruben Genz, Danimarca.

Premio per la migliore attrice

MARIA HEISKANEN, per MARIA LARSSONS EVIGE ØJEBLIK (I momenti eterni di María Larsson), di Jan Troell, Danimarca/Finlandia/Norvegia/Svezia.

Premio al migliore attore

JOÃO MIGUEL, per ESTÔMAGO (Stomaco), di Marcos Jorge, Brasile/Italia ex equo con UNAX UGALDE, per LA BUENA NUEVA (La buona nuova), di Helena Taberna, Spagna.

Premio “Pilar Miró” Opera Prima

MARCOS JORGE, per ESTÔMAGO (Stomaco), Brasile/Italia

Premio Speciale della Giuria

RETORNO A HANSALA (Ritorno a Hansala), di Chus Gutiérrez, Spagna.

Premio UIP Valladolid:

LÄGG M FÖR MORD (Lettera “A” di assassino), di Magnus Holmgren, Svezia.

Spiga d’argento al Cortometraggio:

HACE TIEMPO PASÓ UN FORASTERO (Tempo fa passò un forestiero), di José Carrasco, Spagna.

Spiga di Oro al Cortometraggio:

CAREFUL WITH THAT AXE! (Attento con l’ascia!) di Jason Stutter, Nuova Zelanda.

 

Premio FIPRESCI

LA VENTANA (La finestra) di Carlos Sorin,  Argentina/ Spagna

 

Sezione TIEMPO DE HISTORIA (Il tempo della storia)

Premio Speciale della Giuria:

HAROLDO CONTI, HOMO VIATOR (idem), di Miguel Mato - Argentina

Secondi premi:

TRIP TO ASIA-DIE SUCHE NACH DEM EINKLANG (Viaggio in Asia – La ricerca dell’armonia, di Thomas Grube - Germania

HOLLYWOOD CONTRA FRANCO (Hollywood contro Franco), di Oriol Porta (Spagna).

Primo Premio ex-aequo:

33 YAOUM (33 giorni, di Mai Masri (Líbano).

DAS HERZ VON JENIN (Il cuore Jenin), di Marcus Vetter e Leon Geller (Germagna).

 

PREMIO DEL PÚBLICO - PUNTO DE ENCUENTRO (Punto di incontro)

Premio La Noche del Corto Español (La notte del corto spagnolo)

GENTUZA (idem), di Javier Betolaza.

Premio al Mejor Cortometraje Extranjero – Premio al miglior cortometraggio straniero

TAKE 3 (Prendi 3), di Roseanne Liang (Nueva Zelanda)

Premio al Mejor Largometraje (Premio al miglior lungometraggio)

ÍNTIMOS Y EXTRAÑOS (Intimi ed estranei), di Rubén Alonso (Spagna).

 

PREMIO DEL PÚBLICO - SECCIÓN OFICIAL (Sezione ufficiale)

EL FRASCO (Il vasetto), di Alberto Lecchi, Spagna/Argentina.

 

18º Premio de la Juventud de la Seminci (18 º premio della gioventù alla Seminci)

SECCIÓN OFICIAL (Sezione ufficiale)

ESTÔMAGO (Stomaco), di Marcos Jorge, Brasile/Italia.

 

11º Premio de la Juventud de la Seminci (11 º premio della gioventù alla Seminci)

PUNTO DE ENCUENTRO (Punto di incontro)

Per i lungometraggi DIE TRÄNEN MEINER MUTTER (Berlíno-Buenos Aires. Le lacrime di mia madre) di Alejandro Cárdenas Amelio – Germania