75ma Mostra Internazionale d'arte Cinematografica di Venezia - Pagina 13

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75ma Mostra Internazionale d'arte Cinematografica di Venezia
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L-usignoloThe Nightingale (L'usignolo) ci riporta nell’Australia d’inizio ottocento, quando il continente è ancora saldamente nelle mani dell’Impero Britannico e della corona inglese che hanno trasformato il paese in un enorme bagno penale per alleggerire la pressione sulle sovraffollate carceri inglesi. Si tenga conto che in quegli anni la giustizia della corona sforna condanne, anche pesantissime, per reati – soprattutto economici – minimi. Danne, bambini e vecchi finiscono nelle orribili galere del regno anche solo per aver rubato una pagnotta. Claire è una giovane detenuta irlandese che ha già scontato interamente la pena, ma che il suo controllore non lascia ritornare in patria avendone fatto una sorta di schiava sessuale. Un giorno, alle continue richieste di autorizzazione a partire il controllore, un tenente dell’esercito, e un paio si suoi accoliti rispondono stuprando la ragazza, uccidendone il marito e la figlioletta. Ora la donna coltiva un solo scopo: la vendetta. Assieme a un aborigeno, che le fa da guida, parte all’inseguimento del militare e dei suoi complici. Un lungo tragitto che i conclude con l’uccisione degli stupratori. Il film è diretto dall’australiana Jennifer Kent, unica donna fra i registi ammessi in concorso, con l’obiettivo di rendere giustizia ai nativi e denunciare i crimini commessi di militari britannici nei confronti dei civili, siano essi stati dei carcerati o dei semplici coloni.  Un obiettivo nobilissimo, compromesso in parte da un eccesso di violenza, questo senza voler minimamente sminuire i delitti degli occupanti. Molto bella la fotografia e generoso l’intento di rendere giustizia alle donne e agli aborigeni.
caprirevolutionCapri – Revolution di Mario Martone, ultimo film italiano in competizione, ci porta nell’isola partenopea nel 1914, poco prima dello scoppio della Prima Guerra Mondiale. Qui s’installa una comune guidata da un pittore che viene dal nord (l’ispirazione è al gruppo che approdò nell’isola sotto la guida dell’artista Karl Wilhelm Diedenbah) i cui membri amavano aggirarsi nudi fra le rocce con grande scandalo degli abitanti e partecipano ad una sorta di unione vegetariana e ultrapacifista. Lo scontro esplode in particolare sul corpo della capraia analfabeta Lucia che, attratta dai membri del gruppo e, in particolare, dalla personalità del capo, abbandona la famiglia, sfida i pregiudizi degli isolani sino a emigrate negli Stati Uniti all’epoca concepiti come terra di libertà. Il regista è molto attento al clima dei quegli anni e alle posizioni politiche dei militanti nei confronti dell’imminente grande massacro. Tutto questo conferisce al film uno spessore straordinario, ma interamente concepito a tavolino, con i vari personaggi, compresa l’interprete principale, più abbozzati che approfonditi. In altre parole, un’opera realizzata con grande maestria, ma più pensata che sentita. Indubbiamente uno dei testi migliori fra quelli visti in Mostra, ma anche un’opera non interamente al livello della produzione a cui ci aveva abituati questo cineasta.
ombraUn discorso simile lo si può fare per Ying (L’ombra) del cinese Zhang Yimou. Questo autore è rientrato a vele spiegate nel cinema del suo paese dopo essere stato vittima di una delle purghe delle guardie rosse contro gli intellettuali. È rientrato nella professione con una serie di film (Lanterne rosse, 1991, Non uno di meno, 1999) che hanno indotto i critici a parlare di quinta generazione del cinema cinese. Poi ci sono stati gli anni della normalizzazione, culminati nell’incarico a dirigere le cerimonie d’apertura e chiusura dell’Olimpiade di Pechino. Dopo quell’impegno questo regista si è specializzato in film storici, settore che lo ha affascinato sin dagli anni della  La foresta dei pugnali volanti (2004). Quest’ultimo film appartiene alla medesima tendenza e si segnala per l’utilizzo degli scontri bellici a mo’ di balletto, con trovate di grande intelligenza ed effetto (in questo caso i parapioggia trasformati in armi). È un film di grande spessore coreografico in cui si racconta la storia di un militare che si ribella al suo re e a tutti coloro che vogliono prenderne il posto, il tutto in un mondo segnato dal grigiore e da una pioggia in cessate. Davvero un esempio del cinema cinese che ci attenda in futuro.

(U.R.)