70ma Mostra Internazionale d'arte Cinematografica

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poster mostra70. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica (28 agosto - 7 settembre 2013)

http://www.labiennale.org/it/cinema/

La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, settantesima edizione, ha aperto i battenti di un programma denso e ricco di opere interessanti, quantomeno sulla carta, con un film americano, Gravity (Gravità) diretto dal messicano Alfonso Cuarón. E’ un grande e piacevole colosso in 3D che parte dall’ipotesi che una coppia di astronauti - lei (Sandra Bullock) alla prima missione, lui (George Clooney) alla vigilia della pensione – si trovino a vagare nello spazio dopo che una pioggia di meteoriti ha distrutto la navicella sui cui viaggiavano.

gravityL’uomo è anche il comandante della missione e, secondo consolidate tradizioni, si sacrifica quasi subito per salvare la vita alla donna. Lei si trova sola nello spazio con la speranza rifugiarsi, prima, in una stazione spaziale russa e tentare il ritorno sulla terra  e, dopo che aver scoperto che nel modulo di salvezza russo non c’è più carburante, di arrivare sino ad un’istallazione cinese e usare la navicella di salvataggio di quell’impianto per ritornare a gustare l’agognata gravità terrestre. Naturalmente la missione andrà a buon fine, ma solo dopo che la protagonista avrà affrontato non poche traversie. E’ un prodotto super spettacolare in cui i due divi che vi compaiono hanno un ruolo persino secondario rispetto alle meraviglie create la computer usando non poche immagini raccolte da varie missioni spaziali. Un ottimo film per quanto riguarda gli apparati commerciali, ma un prodotto del tutto trascurabile se si ha a cuore la funzione creativa del cinema.
future reloadedLa Mostra ha scelto di festeggiare le settanta edizioni chiedendo a un egual numero di cineasti di farle omaggio di un breve documentario – durata fra i sessante e i novanta secondi – dedicato al futuro del cinema. E’ nato così Venezia ’70 – Future Reloaded, settanta brani raccolti in due ore di proiezione con le firme di grandi cineasti (Bernardo Bertolucci, Claire Denis, Atom Egoyan, Amos Gitai, Monte Hellman, …) e di giovani promettenti. Unica condizione era quella di aver partecipato almeno una volta alla Mostra. Prodotti di questo tipo sono del tutto ingiudicabili in quanto li si potrebbero valutare solo scendendo nel dettaglio di ogni brano, cosa del tutto impossibile in questa sede. Basti dire che si passa dalla nota personale - in Scarpette Rosse Bernardo Bertolucci registra le difficoltà che una carrozzina per portatori di handicap deve affrontare muovendosi per le strade di Roma – alla citazione del cinema di un tempo come quella di Ermanno Olmi che rende omaggio alla moviola, sino al resto quasi sociologico come quello proposto in Transumanza da Salvatore Mereu. In conclusione più un grato omaggio ad una vecchia signora che non una proposta di cinema da non dimenticare.

28SIC-LÔÇÖARTE DELLA FELICITAÇ-13La Settimana Internazionale della Critica (SIC) opera all’interno della Mostra ed è una manifestazione autonomamente gestita da una commissione scelta dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani (SNCCI). L’edizione di quest’anno, la ventottesima, si è aperta con la presentazione, fuori concorso, de L’arte della felicità, un film d’animazione diretto da Alessandro Rak e da lui sceneggiato assieme a Luciano Sella. E’ la prima volta che un’opera di questo tipo trova ospitalità nel cartellone della SIC. La cosa ha destato qualche sorpresa visto che molti continuano a considerare il linguaggio dei cartoons come un qualche cosa riservato ai ragazzi. Su questa opinione sbagliata pesa la tradizione e il successo della Walt Disney che ha costruito un vero e proprio impero sul disegno animato. Nel caso in questione, invece, ci troviamo di fronte a un prodotto raffinato e complesso che affronta temi tutt’altro che elementari e lo fa con una struttura narrativa molto elaborata. In primo luogo c’è il ruolo assegnato alla musica, che è la vera coprotagonista del film al pari del disegno. Quest’ultimo appare tracciato con grande abilità pittorica e senza alcun vezzo infantile.  La storia raccontata ha al centro due fratelli musicisti che fanno scelte opposte. Uno emigra in India, ove morirà, alla ricerca di un mondo armonioso denso di spiritualità. L’altro rimane a Napoli, smette di suonare, s’infila nel vecchio taxi dello zio e non ne scende più. Intorno a lui una città diruta, costantemente battuta dalla pioggia, soffocata dalle montagne d’immondizia. Nell’abitacolo della vettura riceve e confessa vari clienti, ascolta i loro triboli che scambia con i suoi. Lo scenario apocalittico in cui è immerso quest’artista in vacanza sollecita ricordi, uscita barlumi di speranza, fa scattare l’ira. La notizia della morte del fratello in una terra lontana, inasprisce ancor più il suo carattere e alimenta una rabbia che, forse, troverà uno sbocco positivo. Il film è forte, anche se muove su binari un po’ generici e percorre strade non originalissime. Ha il pregio di dimostrare, se ancora ce ne fosse bisogno, che questo tipo di linguaggio ha le carte in regola per affrontare temi complessi e sorreggere opere di grande valore.