75ma Mostra Internazionale d'arte Cinematografica di Venezia - Pagina 11

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75ma Mostra Internazionale d'arte Cinematografica di Venezia
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TramontoNapszállta (Tramonto) dell’ungherese László Nemes è il classico film fatto anche per far discutere ai festival spettatori e critici fornendo una storia non facilmente sbrogliabile. Rimanendo alla superfice si tratta del ritorno a Budapest della rampolla di una famiglia altolocata sfuggita dopo per ragioni non meglio precisate. Il tempo sono le settimane che precedono lo scoppio della Prima Guerra Mondiale. La fanciulla ha imparato a fare la modista a Trieste e, seguendo la tradizione di famiglia, vorrebbe farlo anche nella capitale ungherese. Vorrebbe anche ritrovare il fratello di cui si sono perse le tracce e che è coinvolto in uno scontro mortale fra giovani rivoluzionari e nobili. Schematizzando alquanto si tratta del conflitto fra rivoluzione e conservazione alla cui fine a pagare il prezzo saranno le classi più umili trascinate in un massacro che non hanno voluto e da cui non trarranno alcun vantaggio. Il regista impiega poco meno di due ore e mezzo per dire queste poche cose ricorrendo ad uno stile ridondante, tutto giocato sulla macchina a mano che sta addosso alla protagonista e alle persone che incontra allo stesso modo di quanto faceva, ma con ben maggiore regione, ne Il figlio di Saul (2015). In passato il cinema magiaro si è era segnalato come uno dei più vivaci e interessanti fra quelli dell’ex-est Europa, oggi sembra regredito in un raccontare eccessivamente simbolico di cui non è facile individuare le componenti. In poche parole il classico film da festival che scambia l’oscurità del pensiero per dovuta complessità del reale.
Alla porta delleternitàTutto molto chiaro (o quasi) invece per At Eternity’s Gate (Alle porte dell’eternità) dell’americano Julian Schnabel, dedicato agli ultimi mesi di vita del pittore Vincent Van Gogh (1853 – 1890). Questo cineasta è anche un artista le cui opere sono esposte nei maggiori musei del mondo, ha già rivolto il suo interesse ad un altro pittore (Basquiat, 1996). Questa volta ha studiato a fondo l’autore de I girasoli e i luoghi in cui ha trascorso gli ultimi mesi di vita. Ne è noto un film in cui il rapporto fra rappresentazione e opera s’articola, in particolare, sull’uso del colore più che sulla trasposizione sullo schermo dei soggetti dei quadri. Anche se non mancano i riferimenti a celeberrimi dipinti come il Ritratto del dottor Gachet e Un paio di scarpe. Il punto più sorprendente è nella parte finale del film ove il cineasta mette in dubbio il suicidio del pittore, aprendo la strada ad un finale del tutto diverso e all’ipotesi di un vero e proprio omicidio. Da notare, positivamente, l’interpretazione che Willem Dafoe dà del calvario dell’artista mescolando con grane intelligenza riferimenti religiosi a turbe psicologiche. In altre parole un film di grande spessore che si è collocato da subito fra i possibili candidati al LeoDRAGGEDwebne d’Oro.
Tutto il contrario dell’action movie Dragged Across Concrete (Trascinato sul cemento) dell’americano di S. Craig Zehler visto fuori concorso e che vanta l’interpretazione di due star come Mel Gibson e Vince Vaughn che, con la loro forza attoriale, superano le numerose incongruenze presenti nel film. In pratica si tratta di due poliziotti che derubano un gruppo di rapinatori, facendosi ammazzare nell’impresa. Nulla di particolarmente originale, ma un film costruito con abilità in grado di catturare l’attenzione dello spettatore dal primo all’ultimo minuto.

(U.R.)