33° Festival Internacional de Cine de Guadalajara - Pagina 9

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33° Festival Internacional de Cine de Guadalajara
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Ayotzinapa-1-246x300Ayotzinapa, el paso de la Tortuga (Ayotzinapa, il passaggio della tartaruga, 2018) è il migliore documentario messicano che sia stato presentato nel corso del Festival. Tratta un tema molto delicato: la sparizione di 43 studenti di una scuola rurale nel corso della notte del 26 settembre 2014, coi genitori che rifiutano di credere alla morte dei propri figli, il comitato spontaneo che si crea tra loro, il forte vincolo che li unisce a questi ragazzi forse uccisi. Diretto dall’esperto Enrique García Meza e prodotto da Guillermo Del Toro, racconta fatti ancora oggi coperti da mistero o, meglio, dal un segreto di Stato di cui si sa tutto ma che non viene divulgato. I ragazzi erano a bordo di uno dei cinque autobus che li riportava verso casa dopo una manifestazione di protesta. La Polizia aveva ricevuto una soffiata che confermava il trasporto di droga da parte di almeno uno dei torpedoni. Il Governo diede l’ordine di fermare i mezzi in qualsiasi maniera e, confermato da varie fonti, perse il controllo dell’operazione probabilmente uccidendo tutti i ragazzi. Nessun provvedimento nei confronti degli ufficiali, la confessione di tre balordi che - fortemente condizionati dalle autorità – ammettevano di avere compiuto una strage di cui non erano stati nemmeno testimoni, la disperazione delle famiglie che tuttora sperano in un poco probabile miracolo. La sofferenza la si legge sui volti ma non trapela mai nei loro discorsi, lottano quantomeno per avere giustizia, hanno pagato investigatori per raccogliere ancora più prove, c’è un team di avvocati che gratuitamente li appoggia. Il governo messicano è stato considerato, anche a livello internazionale, quale unico colpevole di quello che probabilmente è un eccidio, ma nulla è cambiato o, meglio, qualcosa è successo: il rappresentante delle istituzioni che aveva affrontato a suo tempo l’opinione pubblica e aveva tentato di creare prove a discapito delle autorità, ha ottenuto varie promozioni.
HermanosHermanos (Fratelli, 2017) è diretto da Laura Plancarte che vive e lavora a Londra realizzando progetti di arti visive e short di vario tipo. Dopo Tierra caliente (Terra bollente, 2015), sua opera prima, ritenta la via del documentario con un lungometraggio pretenzioso e privo di interesse, con interviste a varie persone sulla loro vita, mai riuscendo a creare un ritratto ma limitandosi a farci scoprire qualcosa soprattutto del loro presente. Racconta in parallelo la storia di due fratelli messicani che sognano di ricongiungersi con la madre negli Stati Uniti, dove lei vive da quando loro sono piccoli, e di una donna americana residente in Messico che ha perso la sua casa a causa della crisi economica globale e crede di poter recuperarla credendo alle promesse di Trump. Tutti questi personaggi vivono situazioni simili a causa della povertà e della mancanza di una struttura familiare. Il loro percorso per rivivere il sogno americano inizia con un viaggio attraverso i ricordi di tempi migliori per incontrare il passato sperando che loro familiari possano aiutarli a rendere possibili i sogni, ma i due uomini si devono confrontare con una realtà diversa in cui la madre, che non hanno più visto da oltre 30 anni, torna in Messico e chieda loro aiuto. Sorte difficile anche per la donna che, non potendo più tornare in Messico perché persona non gradita, deve accettare di sopravvivere grazie all’aiuto di un’amica che condivide con lei il suo vecchio camper dall’aspetto fatiscente. La regista non impone una linea narrativa, si limita a montare assieme vario materiale di diversa qualità senza farci capire le ragioni di queste persone. Ottanta minuti privi di interesse e assolutamente incapaci di coinvolgere.