37° Festival Internacional del Nuevo Cine Latinoamericano 2015 - Pagina 3

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37° Festival Internacional del Nuevo Cine Latinoamericano 2015
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Cuba-Libre-SmallCon la presentazione di tre titoli in concorso con stili, contenuti e possibilità di piacere molto diversi tra loro si è entrati nella giusta atmosfera della trentasettesima edizione del Festival. Cuba libre (idem) del cinquantacinquenne Jorge Luis Sánchez González è film biografico dedicato al bisnonno del autore che quel particolare periodo lo aveva vissuto in prima persona. E’ una fase storica cubana poco nota anche se molto importante per gli strascichi che ha lasciato fino ai giorni nostri soprattutto su alcuni diritti ottenuti dagli Stati Uniti e mai persi nel corso degli anni. Giovanissimo, l’autore era particolarmente attivo nei cineclub e, a soli 21 anni, è entrato ufficialmente nell’istituto di cinema statale come assistente alla regia per poi passare a dirigere vari corti e documentari presentati in Festival internazionali e debuttare con El Benny (Il Benny, 2006) selezionato da quello di Locarno. La sua capacità di raccontare fatti storici lo ha aiutato nello sviluppo di quest’opera ma lo ha limitato nella capacità narrativa, creando un testo interessante per l’argomento trattato non per la qualità di un prodotto adatto più alla televisione che al cinema. Cuba, 1898. Samuel e Simon sono due bambini che, dopo la sconfitta e la partenza della Spagna alla fine della Guerra di Indipendenza, vivono intensamente il momento in cui gli americani si comportano come un esercito di occupazione. Fingono di instaurare una democrazia ma cercano di imporre il capitalismo. Molti gli errori nella costruzione dei personaggi come, ad esempio, militari statunitensi che sfoggiano un accento molto poco credibile.
Memoria del AguaLa memoria del agua (Il ricordo dell’acqua), diretto dal trentaseienne cileno Matías Bize García, è una commedia psicologica basata sulla crisi di una innamoratissima coppia che perde la felicità e si separa dopo un tragico incidente che mette in discussione le loro vite e il loro rapporto. Quando una nuova opportunità si presenta, quasi fosse inviata dal cielo, capiscono che il passato non va dimenticato. Spesso, purtroppo, le buone intenzioni non creano un film valido e, in questo caso, da un soggetto interessante non nasce un’opera coinvolgente. Oltretutto, film vorrebbe giocare su un finale a sorpresa tanto ingenuo in quanto prevedibile sin dalle prime battute. I due continuano ad amarsi ma non potranno mai più vivere assieme. L’accoglienza del pubblico, nonostante la presenza in sala del regista, è stata tiepida.
Campo Grande della cinquantenne brasiliana Sandra Kogut è sicuramente il più interessante della terna anche se richiede una certa dedizione da parte del pubblico. Come spesso accade, i registi si innamorano della loro opera, soprattutto se è la prima che dirigono, e non sono in grado di gestirla al meglio. Con venti minuti in meno il film avrebbe raggiunto un altro tipo di gradimento. La regista è un’artista visuale di fama mondiale e ha lavorato Campo grandeanche in Italia. Nel cinema ha fatto cose eccellenti come il documentario Parabolic People (Gente parabolica, 1991) e altri sei titoli presentati in vari Festival. Questo è il suo debutto nel lungometraggio con un tema delicato e difficile da trattare per la presenza di vittime incolpevoli vittime, due fratellini che devono affrontare da soli la vita, che vengono dalla provincia e devono affrontare la caotica Rio De Janeiro. Ygor ha otto anni, la sorellina Rayane sei: sono lasciati dalla madre alla porta della Signora Regina, nel quartiere residenziale di Ipanema, con un foglietto in mano che riporta nome ed indirizzo della donna ma nulla che permetta di capire se e come la madre dei ragazzini conosca la destinataria dei due piccoli. I ragazzini non hanno dubbi sul fatto che la madre li verrà a riprendere e per questo si sentono forti tanto da essere ostili a chi li ha accolti, seppure controvoglia. L'emergenza improvvisa e inaspettata di questi bambini appartenenti, oltretutto, ad un ceto molto diverso da quello della padrona di casa, crea tensioni ma anche complicità tra lei e la figlia ventenne. Alla fine, la donna si arma di coraggio e cerca di trovare la madre transfuga in una città, Campo Grande, quasi irriconoscibile a causa della delle trasformazioni che hanno distrutto l’antico per sostituirlo con una modernità priva di anima. Grazie ai ragazzini scopre un mondo a lei sconosciuto ma riesce a capirlo e amarlo nella sua complessità. Bravissima Carla Ribas, spontanei e molto credibili i due bambini debuttanti nel magico mondo del cinema.