60ma SEMINCI - Semana Internacional de Cine - Valladolid - Pagina 6

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60ma SEMINCI - Semana Internacional de Cine - Valladolid
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poster-movie-l-arteria-invisible-2015Nel 2012 il regista catalano Pere Vilà Barceló si aggiudicó il premio della critica internazionale della Seminci con La lapidation de Saint Etienne (La lapidazione di Santo Stefano). Oggi torna in concorso con L’Artèria invisible che trae spunto da un romanzo di Joaquim Vidal. Girato con scene fisse, il film mostra una coppia in crisi: lui, politico sempre immerso nel lavoro, lei casalinga che vorrebbe un figlio che il marito, per il momento, non desidera. Si scopre poi che lei aveva avuto un bambino in affitto, tenuto in casa fino al compimento di sette anni e poi allontanato causa l’atteggiamento insofferente del marito. Ora il giovane convive con una ragazza che si prostituisce per sbarcare il lunario perché lui è senza arte né parte e soprattutto senza lavoro. Una mattina, tuttavia, va a trovare la madre adottiva, che si mostra lieta di rivederlo e che gli dà volentieri dei soldi. Il registra descrive una sequela di azioni quotidiane, alcune in maniera quasi fisiologica, per mostrare il vuoto nella vita dei protagonisti. Poi il film ha una svolta: un’adolescente chiede un passaggio in auto al politico. Lui acconsente, lei si sbottona la camicia e scappa dall’auto correndo e gridando. I giornali parlano di un tentativo di stupro mentre sconosciuti chiedono sessantamila euro per tacitare il fatto. Si scoprirá poi che il ricatto è stato ideato dalla moglie per aiutare il ragazzo e le cose si metteranno male per tutti. Realizzato principalmente in interni con scene fisse e momenti di silenzio che lasciano spazio a riflessioni, il film schiva il cinema commerciale. Insiste forse troppo nella descrizione di rapporti sessuali e spesso in quella di azioni quotidiane mediante quadri eleganti che sembrano movimentarsi soltanto nella seconda parte. Film da Festival, di circa due ore, è interpretato da Nora Navas e Alex Brendemühl.
The-Girl-King400In concorso anche Mika Kaurismaki col film The Girl King (La regina adolescente). Si tratta della regina Cristina di Svezia (1626 -1689), già portata sugli schermi nel 1933 da Rouben Mamoulian (1897 – 1987) per l’interpretazione di Greta Garbo, e, nel 1974, da Anthony Harvey per quella di Liv Ullman. Su sceneggiatura di Michel Marc Bouchard, il regista privilegia due aspetti del breve regno di questa sovrana, dal compimento dei diciott’anni a dieci anni dopo (1654) quando per superare gli ostacoli che la corte opponeva alla sua maniera di essere e di regnare, decide di rinnegare il protestantesimo per abbracciare la fede cattolica, e recarsi a Roma dove vivrá fino a 63 anni. In particolare il film tenta di illustrare la passione per la contessa Ebba Sparre da parte di una donna che non aveva conosciuto l’amore e che non lo conoscerà per tutta la vita essendo per questo chiamata la regina vergine e sepolta a Roma, accanto alle tombe dei papa. Non solo l’adombrato rapporto lesbico, ma soprattutto il suo amore per le arti e le lettere, mediante le quali la sovrana voleva elevare il livello culturale del suo popolo, è messo in evidenza in un film che descrive anche la smisurata ammirazione per Cartesio e il suo invito a Stoccolma che risulterá fatale al filosofo francese. Realizzato con un’accurata ricostruzione di interni d’epoca e di costumi, il film tende piú a descrivere le ansie e i tormenti di un’adolescente che prova attrazione per una coetanea che il profilo di una regina reggente. Toglie comunque il gelo e l’impassibilitá che Greta Garbo aveva conferito al personaggio e completa quello affrontato da Liv Ullmann. Il film dura centosei minuti ed è interpretato da Malin Buska, Sarah Gadon, Michael Nyqvist, Hyppolite Girardot.

(R.F.)

El duelo del vino-501095568-largeEl duelo del vino, (Il duello del vino) di Nicolás Carreras, è l’unico film, seppure coprodotto, presentato in concorso dall’Italia. E’ il seguito, con gli stessi attori, di El camino del vino (Il cammino del vino, 2010). Il regista trentacinquenne è nato a Buenos Aires, dove occupa il tempo facendo miriadi di cose. Si è laureato presso l'Università del Cine di Buenos Aires dove insegna, ha diretto numerosi cortometraggi che sono stati premiati nei festival internazionali e cerca di realizzare le sue molteplici idee. Il suo primo lungometraggio è stato Il cammino del vino che ha vinto il premio Fipresci al venticinquesimo Festival di Mar del Plata e il premio per le migliori sceneggiatura e regia all’Eno Video Festival, in Francia. Oltre a questo, ha realizzato svariati corti ed alcuni documentari. Ha fondato la casa di produzione Cactus Film che ha finanziato questo suo primo lungometraggio di fiction. In questa occasione, si è unito a lui un produttore argentino che vive da anni a Milano, Gabriel Pujia, che ha creato l’italiana Indepindiefilm con cui ha realizzato un paio di titoli interessanti. Qui questo produttore è anche coprotagonista con uno dei personaggi più divertenti del film. La cosa che interessa è quel tono goliardico lieve e, a tratti, demenziale che coinvolge personaggi notissimi del Gotha sia culinario (in una divertente caratterizzazione di se stesso Gianfranco Vissani) sia della enologia con il must della presenza di Pandora Anwyl e della stella nascente dei sommelier Luca Gardini. Chi si diverte più di tutti è Charlie Arturaola, degustatore che ha raggiunto i massimi livelli internazionali, e interpreta con bravura e ironia se stesso. L’uomo è caduto in disgrazia dopo aver perso momentaneamente - durante le riprese di un film - la sua capacità di assaporare i vini. La immagine di sommelier senza palato distrugge la sua carriera. Sono passati molti anni e Charlie è diventato un tassista a Los Angeles, ma non ha mai smesso di sognare di riguadagnare il prestigio perso. L’occasione gli viene dal fatto che la moglie, impresario che lo aveva aiutato ad assurgere nel empireo dei vini, si mette a collaborare con un astro emergente italiano. Decide di partecipare al The Duel of Wine con un collega tassista che nulla sa di vino, e a cui, attraverso una trasmittente, sussurra cosa dire. Ben presto diventa personaggio di prestigio ma, scoperto, finisce nuovamente nel limbo. Alla manifestazione si iscrive un conte mascherato, sotto di cui si nasconde Charlie. Non siamo di fronte ad un capolavoro, ma ad una onesta occasione per sorridere o ridere.
elokuva vh 050915 etu vi2 aa uno Yota (Due notti fino mattina) fa parte di quel novero di film presentati dalla Finlandia, paese ospite di questa sessantesima edizione. Coprodotto assieme ai lituani, è film interessante diretto dal trentasettenne Mikko Kuparinen che aveva debuttato con Rakkauden rasvaprosentti (Amore grasso, 2012) dopo avere realizzato anche un’opera per la televisione e vari telefilm. Questo è il primo film girato in inglese, pensando al mercato internazionale e la scelta implica alcune limitazione nella sua vena un po’ pazza ma, nello stesso tempo, aiuta il cineasta a maturare con uno stile più interessante. Un incontro sessuale fugace tra due persone che si raffrontano in un paese straniero senza sapere o parlare la stessa lingua, porta ad una situazione inattesa, quanto, per una nube di cenere vulcanica tutti i voli sono cancellati. Da lì parte una storia d'amore in cui il destino decide di far frequentare i due ancora per un giorno. Girato completamente a Vilnius, la sceneggiatura fa incontrare due persone molto diverse tra loro, un notissimo musicista finlandese che ottiene grande successo tra i giovani e una non giovanissima e architetta francese che ha appena presentato un progetto di rifacimento dell’aeroporto. Lui le offre da bere, lei finge di non sapere l’inglese, in questo modo inizia un’amicizia e, quando salgono alle rispettive camere, la donna decide di trascorrere la notte con l’uomo e poi ripartire per la Francia, ma un’eruzione vulcanica blocca i voli. I due in attesa del concerto che lui terrà iniziano a conoscersi meglio, a stimarsi, a divenire amici e, se il destino lo vorrà, a dare vita a una coppia duratura. Il regista dimostra di avere idee piacevoli con dialoghi a tratti divertenti. Semmai, il finale più pensieroso suona come moralistica punizione per chi aveva sognato di potere evitare di fare i conti con la realtà.

(F.F.)