60ma SEMINCI - Semana Internacional de Cine - Valladolid - Pagina 3

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A1  Low InD-708x280Dopo i dovuti omaggi ai Festival di Cannes e di Venezia, la Seminci sfodera i primi titoli originali riservando un paio di sorprese. In concorso il terzo film del cileno Rodrigo Sepúlveda Urzúa. Aurora. Ispirato da un fatto reale, verificatosi nel 2003, il film mette in evidenza il problema dei neonati abbandonati nei cassonetti delle immondizie, pratica allora molto frequente. Protagonista una maestra delle primarie, Sofia Olivari (Amparo Noguera), moglie di Pedro, (Luis Gnecco), coppia che vive nella cittá costiera di Ventanas. Cruccio della donna è il non poter aver figli, e l’enorme difficoltá di poterne adottare uno. Tre sue domande sono state giá respinte. Un giorno, leggendo sul giornale la notizia di una bambina morta in una discarica di rifiuti prova una forte emozione. E chiede di vederla. La burocrazia peró è un ostacolo insormontabile. Per poter vedere il corpo della neonata dovrà passare dalla morgue, agli avvocati di Stato, fare lunghe attese e rispondere a moltissime domande che coinvolgono la sua vita privata. Incappa in una odissea legale e giuridica nella quale tutti vogliono sapere perché si ostina a voler vedere quel corpo col quale non ha alcun rapporto di parentela. Sofia, sempre piú determinata nella sua lotta tenta di spiegare che un corpo trovato in un cassonetto e cremato non lascia tracce. Lei, invece, vuol dare un nome e una sepoltura cristiana per creare un luogo nel mondo dove resti notizia della nascita della persona e dove si possa andare per ricordarla e per portarle fiori. Racchiuso in ottanta minuti, interpretato da attori che il regista aveva già impiegato nel suo primo film, Un ladrón y su mujer (Un ladro e sua moglie, 2001), è un film rigoroso e teso che ha scosso l’opinione pubblica cilena su un tema sempre piú discusso in televisione e sui giornali.
tt3900206Loreak (Fiori) di Jon Garaño e José Mari Goenaga ha varie analogie col film cileno. E’ un film basco visto con sottotitoli spagnoli, presentato nella sezione Spanish Cinema. Simili le atmosfere, esterne e interiori, uguale il panorama di una località costiera, spesso avvolta nella nebbia, e di persone comuni con profonde motivazioni umane. Ad Ane, la protagonista poco piú che quarantenne, viene diagnosticata una menopausa precoce. Lavora negli uffici di un cantiere ed è sposata senza figli. Ogni gioved¡ le recapitano un mazzo di fiori. Non c’è mittente e la cosa la incuriosce. Preoccupa invece il marito che la terza volta indaga per saperne di piú. Al quarto arrivo lei decide di portare i fiori in ufficio e di dire al marito di non averne piú ricevuti. Dopo alcune settimane cessa la consegna dei fiori. Lei tenta di capire la ragione dell’interruzione degli ivi, fino a quando scopre che ha smesso di ricevere fiori il giorno della morte di un collega in un incidente stradale. Non solo, fra le cose del morto trovano una catenina che lei aveva perso. E da quel giorno è lei che ogni giovedí porta fiori sul luogo dell’incidente. La cosa, peró, preoccupa la vedova del collega, sempre in tensione con la suocera, e ora frastornata dal pensiero che il marito avesse avuto una relazione con la collega. Sulla falsariga di un thriller, i registi registrano il comportamento di tre donne colpite da un lutto e avvolte dal mistero di tanti mazzi di fiori mettendo in evidenza la solitudine, le illusioni e i conflitti di gente comune. Dura novantanove minuti e si avvale di un’interpretazione misurata e motivata di attori baschi, Nagore Aranburu, Itziar Ituño, Itziar Aizpuru, Ane Gabarain, Josean Bengoetxea. 

(R.F.)

ladecisi ndejuliaLa decisión de Julia (La scelta di Giulia), è un film spagnolo impegnato ed impegnativo, opera prima del cinquantunenne di Norberto López Amado con esperienze quale sceneggiatore ma, soprattutto, autore televisivo. Alcuni corti ed ora questa produzione realizzata in cooperativa con attori e tecnici. Il taglio è tipicamente teatrale, la storia raccontata solo attraverso dialoghi inquadrando più gli attori che non chiedendo loro movimento. Un monolo della protagonista sofferto, momenti di vita e di morte vissuti con apparente serenità, la capacità, una volta nella sua esistenza, di prendere una decisione. Gli altri interagiscono ma, soprattutto, ascoltano. Giulia va in un hotel nel centro di Madrid, con una piccola valigia come unico bagaglio, dove ha prenotato la stessa stanza, 216, al secondo piano con bella vista, in cui venti anni prima ha avuto un'esperienza che non può essere dimenticata e che è durata per parecchio tempo. Una canzone di Leo Ferré le giunge alle orecchie dalla stanza accanto. Bussano alla porta e lei apre serenamente ai suoi attesi ospiti, sapendo che è pronta ad affrontare senza ripensamenti il destino che ben conosce e che ha scelto. In una notte desolata inizia l’episodio più importante della sua vita: l'amore segreto, una fuga precipitosa, un viaggio in un luogo sconosciuto in cerca di risposte, una discesa agli inferi. In uno splendido bianco e nero utilizzato non per drammatizzare, ma per dare ulteriore distacco all’emotività esteriore della vita, il film ci fa conoscere la vicenda di una donna sopra i quarant’anni e ancora bella che decide di porre fine alla sua vita. Con lei due suoi misteriosi conoscenti, forse marito e moglie, che la fanno chiacchierare dopo che ha preso il veleno. Per evitare problemi giudiziari, ha scritto due lettere di manleva in cui spiega la sua decisione. Lei è di Madrid ma, per incontrare un uomo del Nord di cui si è innamorata e con cui fa sesso, andava in quel albergo. Oltretutto, il suo innamorato sta per sposarsi. La gioia di un amore senza aspettative, lei che rimane incinta, l’aborto. Norberto López Amado ha realizzato il film, coinvolgendo ottimi professionisti suoi amici, inserendo momenti autobiografici nella storia: la sorella è appena morta per un tumore come un suo amico. Questa storia vorrebbe essere momento di riflessione ma anche tentativo di esorcizzare il dolore. Quattro personaggi e altrettanti ottimi interpreti, su tutti la bravissima Marta Belaustegui.  
15-1140 posterLes cowboys (I cowboy), è film franco - belga diretto da Thomas Bidegain, un ottimo sceneggiatore tra l’altro presente al SEMINCI sezione ufficiale col film di Jacques Audiard. Esperienze ai massimi livelli con Pedro Almodovar e altri importanti autori, ormai da tempo è lo scrittore prediletto del regista francese. A quarantasette anni questo cineasta, nato nei Paesi Baschi, ha deciso di provare l’esperienza di regista e ha scritto una storia fin troppo ricca, una vicenda divisa in varie parti che tratta temi difficili quali il razzismo verso gli arabi, gli attentati, la decisione di una sedicenne di abbandonare la famiglia per amore, il terrore di un padre che non accetta di essere stato tradito dalla ragazza il cui genitore decideva tutto per lei. Tutto inizia in un tranquillo week end in una vasta prateria nella Francia orientale che ospita un luogo in cui si incontrano gli amanti del West americano. Alain ci va con tutta la famiglia, moglie, figlia sedicenne e il piccolo di famiglia che ha dieci anni. L’uomo balla con la ragazza e la moglie. Tutti si beano di quel mondo allegro dove il tempo si è fermato e dove ogni cosa è scandita dalla musica country. Lo stesso giorno la figlia scompare e la famiglia entra in crisi infatti la moglie sapeva di un amore segreto della ragazza con un arabo e non aveva detto niente a nessuno. Alain inizia una ricerca incessante per trovare la giovane, anche se gli costa tutto quello che ha e lo porterà a esplorare luoghi remoti, sinistri e inquietanti dove l'unico supporto gli sarà dato dal figlio che sacrifica la giovinezza per accompagnare il padre in una avventura che sembra non aver fine. Diventato ormai adulto grazie a quest’esperienza, l’ex - ragazzino ad un certo punto si rifiuta di seguire che ha un incidente e muore. Da questo momento, il giovane prosegue la ricerca e frequenta il mondo arabo e questo gli cambierà la vita. Quotato per vincere premi a questo festival, il film soffre una sceneggiatura sovrabbondante ma marcata da una certa ripetitività nella costruzione narrativa. Sicuramente molto interessante ma tutt’altro che perfetto.
(F.F.)