60ma SEMINCI - Semana Internacional de Cine - Valladolid - Pagina 2

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60ma SEMINCI - Semana Internacional de Cine - Valladolid
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poster Une histoire de fouGran Gala per i sessant’anni della Semana Internacional de Cine (Seminci) di Valladolid. Tappeto rosso con i personaggi piú famosi del cinema spagnolo e mondiale. Gli onori di casa sono toccati al veterano degli attori, José Sacristan. Presidente della giuria, Goran Paskaljevic, e tra gli invitati, Juliette Binoche. Applausi per due film che erano a Cannes, Dheepan - Una nuova vita del francese Jacques Audiard, film vinvitore della Palma d’Oro 2015 e 45 anni di Andrew Haigh. Rimanendo nella sezione competitiva, si è vistoil lungo film di Robert Guédiguian, (centotrentaquattro minuti), Une histoire de fou (Una storia di follia), adattamento del libro La bomba, un no rotundo a la destrucción y a la muerte y un viva a la vida (La bomba, un no deciso alla distruzione e alla morte e una evviva alla vita, 1982), testo autobiografico dello scrittore galiziano, José Antonio Gurriarán (1939). Robert Guédiguian, sessantatre anni, francese di padre armeno e di madre tedesca, è di casa a Valladolid, dove negli ultimi quattro lustri ha vinto una Spiga d’oro, una Spiga d’argento, un premio alla regia e uno per la sceneggiatura. Del resto non bisogna dimenticare che la 44ª edizione di questa manifestazione gli ha dedicato un libro e una retrospettiva. Oggi torna con una sorta di film manifesto contro i negazionisti turchi per i quali il genocidio contro il popolo armeno, durante la prima guerra mondiale, non è stato mai commesso. Seppure in maniera leggermente enfatica il racconto si apre con una vicenda ambientata nel 1921 e girata in bianco e nero nella quale un giovane armeno elimina con un colpo di pistola alla testa l’ambasciatore turco a Berlino. Dopo l’attentato, l’attentatore non scappa: grida di essere armeno e di aver ucciso il carnefice della sua gente. Nel processo si dichiara innocente: si considera autore di un atto di giustizia verso colui che, nel 1915, aveva decretato la deportazione e lo sterminio degli armeni. I giudici lo assolvono. I gruppi di lotta armeni si sentono incoraggiati. Sessant’anni dopo, questa volta a colori, il film descrive l’interno di una famiglia armena a une-histoire-de-fou-2015-robert-gu-diguian-02-932x503-e1432494168506Marsiglia. Un padre pragmatico e lavoratore gestisce un piccolo emporio: il figlio, Aram, in contatto con gruppi armeni di resistenza, vuol realizzare i sogni della nonna materna, vittima di violenze e ormai quasi pazza che quale inneggia alla lotta contro i turchi. La madre, Anouch, lo capisce mentre il padre difende quel poco di benessere che è riuscito a costruirsi attraverso anni di lavoro. Il giovane accetta di mettere una bomba nell’auto dell’ambasciatore turco a Parigi. L’esplosione coinvolge Gilles, ciclista che viene ricoverato e operato d’urgenza. L'attentatore ripara in Medio Oriente aggregandosi ai gruppi armati armeni. La famiglia resta senza notizie, ma con molti sospetti. La madre in pena decide di indagare tra gli amici del figlio, scopre che è il responsabile dell’attentato e che è colpevole di aver gravemente ferito il ciclista che rischia di perdere l’uso delle gambe. A questo punto la donna  decide di andare a Parigi. In ospedale parla col giovane, si dichiara pronta ad aiutarlo e chiede perdono per il figlio. Alcuni giorni dopo Gilles arriva improvisamente a Marsiglia. Vuol vedere la camera dove Aram viveva e sapere della lotta del popolo armeno. Vi rimane sino al momento in cui riesce a ottenere un incontro con Aram, in Medio Oriente. Il finale rimane aperto. Oltre alla difficoltà dell’incontro con la vittima, il film descrive  problemi interni ai gruppi armati che coinvolgono anche il giovane terrorista. Diciamo súbito che il titolo Storia di follia o Storia da pazzi, la dice lunga sul contenuto, troppo diluito ma, soprattutto, incentrato su un terrorismo di altra epoca, quasi nascosto dai fatti dei nostri giorni. Rimane tuttavia come manifesto, contro chi tenta di negare il genocidio di un milione e mezzo di armeni. E’ un atto d’accusa, illustrazione di tradizioni e problema di coscienze individuali. Gli attori sono quelli di tanti film di questo cineasta: Ariane Ascaride, moglie del regista, Simon Abkarian, Grégoire Leprince-Ringuet, Syrus Shahidi, Razane Jammal.

(R.F.)

85be6025-7f37-4cf9-883d-1d5066ff22e5Alcuni dei titoli presentati in questa storica sessantesima edizione sono in cartellone nella rassegna competitiva Punto de encuentro, delegata a ospitare opere prime o seconde. La scelta dei selezionatori è ha privilegiato le storie drammatiche spesso con giovanissimi inseriti attori o addirittura protagonisti della vicenda narrata. Princess (Principessa), film israeliano diretto dalla brava debuttante Tali Shalom Ezer, ne è un chiaro esempio. Adar è una ragazza dodicenne molto dotata che si rifiuta di andare a scuola e preferisce passare le sue giornate nel libero ambiente di casa sua, in cui osserva sua madre condurre una vita sessuale spensierata con il partner Michael. Quest'ultimo ha appena perso il lavoro di insegnante ed ora passa molto tempo senza uscire, proponendo giochi che coinvolgono anche la ragazzina e che si dipanano al limite di soffuse implicazioni sessuali. Cambia tutto quando, sempre alla ricerca di nuove certezze, lei inizia a frequentare un ragazzo che ha casualmente incontrato che ha una sorprendente somiglianza con lei: in breve tempo lo porta a vivere con loro. Lei non gradisce il modo in cui Michael lo tratta e improvvisamente le relazioni familiari iniziano a trasformarsi in qualcosa di molto più pericoloso. Raffinato nelle immagini con la luce sensuale che inonda dalle finestre il semplice appartamento, evoca un'atmosfera erotica che a tratti può disturbare. La debuttante Shira Haas, diciassettenne con un corpo ancora molto acerbo, eccelle nel personaggio cardine del film, è un'attrice in grado di esprimere con un solo sguardo emozioni che le parole non possono trasmettere. Gli altri, a cominciare da Keren Mor per proseguire con Ori Pfeffer, Adar Zohar-Hanetz e Amitay Yaish Benuosilio sono perfettamente all’interno dei loro personaggi. La trentasettenne regista ha una lunga esperienza con corti premiati in vari festival per cui non sorprende che questa opera prima sia stata presentata anche al Sundance Festival.
domaci-pece-film-poster 0Domáci péče (Cure domiciliari), di cui abbiamo già riferito dal Festival di Karlovy Vary, è un’opera prima del non giovanissimo autore ceco Slávek Horák. Il suo stile è asciutto, capace di trasfondere emozioni attraverso dialoghi essenziali magistralmente supportati dalla splendida interpretazione della cinquantenne Alena Mihulová, una perfetta protagonista. La storia è ispirata alla vita della madre del regista che proprio in campagna faceva da sempre assistenze domiciliari; lei stessa lo ha aiutato a togliere inesattezze e a rendere ancora meglio la figura di questa donna coraggiosa. Slávek Horák si ritaglia un piccolo cammeo, quale figlio di una assistita ammalata. Vlasta è un’infermiera che esegue cure domiciliari e, per questo, si sposta continuamente senza mai risparmiarsi. Tornata a casa, trova il marito sempre ubriaco ed i pensieri legati alla figlia ora incinta che si è trasferita nella capitale col compagno che non ha sposato. Quando le viene diagnosticato un tumore al pancreas in fase terminale, le viene consigliato dai medici di attendere la fine della sua vita in casa, abbandonando il lavoro, cercando di trascorrere i suoi ultimi mesi in serenità e senza stancarsi, ma lei non può e non vuole rinunciare a questa missione che la gratifica, che la fa sentire utile ed apprezzata: sa benissimo che la famiglia le donerebbe unicamente dolori. La cittadina campestre dove il film è ambientato è quella in cui vivono i genitori del regista e alcuni personaggi sono interpretati da attori non professionisti. Il cineasta, pur trattando temi di grande drammaticità, riesce ad essere sempre lieve, mai troppo serioso. Nelle scene soprattutto col marito, vi è spazio anche per toni da commedia allegra. Il finale, che lei non può interpretare, vede la sua famiglia forse davanti ad una svolta maggiormente positiva, con un minimo di speranza per un futuro diverso.

(F.F.)