47mo Karlovy Vary International Film Festival - Pagina 8

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47mo Karlovy Vary International Film Festival
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Chiudendo gli articoli dal Festival parliamo rapidamente di due titoli presentati a Cannes 2012 e qui rivisti nella sezione Orizzonti. Ulrich Seidl è, con Michael Haneke, il regista più apprezzato della cinematografia austriaca. Come nel caso del collega i suoi film sono riconoscibili per uno stile che muta non pochi elementi dal documentario, in ogni caso da uno sguardo freddo sulla realtà. Paradises: Liebe (Paradiso: amore), sua ultima fatica, prende di mira il turismo sessuale, ma lo fa al femminile. Tutto o quasi si svolge in un albergo keniota di buon livello che ospita, in viaggi organizzati, mature signore dal peso abbondante, il corpo quasi disfatto, ma ansiose di concedersi qualche ultima botta di vita con i gigolò locali. Questi ultimi non hanno scrupoli nel farsi pagare i loro servizi adducendo i più diversi pretesti: padri ammalati, fratelli vittime d’incidenti d’auto, e via dicendo. Naturalmente la realtà è assai più complessa di quanto sembri a prima vista, infatti le mature fräulein, chi più chi meno non cercano solo sesso brado, ma sprazzi d’affetto, briciole di quella considerazione umana che non riescono più a ottenere, se mai l’hanno avuta, dai partner ufficiali. Facile, quindi che scambino una marchetta per un possibile rapporto sentimentale. Il regista racconta tutto questo – forse con qualche ripetizione di troppo – badando a tenere sempre la distanza dai protagonisti. Se le compratrici d’amore hanno le loro ragioni per comportarsi in quel modo – nel caso della protagonista, assistente a persone minorate, un rapporto con la figlia quasi inesistente – i venditori non fanno che cerare di sopravvivere in situazioni disumane. Tutto questo è raccontato con la freddezza dell’entomologo che osserva sotto la lente il contorcersi di un qualche insetto, senza esprimere giudizi, ma avendo ben presente il quadro complessivo in cui la sua ricerca s’inserisce.
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Reality, ultima fatica di Matteo Garrone, ha riportato il Grand Prix al festival di Cannes 2012. Riconoscimento meritatissimo, forse ancor più di quello andato a Gomorra che ottenne lo stesso alloro a Cannes 2008, perché il film radiografa i profondi guasti culturali causati dalla televisione spazzatura. Luciano è un pescivendolo e un truffatore. Con la complicità della moglie fa acquistare a rate da povere vecchiette costosi elettrodomestici che poi i due rivendono a ricettatori senza scrupoli. Tuttavia la sua vera passione è salire su un palcoscenico, essere amato e idolatrato dalla gente, com’è accaduto a un suo concittadino, assunto alle cronache per aver partecipato a una serie de Il Grande Fratello. Anche lui s’imbarca, quasi casualmente, in una selezione per questa trasmissione e supera, o crede di aver superato, anche una seconda scelta. A questo punto perde completamente la testa, crede di essere continuamente spiato da agenti dell’emittente incaricati di valutare la sua bontà. Per questo vende il negozio, regala buona parte degli arredi di casa, offre pranzi e bevute agli indigenti. La situazione precipita quando la moglie lo affronta in malo modo, ma neppure questo servirà a qualche cosa: approfitterà di un pellegrinaggio a Roma per intrufolarsi nel set di Cinecittà ove si confeziona la trasmissione che tanto lo ossessiona. Ora è felice, solo in uno scenario di cartapesta, ma finalmente appagato. Il film è leggibile, sin dalle primissime inquadrature – la pacchianeria dei matrimoni ricchi contrapposta alla povertà delle dimore in cui vivono coloro che vi hanno partecipato – come una feroce metafora dello scontro fra finzione televisiva e realtà. Questa povera gente che sogna fama e ricchezza, mentre campa di piccole truffe, appartiene a quel popolino, se si preferisce sottoproletariato, di cui hanno parlato i grandi pensatori socialisti ottocenteschi, solo che oggi c’è in più la televisione con il suo potere travisante e tutt’altro che neutrale. Davvero un bel film.

U.R.

altDraga besúgott barátaim (Cari amici traditi) diretto dalla giovanissima Sára Cserhalmi qui alla sua opera prima, rappresenta con bravura e coraggio un periodo molto buio della recente Ungheria. Un ex agente segreto sessantenne decide di vedere i documenti che lo riguardano e scopre con disappunto e rabbia di essere stato controllato per anni dal suo migliore amico. La prima reazione è di raggiungerlo per vendicarsi ma si trova di fronte ad un uomo precocemente invecchiato, malato terminale di cancro, che ha il coraggio in televisione di denunciare se stesso e il regime. Non riesce a perdonarlo ma, quando morirà, la sua pietas lo porterà a seguirlo nel suo ultimo viaggio come fosse un parente o il suo migliore amico: ma non parteciperà al funerale. E` un dramma psicologico inquietante bene sceneggiato e diretto da una regista timidissima che, durante la presentazione del film, ha detto: non aspettatevi molto, se vi piacerà, ne parleremo dopo. In effetti, non siamo di fronte ad un capolavoro, ma a un’opera interessante, gradevole, mai supponente. Su questo tipo di argomento è fin troppo facile cadere nella retorica, nel melodrammatico. Grazie anche all’ottima prova fornita da János Derzsi, György Cserhalmi, Zoltán Schneider, sono tra i migliori attori cinematografici e teatrali magiari. Per la cronaca, alla fine la regista non si è presentata al pubblico, era intimorita e ancora incredula per gli applausi ricevuti. Sottovoce, ha detto: e pensare che non volevo venire. Grazie a chi ha creduto in questo film.
altE' interessante, divertente, particolare anche A Little Bit Zombie (Un poco zombi) del canadese Casey Walker presentato nella sezione Midnight Scrrenings (Film di mezzanotte). Anche in questo caso non siamo di fronte ad un capolavoro, ma a un esempio vincente di come un tema molto sfruttato come quello degli zombi possa ancora servire per sviluppi se non originali non troppo ovvi. Due coppie di amici giungono in bella casa di villeggiatura per trascorrere il week end divertendosi ma, anche, preparando le bomboniere per due di loro che si stanno per sposare. Tutto bene fino a quando una strana zanzara non punge il futuro marito che, piano piano, si trasforma vomitando materia lattiginosa, prendendo un bel colorito verdastro, non sentendo il dolore fisico. Dapprima la sua fidanzata lo rifiuta ma poi, pensando alle spese che ha avuto per i preparativi, decide che il matrimonio si deve fare. Tutti lo aiutano per tentare di riportarlo alla normalità ma una coppia di ammazza zombi giunge e vorrebbe ucciderlo. Complicazioni. I poco noti in Italia Stephen McHattie, Kristopher Turner, Crystal Lowe e Shawn Roberts credono nei loro strampalati personaggi e fanno spesso sorridere. Non è certo un film da proporre in concorso in un Festival come questo ma un’occasione per pubblico e critici di passare novanta minuti in assoluto relax.
F.F.