31° Festival Internacional del Nuevo Cine Latinoamericano 2009 - Pagina 4

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31° Festival Internacional del Nuevo Cine Latinoamericano 2009
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I premi
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Un magro premio
Un magro premio

Per permettere ai giurati di giudicare con calma i vari film in programmazione nella sezione ufficiale, il Festival ha deciso di proporre nei primi giorni moltissimi titoli in competizione. Così facendo, si avrà più tempo per definire il vincitore. E’ una politica funzionale ma che, in questi giorni, permette di vedere solo i titoli che ci interessano come giurati. El premio flaco (Un magro premio) è il primo film cubano in concorso ed è stato accolto con entusiasmo dal pubblico che ama profondamente l’estroso regista Juan Carlos Cremata Ribeiro, uno degli autori che ha meglio capito l’anima popolare di questo paese. Il suo film non è certo da Festival, ma riesce a coinvolgere emotivamente lo spettatore con le tante risate e il finale drammatico. La storia è ambientata nel 1958, in una zona molto povera de L’Avana. Illuminata e il marito provengono dal mondo del circo, lei era un clown musicista, lui un forzuto. Ora, per vivere, lei è autista di bus e lui la aspetta a casa. Tutti i vicini sono amici e poveri come loro. Un bel giorno, con il concorso a premi di una marca di saponi, vince una casa che decide di fare costruire in campagna. Dona quello che ha a quelli che glielo chiedono, arriva la sua più grande amica, vedova con quattro figli e senza casa, e lei condivide la sua casetta in attesa che l’altra sia costruita. Finalmente tutto è pronto, lascia la catapecchia agli amici ma, dopo tre mesi, la sua nuova casa viene bombardata, e… Interpretata con grande umanità e bravura da Rosa Vasconcelos, la vicenda ha una sceneggiatura troppo spesso furbesca che male si addice a un tema drammaticamente interessante.

Hotel Atlantico
Hotel Atlantico



Hotel Atlantico (Hotel Atlantico) èopera sconcertante e convenzionale che ha deluso un po’ tutti, compreso il pubblico di Toronto, festival in cui era stato presentato in precedenza. Eppure la regista brasiliana Suzana Amaral ha realizzato A hora da estrella (Un’ora da protagonista, 1985) che aveva vinto l’Orso d’argento per la migliore attrice al Festival di Berlino 1986. Qui cerca troppo l’onirico e crea grande confusione, con un finale a dire poco ovvio e fastidioso. Un attore disoccupato inizia un viaggio senza meta in cui si scontra con varie assurde situazioni: il sagrestano che si vanta dei suoi amori con suore a Roma, la moglie grassa che gli si concede, lui che vestito da prete dà l’estrema unzione a una vecchietta, viene quasi ammazzato e un medico che concorre a essere sindaco gli amputa una gamba per ottenere gloria, mentre la figlia gli si concede nella cappella dell’ospedale. Incontra altre persone assurde e alla fine, si scopre che nulla è vero, è solo un incubo. Julio Andrade non è in grado di affrontare un personaggio di questo peso, gli altri recitano peggio.

Il canto di Paloma
Il canto di Paloma

Il canto di Paloma (La teta asustada), già uscito anche in Italia, contrariamente a quello che si potrebbe pensare (e in cui molti spettatori speravano) non è un film erotico: il titolo si riferisce a una malattia, non riconosciuta dalla medicina ufficiale, che è considerata come causata dal latte materno delle donne che erano state violéntate o maltrattate durante la guerra contro il terrorismo in Perù. La guerra è terminata, ma Fausta vive nel terrore lasciatole da quella grave malattia. La morte della madre la costringe ad affrontare le sue paure. Intenso film diretto dalla peruviana Claudia Lllosa Bueno, racconta del Perù degli Indios, della difficoltà di inserirsi nella società cittadina, delle paure legate all’incapacità’ di adeguarsi a una civiltà troppo diversa da quella della campagna. La brava Magaly Soler dona rara intensità al film, gli altri sono stati scelti con attenzione per donare grande attendibilità anche ai personaggi minori.

La rabbia
La rabbia

Rabia (Rabbia) è un curioso film colombiano diretto dall’ecuadoriano Sebastiano Cordero e ambientato in Spagna. Forse l’unico interessere, ma non è cosa da poco, è come gli extracomunitari vedano il rapporto con i paesi che li ospitano e che, secondo i casi, interpretano come ostili o amici. Rosa lavora come cameriera in bella casa della migliore borghesia: è dolce, molto amata dai suoi datori di lavoro. Jose’ Maria è muratore valido ma rissoso, riesce a farsi licenziare e a uccidere il suo ex capo. I due giovani sono innamoratissimi e, quando lui è costretto a nascondersi, lei gli rimane fedele anche perché è incinta di suo figlio. L’uomo si rifugia nella casa dove vive la ragazza, lei non lo sa e, involontariamente, ne provoca la morte. Il film è molto pretenzioso, fortemente sponsorizzato dai distributori e dovrebbe sbarcare a breve in Spagna, difficilmente arriverà in Italia.

La cameriera
La cameriera


La nana (La cameriera), per una strana coincidenza, è il terzo film che, dopo Rabia e La teta asustada, si occupa di cameriere e dei loro rapporti con i datori di lavoro. Prodotto da Cile e Messico, è diretto con mano lieve ma non sempre felice dal cileno Sebastian Silva. Racconta di una quarantunenne che da ventitré anni è cameriera nella stessa casa, ha visto crescere i figli, è benvoluta da tutti ma non vuole aiuto, soprattutto perché teme di perdere il suo ruolo di persona quasi di famiglia. Le impongono un paio di aiutanti, ma riesce a metterle in fuga. Quando giunge una terza, più emancipata e umana, diventano amiche e inseparabili, ma sarà proprio la più giovane a voler andarsene lasciando sola l’altra che da lei, però, ha imparato a vivere. Il film è bene interpretato Da Catalina Saavedra e Claudia Celedonma, pecca in molte ingenuità sia nella sceneggiatura sia nella regia.