31° Festival Internacional del Nuevo Cine Latinoamericano 2009

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31° Festival Internacional del Nuevo Cine Latinoamericano 2009
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I premi
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Sito del festival:http://www.habanafilmfestival.com/

31mo Festival Internacional del Nuevo Cine Latinoamericano.

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Si svolgerà a L’'Avana dal 3 al 13 dicembre la 31esima edizione del  Festival internacional del nuevo cine Latinoamericano. E’ uno degli appuntamenti più importanti quale vetrina molto dettagliata di quanto si produca, come idee e immagini, in America Latina e nei Caraibi. Come sempre, il direttore è il mitico Alfredo Guevara, presidente del Instituto Cubano del Arte y la Industria Cinematográficos. Il cartellone è ricchissimo. La selezione ufficiale del Festival è composta di 109 film, di cui 104 in concorso per i premi Coral nelle categorie del lungometraggio (20), dell’opera prima (21), corti (15), documentari (24) e di animazione (24). Altri cinque titoli saranno presentati nella sezione Fuori Concorso, di cui tre sono lungometraggi e due documentari. Sono rappresentati quasi tutti i paesi del latino america, con film dal Brasile (23), Argentina (21), Messico (20), Cile e Cuba (9 ciascuna), Perù (7), Colombia, Uruguay e Venezuela (4 film per paese). Saranno presenti anche Nicaragua, Puerto Rico, Paraguay, Bolivia, Sud Africa, Canada, Gran Bretagna e Spagna, che proporranno un titolo ciascuno.

Inoltre, un numero considerevole di titoli prodotti in America Latina saranno proposti in un folto numero di sezioni parallele del Festival.

AMERICA LATINA IN PROSPETTIVA

- Panoramica LATINAMERICANA: Una valida selezione di film di fiction latino-americani per avere un più completo quadro con titoli che non hanno trovato posto nella competizione.

- Corti: vasta selezione di cortometraggi che funge da estensione e complemento della selezione ufficiale in concorso.

- Documentario: un completo panorama degli eventi latino-americani, come solo il linguaggio del documentario è in grado di proporre.

- Made in Cuba: registi cubani e stranieri, si affacciano alla realtà del paese; un mosaico di sguardi che aiuta ad alimentare un dibattito sulla vita cubana.

Mentre le rassegne fino ad ora citate rappresentano un’appendice alla sezione dei film in concorso che non hanno trovato posto tra i 109 film selezionati, vi sono altre rassegne in cui sono stati inseriti titoli di buon interesse ma che non erano stati considerati nel novero dei papabili al premio Coral.

- Rassegna internazionale contemporanea: Include i titoli più importanti e rappresentativi dell’attuale cinematografia dell’America Latina.

- Panorama documentari: offre un ampio spazio che vuole attestare la qualità crescente, la diversità e la presenza raggiunta nel mondo contemporaneo dal documentario.

- Forum internazionale sui bambini e il loro universo audiovisivo: comprende il seminario sul tema per quanto riguarda i paesi latino-americani e il “Bambino Mostra Internazionale di tutte le età”, dedicata ai film per bambini e adolescenti, Scribble, il cui premio è assegnato da una giuria di ragazzini.

Vi sarà anche una mostra dedicata alla cinematografia nazionale, il cinema di oggi e di produzione attuale, le scuole e altre istituzioni.

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Il settore industria prevede un programma di attività destinate a operatori nella realizzazione, produzione cinematografica e la distribuzione, che include workshop di sceneggiatura, seminari, progetti e dei mercati. Non mancheranno retrospettive dedicate a registi, omaggi dedicati a personalità del cinema e della cultura, presentazioni speciali di opere che per vari motivi hanno particolare rilevanza per il Festival, spazi aperti per la discussione di argomenti riguardanti il cinema e alla cultura, presentazioni di libri e riviste, mostre e concerti. I premi Coral assegnati da una giuria internazionale a opere che sono in cartellone nella selezione ufficiale: ai tre migliori lungometraggi, al medio o cortometraggio, a un lungometraggio realizzato sull’America Latina da un autore straniero, al migliore regista, sceneggiatore, direttore della fotografia, interprete maschile e femminile, scenografia, musiche originali, montaggio e suono.Da altre giurie saranno scelti i tre film opera prima e il miglior contributo artistico, i tre migliori documentari, il miglior documentario di un regista non latinoamericano sull'America Latina, i tre migliori film d'animazione, migliore sceneggiatura, miglior poster. Le giurie possono concedere un premio speciale nelle categorie fiction, documentari e animazione per quelle opere di eccezionale valore artistico e grande significato.Il premio del pubblico Coral sarà assegnato al miglior film scelto dal voto popolare. A questo premio concorrono anche i film della sezione Panorama Latinoamericano.Da ricordare anche il Premio de Postproducción del ALBA Cultural Latinoamérica Primera Copia.


L'ultima estate a La boyita
L'ultima estate a La boyita

Oltre a questi premi, saranno assegnati i seguenti riconoscimenti internazionali.

- FIPRESCI, Federazione Internazionale della Critica Cinematografica (FIPRESCI)

- SIGNIS, Associazione Cattolica Mondiale per la Comunicazione

- UNICEF, Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia (UNICEF)

- Distribuzione in America Latina, assegnato da Amazzonia Films

- TeleSUR per la nuova televisione del Sud

Inoltre, un gruppo d’istituzioni cubane e straniere assegnerà  premi cui potranno concorrere i film della sezione ufficiale, Panorama Latinoamericano, La Hora del Corto, documentario e Made in Cuba.

Il canto di Paloma
Il canto di Paloma

 

Ecco l’elenco dei lungometraggi in concorso:

- El último verano de La Boyita  (L’ultima estate a La Boyita) Argentina – Regia Julia Solomonoff.

- Francia (Francia) - Argentina – Regia Israel Adrián Caetano.

- La invención de la carne (L’invenzione della carne)  - Argentina – Regia Santiago Loza.

- El secreto de sus ojos (Il segreto dei suoi occhi) - Argentina, Spagna – Regia Juan José Campanella.

- El niño pez (Il bambino pesce) - Argentina, Spagna, Francia – Regia Lucía Puenzo.

- Zona Sur (Zona Sud)- Bolivia – Regia Juan Carlos Valdivia Flores.

- À deriva (A la deriva) (Alla deriva) - Brasile – Regia Heitor Dhalia.

- Hotel Atlântico (Hotel Atlantico)– Brasile – Regia Suzana Amaral.

- Viajo porque preciso, volto porque te amo (Viaggio perché ne ho bisogno, torno perché ti amo) – Brasile – Regia Marcelo Gómes, Karim Aïnouz.

- Navidad (Natale) - Cile, Francia – Regia Sebastián Lelio.

- La Nana (La cameriera) - Cile, Messico – Regia Sebastián Silva.

- Los viajes del viento (I viaggi del vento) - Colombia, Germania, Argentina,  Olanda – Regia Ciro Guerra.

Dawson, isola 10
Dawson, isola 10

- Rabia (Rabbia) - Colombia, Spagna – Regia Sebastián Cordero.

- El premio flaco (Un modesto premio) - Cuba – Regia Juan Carlos Cremata Malberti, Iraida Malberti.

- Lisanka - Cuba – Regia Daniel Díaz Torres.

- Backyard (El traspatio) (Il cortile)– Messico – Regia Carlos Carrera González.

- Viaje redondo (Viaggio di ritorno) – Messico – Regia Gerardo Tort.

- La teta asustada (Il seno spaventato) - Perú, Spagna – Regia Claudia Llosa.

- Hiroshima (Hiroshima) - Uruguay, Colombia, Argentina, Spagna – Regia Pablo Stoll Ward

- Un lugar lejano (Un luogo lontano) - Venezuela, Argentina, Spagna – Regia José Ramón Nóvoa.

Tre sono i lungometraggi presentati fuori concorso:

- Dawson, Isla 10 (Dawson, Isola 10) - Cile, Brasile, Venezuela – Regia Miguel Littin.

- La Anunciación (La Annunciazione) - Cuba – Regia Enrique Pineda Barnet.

- Zamora (Zamora) - Venezuela – Regia Román Chalbaud.

 

 
Il segreto dei suoi occhi
Il segreto dei suoi occhi
 

Ieri sera inaugurazione della trentunesima edizione del Festival Internacional del Nuevo Cine Latinoamaricano a L’Avana presso l’enorme teatro Karl Marx con un lungo e intenso discorso introduttivo di Alfredo Guevara, l’uomo che ha voluto intensamente questa manifestazione che presiede dalla prima edizione. Ma non solo, Guevara è il cinema a Cuba, ha saputo in cinquant’anni creare un punto di riferimento per il cinema latinoamericano, non necessariamente politico. Tra i temi trattati, l’esigenza sempre più forte di una Cuba quale punto di riferimento per paesi che hanno bisogno dell’esperienza di un paese nato dalla rivoluzione. Il titolo scelto per l’inaugurazione è un film ispano-argentino di Juan Jose’ Campanella, autore tra l’altro de El hijo de la novia (Il figlio della sposa) vincitore del Premio del pubblico del Festival de L’Avana in una passata edizione ed è stato anche candidato all’Oscar. Film in concorso, El secreto de sus ojos (Il segreto dei suoi occhi) è film complesso, con molti sottofinali che rischiano, oltre che a creare attesa, di disorientare lo spettatore; oltretutto, quello scelto per finire la vicenda è anche, probabilmente, il meno convincente. Racconta di un collaboratore del Tribunale cui competevano iniziali indagini sui vari casi trattati da un giudice. E’ appena andato in pensione e in lui scaturisce il desiderio di raccontare (e, forse, di tentare di risolvere), un caso di omicidio di bella ragazza. Propone il manoscritto a una bella giudice di cui era collaboratore ma anche grande innamorato. Con la scusa di questo caso, s’incontrano varie volte e lui troverà anche il coraggio di dichiararsi. Ben diretto dal regista argentino, ottimante interpretato da Ricardo Darin, Soledad Villamil e Pablo Rago, al film, pesa l’eccessiva lunghezza e una sceneggiatura che, insiste troppo nel volere essere imprevedibile per poi esserlo effettivamente.

Zona sud
Zona sud

Molto interesse ha destato anche il film boliviano Zona Sur (Zona Sud), soprattutto per la scarsa produzione cinematografica di quel paese e per i pochissimi titoli la mancanza in Italia, e non solo, della conoscenza di questa cinematografia. Il film è diretto dal figliol prodigo Juan Carlos Valdivia Flores che, dopo avere studiato negli Stati Uniti e avere lavorato vari anni in Messico nella pubblicità e nella televisione, è tornato in Bolivia dove si occupa di una vasta gamma di progetti audiovisivi con la sua casa di produzione Cinenomada. La vicenda è ambientata a La Paz, in una casa dell’alta borghesia in cui risiede madre, figlia lésbica, figlio con fidanzata convivente e figlio piccolo grande sognatore; oltre a loro, il cameriere tuttofare Wilson e Marcelina, di chiare origine indios. La madre mantiene le apparenze ma ha gravi problema finanziari che cerca di nascondere a tutti, ma le mancano i soldi anche per pagare il mangiare e i domestici. La chiave di lettura di un film spesso prolisso nella descrizione della quotidianità è negli ultimi dieci minuti. Brava Ninon Del Castillo come madre capofamiglia ma ancora più di lei Pascual Loayza che sa trasfondere l’orgoglio dei nativi anche attraverso il suo umile lavoro.

Il ragazzo pesce
Il ragazzo pesce

Il film argentino El Niño Pez (Il bimbo pesce) di Lucia Puenzo, (vincitrice della Settimana della critica a Cannes con il discusso e discutibile XXY), non abbandona i temi torbidi del titolo precedente e, anzi, al rapporto sessuale tra le due protagoniste si aggiungono altri temi forti, come cani da combattimento, omicidi, violenze. Il risultato finale è sconcertante, incapace seppure per un momento di avere attendibilità. Interpretato dalla bella cantante Emme, presente al Festival come protagonista anche di un interessante dibattito su musica e cinema in Argentina, e dall’acerba Ines Efron, racconta del rapporto di amore e di assoluta amicizia tra due giovanissime sullo sfondo del più esclusivo quartiere di Buenos Aires. Lola è la figlia dei padroni di casa, Guayi la meticcia paraguaiana che lavora da loro. Hanno il sogno di potere costruire il loro nido d’amore in Paraguay, sulle rive di un lago magico in cui si dice, nuoti un bambino pesce. Per ottenere il denaro rubano e fanno altre cose proibite. Ma il destino non è dalla loro parte.

Natale
Natale

Il film cileno Navidad (Natale) è diretto dal giovanissimo Sebastian Lelio, presente nell’edizione precedente con la sua opera prima, La Sagrada Familia (La Sacra Famiglia). E’ opera minimale, a tratti molto interessante, dei rapporti fra tre giovani che, per vari versi, trascorrono assieme il Natale, lontano dalle famiglie che non hanno o non riconoscono. La più grande ha convinto un giovane amico a seguirla in questo giorno particolare che trascorrono nella casa del padre della ragazza, morto tempo prima. Lei, forse, è lesbica e non riesce ad accettare questa sua realtà. Il ragazzo è in situazione conflittuale con la famiglia e, di fatto, è scappato da casa. Lei cerca di portarlo nei giochi dell’amore, lui è reticente. Alla fine sta per convincerlo ma scoprono nella serra una ragazzina diabetica in grave crisi ipoglicemica. La aiutano, scoprono i suoi drammi, la ricerca di un padre mai conosciuto, il suo desiderio di non prendere atto di una realtà che è evidentemente differente a quella che lei vorrebbe. Nasce un triangolo prima d’amicizia e poi affettivo che aiuta la più adulta ad accettare di essere innamorata di ragazza argentina che raggiungerà a Mendoza. Un film bello ma non compiuto che dice molte cose ma non le spiega. Comunque, è titolo interessante di un autore che è da seguire con attenzione.


Un magro premio
Un magro premio

Per permettere ai giurati di giudicare con calma i vari film in programmazione nella sezione ufficiale, il Festival ha deciso di proporre nei primi giorni moltissimi titoli in competizione. Così facendo, si avrà più tempo per definire il vincitore. E’ una politica funzionale ma che, in questi giorni, permette di vedere solo i titoli che ci interessano come giurati. El premio flaco (Un magro premio) è il primo film cubano in concorso ed è stato accolto con entusiasmo dal pubblico che ama profondamente l’estroso regista Juan Carlos Cremata Ribeiro, uno degli autori che ha meglio capito l’anima popolare di questo paese. Il suo film non è certo da Festival, ma riesce a coinvolgere emotivamente lo spettatore con le tante risate e il finale drammatico. La storia è ambientata nel 1958, in una zona molto povera de L’Avana. Illuminata e il marito provengono dal mondo del circo, lei era un clown musicista, lui un forzuto. Ora, per vivere, lei è autista di bus e lui la aspetta a casa. Tutti i vicini sono amici e poveri come loro. Un bel giorno, con il concorso a premi di una marca di saponi, vince una casa che decide di fare costruire in campagna. Dona quello che ha a quelli che glielo chiedono, arriva la sua più grande amica, vedova con quattro figli e senza casa, e lei condivide la sua casetta in attesa che l’altra sia costruita. Finalmente tutto è pronto, lascia la catapecchia agli amici ma, dopo tre mesi, la sua nuova casa viene bombardata, e… Interpretata con grande umanità e bravura da Rosa Vasconcelos, la vicenda ha una sceneggiatura troppo spesso furbesca che male si addice a un tema drammaticamente interessante.

Hotel Atlantico
Hotel Atlantico



Hotel Atlantico (Hotel Atlantico) èopera sconcertante e convenzionale che ha deluso un po’ tutti, compreso il pubblico di Toronto, festival in cui era stato presentato in precedenza. Eppure la regista brasiliana Suzana Amaral ha realizzato A hora da estrella (Un’ora da protagonista, 1985) che aveva vinto l’Orso d’argento per la migliore attrice al Festival di Berlino 1986. Qui cerca troppo l’onirico e crea grande confusione, con un finale a dire poco ovvio e fastidioso. Un attore disoccupato inizia un viaggio senza meta in cui si scontra con varie assurde situazioni: il sagrestano che si vanta dei suoi amori con suore a Roma, la moglie grassa che gli si concede, lui che vestito da prete dà l’estrema unzione a una vecchietta, viene quasi ammazzato e un medico che concorre a essere sindaco gli amputa una gamba per ottenere gloria, mentre la figlia gli si concede nella cappella dell’ospedale. Incontra altre persone assurde e alla fine, si scopre che nulla è vero, è solo un incubo. Julio Andrade non è in grado di affrontare un personaggio di questo peso, gli altri recitano peggio.

Il canto di Paloma
Il canto di Paloma

Il canto di Paloma (La teta asustada), già uscito anche in Italia, contrariamente a quello che si potrebbe pensare (e in cui molti spettatori speravano) non è un film erotico: il titolo si riferisce a una malattia, non riconosciuta dalla medicina ufficiale, che è considerata come causata dal latte materno delle donne che erano state violéntate o maltrattate durante la guerra contro il terrorismo in Perù. La guerra è terminata, ma Fausta vive nel terrore lasciatole da quella grave malattia. La morte della madre la costringe ad affrontare le sue paure. Intenso film diretto dalla peruviana Claudia Lllosa Bueno, racconta del Perù degli Indios, della difficoltà di inserirsi nella società cittadina, delle paure legate all’incapacità’ di adeguarsi a una civiltà troppo diversa da quella della campagna. La brava Magaly Soler dona rara intensità al film, gli altri sono stati scelti con attenzione per donare grande attendibilità anche ai personaggi minori.

La rabbia
La rabbia

Rabia (Rabbia) è un curioso film colombiano diretto dall’ecuadoriano Sebastiano Cordero e ambientato in Spagna. Forse l’unico interessere, ma non è cosa da poco, è come gli extracomunitari vedano il rapporto con i paesi che li ospitano e che, secondo i casi, interpretano come ostili o amici. Rosa lavora come cameriera in bella casa della migliore borghesia: è dolce, molto amata dai suoi datori di lavoro. Jose’ Maria è muratore valido ma rissoso, riesce a farsi licenziare e a uccidere il suo ex capo. I due giovani sono innamoratissimi e, quando lui è costretto a nascondersi, lei gli rimane fedele anche perché è incinta di suo figlio. L’uomo si rifugia nella casa dove vive la ragazza, lei non lo sa e, involontariamente, ne provoca la morte. Il film è molto pretenzioso, fortemente sponsorizzato dai distributori e dovrebbe sbarcare a breve in Spagna, difficilmente arriverà in Italia.

La cameriera
La cameriera


La nana (La cameriera), per una strana coincidenza, è il terzo film che, dopo Rabia e La teta asustada, si occupa di cameriere e dei loro rapporti con i datori di lavoro. Prodotto da Cile e Messico, è diretto con mano lieve ma non sempre felice dal cileno Sebastian Silva. Racconta di una quarantunenne che da ventitré anni è cameriera nella stessa casa, ha visto crescere i figli, è benvoluta da tutti ma non vuole aiuto, soprattutto perché teme di perdere il suo ruolo di persona quasi di famiglia. Le impongono un paio di aiutanti, ma riesce a metterle in fuga. Quando giunge una terza, più emancipata e umana, diventano amiche e inseparabili, ma sarà proprio la più giovane a voler andarsene lasciando sola l’altra che da lei, però, ha imparato a vivere. Il film è bene interpretato Da Catalina Saavedra e Claudia Celedonma, pecca in molte ingenuità sia nella sceneggiatura sia nella regia.


Ernesto Che Guevara
Ernesto Che Guevara

 

Molta attesa per la presentazione del documentario Che, un hombre nuevo (Che, un uomo nuovo) realizzato in quattordici anni di lavoro, di cui dieci in giro per tutto il sud e centro America, dal regista argentino Tristán Bauer. Alfredo Guevara l’ha definito come unico film in grado di raccontare la vera storia del Che, non fatta solo di guerriglia ma di studio, d’impegno sociale e di grande lavoro politico a livello internazionale per ottenere il riconoscimento del governo di Fidel Castro. Storico è rimasto il suo intervento alle Nazioni Unite, assolutamente da non dimenticare la sua capacità di mediatore che gli permise di ottenere collaborazione commerciale da paesi non sempre amici tra loro. Alfredo Guevara non ha nulla in contrario verso i film realizzati in precedenza, infatti, dice; Che era un personaggio pubblico, un mito e ognuno dei cineasti ne hanno colto un aspetto interessante, non necessariamente il suo tratto vitale. Anche Steven Soderbergh è stato bravo nonostante molte cose non le abbia dette, Diarios de motocicleta (I diari della motocicletta) ha seguito il viaggio del Che del 1952 in moto, ma qui il Che è lui, in ogni fotogramma, con la sua voce, con la sua scrittura, con le sue immagini e documenti inediti. Nel film si vede il Che bambino, in brani incredibilmente ben conservati, la sua passione per il rugby e tanti altri sport, la sua voglia di conoscere meglio il subcontinente latinoamericano attraverso un viaggio di quattromila chilometri in bicicletta, raccontati con minuziosità e grande poesia nei suoi quaderni, i due viaggi in motocicletta, il primo quando era studente di medicina e il secondo quando già era medico, il suo desiderio di essere utile ai deboli, di far scaturire nelle persone l’ideale di libertà.

Mnifesto con l'immagine del Che
Mnifesto con l'immagine del Che

Non è mai un film agiografico, ma un semplice racconto in cui progressivamente impariamo a conoscere un personaggio che a soli trent’anni era un mito. Ernesto Guevara è stato una delle figure cui si sono più ispirati i documentaristi latinoamericani degli ultimi trent'anni e autori di fiction come, appunto, il brasiliano Walter Salles e Steven Soderbergh. Difficile trovare una nuova chiave di lettura per quest’uomo dall’eclettica personalità ma Tristán Bauer grazie all’aiuto un po’ di tutta l’America Latina (il film è coprodotto da Cuba) è riuscito a creare il documentario definitivo di Ernesto Guevara de la Serna (questo secondo la Cuba che conta). Splendide le registrazioni della sua voce quando racconta delle sue idee, quando invia frasi molto affettuose ai quattro figli avuti dalla moglie e compagna di lotta Hilda Gadea, l’ultima visita fatta a loro sotto mentite spoglie (era ricercato da troppi governi) come amico di famiglia, la sua delusione del mancato coinvolgimento del popolo boliviano in quella che lui riteneva l’iniziale e più importante rivoluzione per riuscire a svegliare l’America Latina dalla sua atavica apatia. Il regista Tristán Bauer ha lavorato come fotografo per Miguel Littin ed Estela Bravo, come autore di cortometraggi e programmi per la televisione, ha fondato il gruppo Testimonianza film (che mira a definire l'immagine reale del paese attraverso il film) fino a quando non si è avventurato nella fiction nel 1990 con Después de la tormenta (Dopo la tempesta), ritratto di una famiglia della classe borghese soffocata dalla crisi economica.

Guevara  nel 1950 durante uno dei suoi lunghi giri in bicicletta
Guevara nel 1950 durante uno dei suoi lunghi giri in bicicletta

E’ poi tornato a occuparsi di documentario nel 1999, tra verismo e fiction con Los libros y la noche (I libri e la notte) in cui ha creato un documentario con tratto poetico in cui mostra schizzi biografici e il lavoro di uno fra i maggiori scrittori di lingua spagnola: Jorge Luis Borges. Si è occupato anche di Evita Peron e di temi pacifisti.Tristán Bauer è giunto al documentario su Che Guevara con un sottile senso di osservazione e tracciando il percorso di un uomo anche nei momenti in cui è stato in conflitto con se stesso. Sembrava ormai impossibile trovare qualche passo sconosciuto o inediti nella biografia di Guevara ma questo cineasta c’e’ riuscito illustrando l'essere umano al di là del personaggio epico: il tenero bambino con la famiglia, il poeta e narratore, ottimo fotografo. Il documentario racconta benissimo il Che come uomo nuovo, nella sua tranquilla e intima vita familiare, nei momenti di dubbio, di paura, di gioia, di speranza. Particolarmente indovinata la scelta di usare una voce narrante possente, che mai lascia trasparire emozioni legate a ciò che racconta.

La salma del Che
La salma del Che

Il regista è impegnato a non tradire mai la fedeltà alla verità e alla coerenza politica, non si limita a raccontare l’eroe ma, appunto, l’uomo nuovo.Per la prima volta sono stati concessi gli archivi segreti del governo boliviano (emozionanti potere leggere dal vivo quaderni mai visti fino ad ora). Si parla anche di Viet Nam, dei rapporti impossibili con gli statunitensi, dei bombardamenti, del tentativo di sovvertire la politica e l’economia cubana distruggendone le industrie. Indipendentemente dal valore di quanto racconta, il film di Tristán Bauer è anche un’opera piacevole, cinematograficamente ben costruita, capace di interessare anche a chi poco sa o poco interessa la figura di Ernesto Guevara de la Serna, conosciuto con il suo nome di combattimento, il Che.


La Calle 23
La Calle 23

Con incredibili code per assistere ai vari film con cinema che registrano il tutto esaurito, il 31° Festival Internacional del Nuevo Cine Latinoamericano prosegue la proposta dei suoi oltre 400 titoli di cui più di 100 in concorso nelle varie sezioni. Il cinema a Cuba è molto amato ma raramente, escluso i film di produzione nazionale, possono essere visti in trentacinque millimetri per il costo dei trasporti. Ragione per cui i cinefili non si lascia sfuggire questa rara occasione per potere finalmente visionare nelle migliori condizioni pellicole di buon interesse. Anche se, escluso il periodo del Festival, la maggior parte dei titoli proposti sono statunitensi e in DVD, perché con i rapporti inesistenti tra i due paesi, Cuba non riconosce a loro le royalty. Il costo del biglietto è di due pesos nazionali, circa 6 centesimi di euro. Nonostante questo, soprattutto i locali sulla calle 23, sono più che decorosi tutti dotato di Dolby. Il progetto dei cinema di questa via è gestito dall'ICAIC, l’istituto del cinema cubano. E’ bello vedere questa importante arteria in cui si alternano sale da proiezione con teatri, bar e ristoranti con nomi legati al cinema (ci sono anche Nata y chocolate, Cinecittà, Chaplin). Sorprende soprattuto il 23 y 12, un cinema da 500 posti fatto a misura dei bambini (i sedili hanno un sistema che include un rialzo per fare vedere meglio la proiezione ai più piccoli) in cui pareti, ingresso, persino i bagni sono allegri e pensati per il pubblico dei ragazzini.

Francia
Francia

Tornando al concorso, è stato presentato Francia (Francia) del regista uruguaiano Israel Adrián Caetano, già selezionato per Venezia e San Sebastian, dove ha ottenuto una menzione in Horizontes Latinos (Orizzonti latini), ha avuto differenti riscontri da parte del pubblico, con poco entusiasmo da parte della critica. E’ previsto che sia proposto anche in Italia, dopo l’uscita ufficiale in Argentina che sarà all’inizio del prossimo anno. E’ una storia dei nostri giorni, con la separazione di una copia con una bimba di un anno e, a causa della crisi economica, il ritorno del padre come affittuario di parte della casa della moglie. La situazione ricorda l’italiano Separati in casa di Riccardo Pazzaglia che nel 1986 aveva già previsto questo tipo di possibilità. Francia racconta di questa bambina ormai dodicenne che rifiuta il suo nome, si mette le cuffie per non sentire i litigi dei genitori, vive in un mondo suo che le permette di sopravvivere a tutto e tutti. La sceneggiatura spesso non è in grado di giustificare situazioni narrative che appaiono poco connesse tra loro.

Il cortile
Il cortile

El traspatio (Il cortile) è un film messicano duro, che racconta di violenza alle donne e il poco interesse che questa situazione solleva non solo nell’opinione pubblica ma anche nell’impegno da parte delle autorità politiche come lo stesso Governatore dello stato. Autore è un noto regista indipendente del nuovo cinema messicano, Carlos Carrera, e questo suo film è stato già presentato a Toronto con discreto successo. E’ la storia di una poliziotta che giunta dalla capitale a Ciudad Juárez, una cittadina in cui ci sono troppe uccisioni di giovani donne, combatte contro tutto e tutti per riuscire a imporre la giustizia, rischiando in proprio agendo non sempre come vorrebbero i suoi superiori. La sua vicenda è legata a quella di una ragazza di 17 anni che giunge da Tabasco per lavorare in fabbrica e in tre mesi si trasforma in donna emancipata, convinta di potere vivere senza problema la propria vita da adulta; ma così non sarà. Il regista sembra inizialmente volersi occupare più del sociale, raccontando della vita disagiata di questi emigranti che abbandonano la tranquillità dei propri paesini per affrontare una vita molto differente. Ben presto, varia il timbro narrativo e il film diventa d’azione perdendo gran parte del suo interesse. Bravissime le due protagonista, Ana de la Reguera e Asur Zágada.

Alla deriva
Alla deriva

À deriva (Alla deriva) è un film brasiliano del giovane regista Heitor Dhalia selezionato anche dal festival di Cannes per Un Certain Regard. Poco originale il tema trattato, attori spesso poco convinti dei loro personaggi, fondamentalmente un prodotto deludente che, se diretto con maggior vigore, poteva essere quantomeno interesante. Mentre trascorre le vacanze estive con la famiglia a Búzios, Filipa, una ragazzina di 14 anni, scopre con grande dolore il mondo adulto e tutte le sue contraddizioni, mentre si trasforma lei stessa in donna. Quando scopre che l’adorato padre, famoso scrittore, tradisce la madre con una bella statunitense, le crolla il mondo addosso, ma non è questo il peggio: la madre decide di abbandonare il marito, ma non solo lui, anche i figli. La ragione vera è che è innamorata di un uomo di dieci anni più giovane di lei e accetta di abbandonare tutto per questo, forse, impossibile amore. Con i toni più da melodramma che non da dramma, con la sensazione di assistere più a una telenovela che a un film, ogni cosa si stempera nella noia più completa.


Un posto lontano
Un posto lontano

Con sempre maggiore interesse da parte del pubblico cubano, che richiede l’intervento della polizia per riuscire a meglio regolare l’ingresso nei cinema, il Festival prosegue la sua lunga strada che comprende la proposta di opere sia mediocri sia di buon interesse. Un lugar lejano (Un posto lontano) è una coproduzione venezuelano – argentino - spagnola diretta dal venezuelano José Ramón Nóvoa. E’ un film realizzato con buon budget che gioca tra l’onirico e la realtà senza mai riuscire realmente a trovare una sua originale line narrativa. Julián, è un famoso fotografo che è arrivato ai quarant’anni stanco, disilluso, malato (ha un cancro) e abbandonato dalla sua donna. Fa mostre molto apprezzate, vive in una casa di lusso, è ricco ma non felice. In un sogno ha visto un treno a vapore in mezzo alla neve e sogna di fotografarlo ma non sa dove sia e se esista realmente. Incarica il suo assistente che pensa possa essere in Manciuria. Parte da solo, senza preoccuparsi delle proprie condizioni di salute, e rimane bloccato in mezzo alla neve con il suo camioncino. Si risveglia in una casa di legno ben riscaldata, avendo a fianco una bella ragazza che lo accudisce. Tra i due nasce l’amore e lei lo aiuterà a trovare quel famoso treno che, finalmente, potrà fotografare. È ritrovato in mezzo alla neve da una spedizione di soccorso, in ospedale scoprono che non ha più il tumore, ma sembra che la ragazza non esista. Bellissimi gli sfondi, un po’ ridicola e mal scritta la sceneggiatura.

L’invenzione della carne
L’invenzione della carne

La invención de la carne (L’invenzione della carne) è stato presentato al Festival di Locarno ed è previsto, non sappiamo quando (si dice novembre 2010) anche in Italia. E’ un film difficile, a tratti sconcertante, spesso fastidioso, sovente noioso, quasi mai interessante. Diretto dall’argentino Santiago Loza, è il classico esempio di come un’opera pretenziosa rischi di deludere tutti, pubblico e critica. Una donna non giovanissima lavora alla Facoltà di Medicina offrendo alla visione degli studenti il suo nudo corpo come esempio reale dell’anatomia umana. Uno dei giovani allievi, ossessionato da lei e dal suo corpo, la cerca per poterla conoscere meglio. La segue, s’incontrano, iniziano a conoscersi, forse tra loro nasce amicizia o complicità. La invita a fare con lui un lungo viaggio in auto, lei accetta pur non sapendo cosa la attende. Il finale è quanto di più assurdo si possa immaginare. Il film vorrebbe raccontare di una relazione profonda tra persone che non si conoscono, che decidono di unire le proprie solitudini. Li unisce un dialogo minimo, i gesti, il mistero, un rapporto che difficilmente potrà durare ma che li fa sentire importante l’uno per l’altro. Nei difficilissimi, diremmo impossibili, personaggi dei protagonisti gli sconcertati Umbra Colombo e Diego Benedetto.

Viaggio circolare
Viaggio circolare

Viaje redondo (Viaggiando circolare) del regista messicano Gerardo Tort poteva essere un film particolarmente interessante, in realtà, sembra quasi composto di due parti che poco hanno a che fare tra loro. Dopo un inizio più che promettente, la vicenda si trasforma in torrida storia d’amore lésbica per poi tristemente tornare nella convenzionale e trita normalità del lieto fine. Due giovani s’incontrano casualmente in una stazione di servizio: una è un’artista off che costruisce con la sua Polaroid immagini che poi monta secondo il suo estro, l’altra una visagista di Acapulco che col bus affronta un lungo viaggio per raggiungere il fidanzato. La giovane non sale in tempo sulla corriera e l’altra, impietosita, le propone di accompagnarla. Così inizia un lungo viaggio, non privo di inconvenienti, che fa vivere a loro esperienze di vario tipo. In realtà l’artista vuole arrivare dal suo ragazzo che non vede e non sente da anni sperando che l’abbia attesa, mentre l’altra vuole fare una sorpresa al suo lui che non sa del suo arrivo sperando che la abbia attesa e la voglia sposare. Una notte in motel tra le due nasce un gioco erotico, dipingendosi reciprocamente il corpo, e da qui inizia l’escalation verso una conoscenza più approfondita della loro sessualità concedendosi l’una all’altra senza ritegno. Interpretato con coraggio ma non con grande bravura da Cassandra Ciangherotti e Teresa Ruiz, il film sconcerta, delude, dall’impressione che nella seconda parte abbia pensato un po’ troppo a soddisfare il piacere del pubblico. Così facendo, delude il cinéfilo e poco accontenta gli appassionati di un cinema dai nudi espliciti.

I viaggi del vento
I viaggi del vento

Los viajes del viento (I viaggi del vento) è diretto dal giovanissimo regista colombiano Ciro Guerra, autore che dimostra grande bravura e un bellissimo senso della poesia. Coprodotto da Colombia, Olanda, Argentina e Germania, è stato selezionato a Cannes per la sezione Un certain regard ottenendo buon riscontro dalla critica. E’ un viaggio dell’anima attraverso desolate lande colombiane, è la magia del nulla, dell’incontro tra sconosciuti che si trasforma in solidarietà, della volontà di un uomo di portare a compimento, anche rischiando la morte, un voto. Ignacio Carrillo per quasi tutta la vita ha girato il nord della Colombia, suonando musica e canzoni popolari con il suo inseparabile acordeon, strumento che, nelle sue mani, sembra emanazione di una forza sovrumana. Sposatosi e trasferitosi in una piccola città abbandona la vita nomade fino quando non muore la moglie e decide di intraprendere un lungo viaggio per riportare lo strumento al maestro che glie lo aveva affidato. Lungo il viaggio l'uomo conosce Fermín, un ragazzo che vuole intensamente imparare a suonare e a vivere l’esperienza da nomade. L‘anziano musicista cerca di dissuaderlo, ma sarà il destino a decidere per entrambi. Grande film, interpretato da attori non professionisti, girato in condizioni ambientali proibitive, raggiunge rari livelli di intensità emotiva, di poesia, di grande cinema. Il film dovrebbe arrivare in Italia ad aprile.


Viaggio perche’ ne ho bisogno, torno perche’ ti amo
Viaggio perche’ ne ho bisogno, torno perche’ ti amo

Il finale del Festival ha sicuramente proposto i titoli migliori o, quantomeno, più interessanti, offrendo un buon esempio di quello che il cinema latinoamericano è in grado di esprimere. Già in concorso alla 66ma Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia nella sezione Orizzonti, il film brasiliano Viajo porque preciso, volto porque te amo (Viaggio perche’ ne ho bisogno, torno perche’ ti amo) è opera molto interessante, piacevole, in grado di raccontare in maniera completa la vita di un uomo senza mai farlo vedere in volto. La sua voce è sufficiente per fare capire ogni cosa, le immagini viste attraverso ai suoi occhi, e non solo, ci aiutano a capire tutto di lui. E’ un giovane geologo che affronta un viaggio di un mese per disegnare il percorso di un canale indispensabile a irrigare terreni altrimenti destinati all’aridità’. I primi giorni, pedantemente, segna le sue rilevazioni scandendo il tempo che manca al suo ritorno a casa: scrive alla moglie botanica, si confida con lei, cerca disperatamente di avere un contatto umano. Ben presto si scopre che è stato abbandonato e che il suo dialogo è con se stesso, conscio che il suo è un viaggio decisivo. Vive le sensazioni positive di chi fruirà di quest’acqua, solidarizza con le persone che perderanno la casa per permettere la costruzione del canale. Perfetti i personaggi minori anche quando compaiono in pochi fotogrammi: gli incontri di una notte con prostitute in un motel finalmente accettabile che gli permette di dimenticare la tristezza di dove dorme normalmente, persone semplici che vivono serenamente una vita da disperati, le stazioni di servizio unico punto d’incontro, il nulla che nel Sertão brasiliano è vita. Ottimamente diretto a quattro mani da Marcelo Gomes e Karim Ainouz, è film di rara bellezza e poesia.

L’ultima estate a La Boyita
L’ultima estate a La Boyita

El último verano de La Boyita (L’ultima estate a La Boyita) è il bel film argentino diretto da Julia Solomonoff che riesce a raccontare con grande sensibilità il rapporto tra una bambina, figlia del proprietario della fattoria, e il figlio adolescente della famiglia che gestisce questo luogo magico. Jorgelina decide di passare le vacanze in campagna col padre medico, a La Boyita, mentre i fratelli sono al mare con la madre. Ha un rapporto speciale con l’uomo che ammira e adora, più suo amico e complice di genitore. Incontra il giovane Mario, grande appassionato di cavalli e ottimo cavallerizzo. Tra i due c’e’ amicizia vera, ma lui si comporta in maniera strana, ad esempio non volendo mai togliersi davanti a lei la camicia. Lei cerca di capire, intuisce che il ragazzo non sta bene (perde sangue dall’inguine) e chiede aiuto al padre che scopre quali sono gli incredibili problemi fisici di Mario, conosciuti ma mai ammessi dalla madre che insiste nella speranza che tutto possa tornare alla normalità. La bravura della regista, già assistente in I diari della motocicletta e la cui opera prima Hermanas (Sorelle) ha avuto buon successo di critica anche in Italia, è di non giudicare, di non volere mai inserire immagini che distolgano dalla bucolica serenità di un luogo dove tutto trascorre senza che nulla accada. Il film è previsto in uscita in Italia.

Hiroshima
Hiroshima

Hiroshima è sicuramente il film più interessante, non necessariamente il più bello, di questo Festival. Coproduzione di Uruguay, Colombia, Argentina e Spagna, è diretto con bravura e ironia dal regista uruguayano Pablo Stoll Ward che sceglie una forma narrativa assolutamente originale creando un musical senza parole, un film muto (anche quando abbaia il cane appare la scritta “guau, guau”) in cui le immagini hanno grandissima forza narrativa e sono in grado di fornire forti emozioni. Non siamo di fronte a un’opera pensata per pochi intellettuali, ma a un film spesso divertente, sempre interessante, che piace sia al pubblico sia agli addetti ai lavori. Juan è la voce solista in una band rock, ma parla pochissimo. Lavora di notte in una panetteria, ma di giorno sparisce. Lo seguiamo nel lungo percorso che lo porta al paese dove è nato, da cui manca da tempo, in cui il tempo si è fermato (lo invitano a giocare al pallone in una partita che dura da settimane e che ha il punteggio di 169 a 167, di cui mai forse ci sarà una fine), inizia a cucinare una grigliata con un amico e se ne dimentica, incontra una ragazza che forse è innamorata di lui. Arriva, resta poche ore e torna alla sua vita di sempre, senza che nessuno dimostri particolare interesse per la sua presenza o assenza. I realizzatori dicono sia tratta da una storia vera, sicuramente racconta di una vita possibile, di quell’invisibilità che molti subiscono per tutta la vita.

Lisanka
Lisanka

Grandissima attesa da parte del pubblico per Lisanka dell’acclamato regista cubano Daniel Díaz Torres, autore negli anni ’90 di uno dei film politicamente più scorretti di Cuba, Alicia en el pueblo de Maravillas (Alice nel paese delle meraviglie), una satira sul modo di vivere a Cuba che aveva avuto non pochi problemi con le autorità. Anche qui non mancano le prese di posizioni verso un mondo cubano imperfetto, con rivoluzionari non sempre eroi, gente di campagna non rispettata perche’ non combattente, i rapporti con i soldati russi non sempre idilliaci. Tutto è raccontato con grande allegria, bravura, in maniera popolare, cercando e trovando con facilità la risata da parte del pubblico. Nella Cuba del 1962 in un piccolo paese vicino a una base militare soviética, la vita trascorre abbastanza tranquillamente ma, ad esempio, sono legate le campane della Chiesa perche’ non gradite agli alleati. Lisanka è una bella ragazza che ama godersi la vita e che non si preoccupa di quello che possono dire i suoi compaesani. Guida un trattore rosa ed è amata da tre uomini, due cubani e un soviético che lottano senza esclusione di colpi per ottenere le sue grazie. A complicare tutto uno dei cubani è un rivoluzionario (anche se la dissenteria non gli ha mai permesso di combattere) e l’altro è un contadino. Scoppia la crisi dei missili e il paesino e i suoi abitanti diventeranno famosi in tutto il mondo. Non siamo di fronte ad un grande cinema, ma il modo di raccontare di Daniel Díaz Torres è piacevole e i suoi personaggi sono perfetti per la storia che ha scelto.


Dracula
Dracula

Molteplici sono state le manifestazioni collaterali, compresa una rassegna dedicata al cinema italiano, mostre, film con accompagnamento musicale dal vivo, incontri, spettacoli teatrali. Forse il più importante evento è stato la presentazione di Dracula (1932) di George Melford con l’accompagnamento musicale di Gary Lucas. Chitarrista e compositore statunitense di fama mondiale che, per l’occasione, ha composto un’interessante partitura che ha eseguito in maniera travolgente. Il film di Melford è la versione per l’America Latina del film diretto nel 1931 da Tod Browning che aveva come protagonista il mitico Bela Lugosi. Melford utilizzò gli stessi set e seguì la sceneggiatura originale, ma lo realizzò con attori di lingua spagnola (Carlo Villarias, Lupita Tovar) per permettere che questo classico dell’horror giungesse più comprensibile e gradito al pubblico latino. Questa era una delle tante strategie di Hollywood per traghettare senza eccessivi traumi il cinema dal muto al sonoro. Interessante la scelta dei titoli della sezione italiana, che racchiude sia opere di autori famosi (Bellocchio, Avati, Marco Risi) che film realizzati da autori meno noti ma non per questo meno validi.

Focaccia blues
Focaccia blues

Sei i titoli scelti: Cosmonauta di Susanna Nicchiarelli ha ottenuto enorme successo, anche perché molto interessava il rapporto tra comunisti italiani e Unione Sovietica. Tante risate liberatorie e moltissimi applausi. Focaccia blues, il docu film di Nico Cirasola, ha molto interessato per la scoperta di un’Italia, dove non sempre le multinazionali hanno il sopravvento. Il panettiere di Altamura che con la sua focaccia mette in crisi il McDonald ha entusiasmato. Alcuni spettatori ci hanno chiesto se fosse una storia vera e, avuta la conferma, hanno applaudito ancora di più. Fortapàsc di Marco Risi è piaciuto per il tema della libertà di stampa e dei suoi martiri. Giulia non esce la sera di Giuseppe Piccioni ha avuto particolare successo per l’interpretazione di Valeria Golino e Valerio Mastandrea. La scoperta del carcere solo notturno per i cubani suona come una novità e la cosa è stata commentata in maniera non sempre positiva. Gli amici del bar Margherita di Pupi Avati ha avuto un unanime grande riconoscimento: sembra una pellicola cubana. La scelta di Avati di raccontare la vita normale di un gruppo di persone assomiglia molto a certa commedia che piace moltissimo a Cuba. E’ stata richiesta una proiezione in più. Vincere di Marco Bellocchio, pur apprezzato, non ha entusiasmato il pubblico cubano. In cambio, è stato visto e commentato positivamente da molti giornalisti della stampa estera.

Fortapash
Fortapash

Le altre manifestazioni sono state le mostre del cinema tedesco (sei titoli), finlandese (sei titoli),  norvegese (sei titoli), polacco (otto titoli). A queste si sono aggiunte la rassegna sulle nuove tendenze del cinema francese (nove titoli che spaziavano da Agnes Varda a Chabrol, Truffaut e Godard), quella del cinema di animazione belga (otto corti), la retrospettiva della Cisa (Conservatorio Internazionale di Scienze Audiovisive) con sei titoli realizzati in Svizzera. Da non dimenticare le sezioni rivolte agli audiovisivi in Latinoamericana, la rassegna dedicata al cinema sperimentale nordamericano dal 1960 al 1970, con nove interessanti esempi di come il cinema fosse innovativo in quegli anni e la personale di Bruce Conner, con otto delle opere maggiormente rappresentative di questo grande innovatore.


Il canto di Paolma
Il canto di Paolma

I premi 

 

Lungometraggi

Primo premio:
Il canto di Paloma (La teta asustada - Perù, Spagna) di Claudia Llosa.
Secondo premio:
La Nana
(La cameriera) (Chile, Messico) di Sebastián Silva.
Terzo premio:
Viajo porque preciso, volto porque te amo
(Viaggio perché ne ho bisogno, torno perché ti amo) (Brasile) di Marcelo Gómes e Karim Aïnouz.
Premio speciale della giuria:
El secreto de sus ojos
(Il segreto dei suoi occhi) (Argentina, Spagna) di Juan José Campanella.
Miglior regia:
Juan José Campanella per El secreto de sus ojos (Il segreto dei suoi occhi) (Argentina, Spagna).
Miglior interprete femminile:
Catalina Saavedra per La Nana (La cameriera) (Chile, Messico) di Sebastián Silva.
Miglior interprete maschile:
Ricardo Darín per El secreto de sus ojos (Il segreto dei suoi occhi) (Argentina, Spagna).
Miglior sceneggiatura:
Sabine Berman per El traspatio (Il cortile) (Messico) di Carlos Carrera González.
Miglior fotografia;
Ricardo Della Rosa per À deriva (Alla deriva) di Heitor Dhalia.
Miglior direzione artistica:
Susana Torres e Patricia Bueno per Il canto di Paloma (La teta asustada - Perù, Spagna) di Claudia Llosa.
Miglior sonoro:
Ricardo Cruz e Waldir Xavier per Viajo porque preciso, volto porque te amo (Viaggio perché ne ho bisogno, torno perché ti amo) (Brasile) di Marcelo Gómes e Karim Aïnouz.
Miglior musica originale:
Federico Jusid per El secreto de sus ojos (Il segreto dei suoi occhi) (Argentina, Spagna).
Miglior montaggio:
Óscar Figueroa per El traspatio (Il cortile) (Messico) di Carlos Carrera González.

Sezione cortometraggi

Premio:
Para pedir perdón
(Per chiedere perdono) (Brasile) di Iberê Carvalho.
Menzione speciale:
Los minutos, las horas
(I minuti, le ore) (Brasile, Cuba) di Janaína Marques Ribeiro.

Sezione opere prime

Primo premio:
Huacho
(Chile, Francia, Germania) di Alejandro Fernández Almendras
Secondo premio:
Gigante (Uruguay, Germania, Argentina, Olanda) di Adrián Biniez
Terzo premio:
Cinco días sin Nora (Cinque giorni senza Nora) (Messico) di Mariana Chenillo
Premio speciale della giuria:
El vuelco del cangrejo
(Il capovolgimento del granchio) (Colombia, Francia) di Oscar Ruiz Navia
Menzione speciale:
La Yuma
(Nicaragua) di Florence Jaugey
Premio per il miglior contributo artistico:
Los famosos y los duendes de la muerte
(I famosi e i folletti della morta) (Brasile, Francia) di Esmir Filho.

Il premio magro
Il premio magro

 

Sezione documentari.

 
 
 
 

Primo premio:
La pérdida
(La perdita) (Argentina, Spagna) di Enrique Gabriel e Javier Angulo.
Secondo premio:
Garapa (Brasile) di José Padilha.
Terzo premio:
El General
(Il generale) (Messico, USA) di Natalia Almada.
Premio speciale della giuria:
Fragmentos rebelados (Frammenti ribelli) (Argentina) di David Blaustein.
Menzione speciale:
La marea
(Cuba) di Armando Capó Ramos
Premio miglio opere sull’America Latina diretta da un regista non latinoamericano
.
Hijos de Cuba (Figli di Cuba) (Gran Bretagna, Cuba) di Andrew Lang
Cinema d’animazione

Primo premio:
31 minutos, la película (31 minuti, la pellicole) (Chile) di Pedro Peirano e Álvaro Díaz.
Secondo premio:
Jaulas
(Gabbie) (Messico) di Juan José Medina
Terzo premio:
El niño que plantaba inverno
(Il bimbo che piantava inverni) (Brasile) di Victor-Hugo Borges.
Premio speciale della giuria:
20 años (20 anni) (Cuba) di Bárbaro Joel Ortiz.
Menzione speciale;
Calango Lengo - Muerte y vida sin ver agua
(Calango Lengo – Morte e vita senza vedere acqua) (Brasile) di Fernando Miller.

Miglior manifesto

La Marea (Cuba) di Eloy Ramón Hernández Dubrosky e Liset Vidal de la Cruz (Cuba).

Sceneggiature inedite

Premio:
Infancia clandestina (Infanzia clandestina) (Argentina) di Benjamín Ávila e Marcelo Muller.
Menzione speciale:
Sobreviviendo
(Sopravvivendo) (Cuba) di Alejandro Brugués.
Premio postproduzione latinoamericana

Gran premio:
Drama
(Dramma) (Chile) di Matías Lira.
Premi:
La churona
(Ecuador, Spagna) di María Cristina Carrillo.
Puro mula (Guatemala) di Enrique Pérez
Ocio
(Agio) (Argentina) di Juan Villegas

Premio Fipresci

Viajo porque preciso, volto porque te amo (Viaggio perché ne ho bisogno, torno perché ti amo) (Brasile) di Marcelo Gómes e Karim Aïnouz.
Menzione speciale:
Hiroshima
(Uruguay, Colombia, Argentina, Spagna) di Pablo Stoll Ward.

La cameriera
La cameriera

 

Premio SIGNIS

El traspatio (Il cortile) (Messico) di Carlos Carrera González.
Menzione speciale:
El último verano de La Boyita
(L’ultima estate a La Boyita) (Argentina) di Julia Solomonoff.

Premio della popolarità

El secreto de sus ojos (Il segreto dei suoi occhi) (Argentina, Spagna).
Premio dell’associazione degli scrittori cubani di cinema, radio e televisione (UNEAC)
Il canto di Paloma
(La teta asustada - Perù, Spagna) di Claudia Llosa.
Menzione: 20 años (20 anni) (Cuba) disegno animato di Bárbaro Joel Ortiz.
El premio flaco
(Un modesto premio) di Juan Carlos Cremata Malberti e Iraida Malberti.
El secreto de sus ojos
(Il segreto dei suoi occhi) (Argentina, Spagna) di Juan José Campanella.
Premio della Rivista Revolución y Cultura (Rivoluzione e cultura) La pérdida (La perdita) (Argentina, Spagna) documentario di Enrique Gabriel y Javier Angulo.
Premio della Federazione Cubana dei Cineclub.
El premio flaco (Un modesto premio) di Juan Carlos Cremata Malberti e Iraida Malberti.
Premio del Centro Memorial Martin Luther King
El último verano de La Boyita (L’ultima estate a La Boyita) (Argentina) di Julia Solomonoff.
Premio del centro culturale Pablo de la Torriente Brau.
Los que se quedan (Quelli che restano) (Mexico) documentario di Juan Carlos Rulfo e Carlos Hagerman.
Premio Radio Avana
El traspatio (Il cortile) (Mexico) di Carlos Carrera González.

Il cortile
Il cortile

Premio CINED (Ente per la cinematografia educativa.)
El premio flaco (Un modesto premio) di Juan Carlos Cremata Malberti e Iraida Malberti.
Premio del Consiglio Nazionale delle Case della Cultura
Ave María (Cuba) di Cruz Gustavo Pérez Fernández
Premio Vigía
El premio flaco (Un modesto premio) di Juan Carlos Cremata Malberti e Iraida Malberti.
Premio Fondazione del Cinema Nuovo Latinoamericano.
Lungometraggio narrativo: La Nana (La cameriera) (Chile, Messico) di Sebastián Silva.
Opera prima: Cinco días sin Nora (Cinque giorni senza Nora) (Messico) di Mariana Chenillo Alazraki.
Medio metraggio o cortometraggio narrativo: 40º a la sombra (40 gradi all’ombra) (Messico) di Flavio González Mello
Documentario: Hijos de Cuba (Figli di Cuba) (Gran Bretagna, Cuba) di Andrew Lang.
Film d’animazione: 20 años (20 anni) (Cuba) di Bárbaro Joel Ortiz.