44mo Karlovy Vary International Film Festival - Pagina 8

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44mo Karlovy Vary International Film Festival
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I premi
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Danzatrice indigena
Danzatrice indigena
Venerdì 9 luglio – ottavo giorno
Finita la passerella dei film in concorso c'è spazio per parlare di alcuni titoli visti nelle altre sezioni. Due opere particolarmente interessanti, nonostante una forte diversità stilistica, sono state Baksy (Danzatrice indigena) della regista kazaca Guka Omarova e Gagma Napiri (L'altra riva) del georgiano George Ovashvili. Il primo film mescola, in po' come accadeva nel cinema novo brasiliano, magia, misticismo e critica alla società moderna. Una santona guarisce la gente senza ricavarne grande lucro, purtroppo il terreno su cui vive fa gola ad un giovane mafioso che vuole impiantarvi una stazione di servizio e, domani, addirittura un casinò. La fa sfrattare con la complicità di poliziotti corrotti e malgrado le resistenze di un altro nuovo ricco, sostanzialmente onesto. La maga, mentre sta per essere sfrattata, cade in una sorta di morte apparente. Tutto sembra essersi risolto se non che il mafioso pretende troppo e provoca il rivale. Una notte, misteriosamente, la stazione di servizio, appena inaugurata, va a fuoco. Il gangster, convinto che sia stato l'avversario, gli rapisce il figlio e pretende un enorme riscatto. Conflitto a fuoco finale con morte di entrambi e trauma per il ragazzino che perde la parola e diventa catatonico. Tuttavia la maga non è morta, si è solo ritirata in un villaggio vicino. Ritorna e guarisce il bimbo. Come già detto il film presenta un curioso miscuglio di elementi social – banditeschi ed esaltazione di riti primordiali e magici. Stilisticamente queste due componenti non si scontrano eccessivamente, contribuendo entrambe alla costruzione di un racconto interessante e mosso. La regista sembra dire che solo con il ritorno alle tradizioni profonde è possibile recuperare i guasti causati dalla ferocia della modernizzazione troppo rapida. Un discorso non del tutto condivisibile, ma che ha il pregio di inserirsi un un panorama desertico molto suggestivo.
L'altra riva
L'altra riva
Molti di noi hanno ancora negli occhi le immagini degli orrori causati dai ripetuti scontri fra Georgia e regione autonoma filorussa dell'Abcasia. L'altra riva inserisce in questo drammatico panorama la storia di un dodicenne di origine georgiana, profugo a Tibilisi dopo che la città in cui viveva è stata distrutta dalle truppe abcase e russe. Costretto a fare i lavori più umili, rubare, vivere meno che poveramente, Tedo sogna solo di ritrovare il padre rimasto in patria. Quando sua madre si mette con un criminale locale, decide si riprendere il lungo cammino per ritornare a casa. E' un viaggio nell'orrore che questo povero ragazzo, strabico e solo, compie in mezzo a misfatti di ogni sorta. Una macelleria continua in cui è difficile, ma non impossibile, trovare qualche scintilla d'umanità e dove le uniche belve feroci sembrano essere i militari delle Nazioni Unite chiamati a presidiare la zona cuscinetto fra le due nazioni e che, invece, taglieggiano e uccidono quanti capitano loro a tiro. Il film è privo di ogni speranza e, anche se ha buon gioco a scaricare le maggiori responsabilità sui soldati ONU evitando di prendere posizione verso una delle fazioni in lotta, appare animato da un umanissimo senso di denuncia per l'orrore di un conflitto in cui si mescolano ragioni etniche, religiose ed economiche e a cui non è estranea l'influenza della cosiddette grandi potenze. Il taglio è quello di un neorealismo maturo, la struttura narrativa serrata e avvincente, in poche parole un bel film che si spera approdi presto sugli schermi italiani.
A proposito di Elly
A proposito di Elly
Abbiamo già avuto occasione di notare come il cinema iraniano soffra una censura oppressiva che gli impedisce di affrontare i grandi problemi del paese, come faceva un tempo. Difficoltà che non riescono a celare del tutto il talento di alcuni autori. E' il caso di Asghar Farhadi che ha firmato, con Darbareye Elly (A proposito di Elly), la sua quarta opera confermando la predilezione per i luoghi unici, l'indagine psicologica, l'esplosione di conflitti in gruppi apparentemente omogenei e sereni. Una compagnia d'amici si reca per un fine settimana in una località del Mar Caspio, tutti si conoscono da tempo, sono affiatati, appartengono alla buona borghesia di Teheran. La sola intrusa è la giovane Elly, tata dei figli di una delle coppie. La serenità va in pezzi quando uno dei piccoli rischia di affogare e la giovane scompare. Ci si domanda se sia fuggita o morta nel tentativo di salvare il piccolo. Il dramma lacera la solidarietà del gruppo, fa emergere tensioni, conflitti, rimproveri, imputazione di responsabilità. Le cose si complicano quando si scopre che la ragazza, invitata alla gita per farle conoscere un possibile compagno, era fidanzata. Il film è girato benissimo, con una tecnica di ripresa che mantiene alta la tensione giocando più sui conflitti fra gli attori, tutti molto bravi, che non sugli eventi. E' un tipo di cinema psicologico che si ispira da lontano alla lezione di Michelangelo Antonioni (L'avventura, 1960), ma che innesta in quello stile un ottimo senso realistico rendendo il film complesso e, nello stesso tempo universale. Dote che gli ha meritato l'Orso d'Argento all'ultimo Festival di Berlino.
Lupesco
Lupesco
Arrivati alla fine, rimarrebbe da dire quali siano, a nostro giudizio, i film meritevoli. Notiamo subito che la giuria non avrà compito facile e questo non perché siano stati presentati troppi titoli meritevoli, ma, al contrario, proprio perché il valore medio è stato uniforme e tendente al basso. Ciò detto a noi sono piaciuti Io non sono vostro amico dell'ungherese György Pálfi, Tutta colpa di Giuda di Davide Ferraio e Lupachiotto del russo Vassily Sigarev. Vedremo se la giuria ufficiale sarà, almeno in parte, del nostro stesso parere.