72ma Mostra Internazionale d'arte Cinematografica di Venezia - Pagina 9

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72ma Mostra Internazionale d'arte Cinematografica di Venezia
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11MINUTES-111 minut (11 minuti) di Jerzy Skolimowski è un film basato su personaggi diversi che s’incastrano in un finale decisamente grandguignolesco. Un venditore di strada hot dog (ex professore finito in galera – forse – per aver molestato una studentessa), padre di uno spericolato trafficante di droga, un’attrice in cerca di una parte offertale da un produttore che vuole solo portarsela a letto, suo marito che tenta con ogni mezzo d’impedire la conclusione erotica dell’incontro, una dottoressa d’urgenza che trasporta su un’ambulanza una donna in cinta che sta per partorire e un uomo in fin di vita trovato nello stesso appartamento, una ragazza che porta in giro un cane lasciatole dall’amante che l’ha abbandonata, uno studente impegnato in una missione misteriosa, un anziano artista di strada, un pulitore di finestre che si concede un intervallo erotico, un gruppo si suore. Tutti questi personaggi si trovano nei pressi di un albergo di lusso nel periodo di tempo che va dalle cinque alle cinque e undici minuti di pomeriggio. Il concatenarsi di varie situazioni porterà a una terribile esplosione in cui molti perderanno la vita, in particolare coloro che hanno peccato facendo sesso a dispetto dei partner regolari. Il film legittima il sospetto di un moralismo di fondo non estraneo alle opere precedenti di questo regista le cui radici affondano nella cultura cattolica polacca. Il film è ben costruito per quanto riguarda l’intreccio delle singole vicende, ma scivola pericolosamente verso un esercizio di puro stile che non tiene conto quasi per niente del quadro sociale e politico odierno del paese. In altre parole, un mosaico le cui tessere non rappresentano né la tipicità della società di oggi, né i caratteri dei personaggi considerati avulsi dal contesto che li circonda. Un bell’esempio di abilità registica, ma quasi del tutto fine a se stessa.
Hart of a dog 1Laurie Anderson - scrittrice, regista, pittrice, artista visuale, vocalista non che vedova della rock star Lou Reed (1942 – 2013) - ha diretto Heart of a Dog (Cuore di un cane) partendo da un paio di scandagli poetici: l’affetto per la sua cagnolina Lolabelle e un misto di filosofia orientaleggiante che si richiama al libro dei morti della spiritualità tibetana. Ne è nato un film totalmente visivo in cui si ritrovano pezzi di cinema familiare, brani d’attualità, ricordi alla tragedia dell’11 settembre e meditazioni (per la verità non molto approfondite) sul senso della vita. E’ un’opera di difficile catalogazione, densa di materiali eterogenei e non sempre comprensibili per uno spettatore non coinvolto profondamente nel mondo della cultura e della creazione musicale americane. Un amalgama di non facile assimilazione che rapisce più per la bellezza della confezione che non per la chiarezza e profondità della proposta.
De PalmaMolto più semplice e diretta la conversazione raccolta da Noah Baumbach e Jake Paltrow, in De Palma, sulla vita e l’opera del regista Brian De Palma, uno dei maggiori cineasti dei nostri tempi. Il film, presentato fuori concorso, registra le memorie del cineasta, che puntualizza le difficoltà a cui ha dovuto far fronte, i successi e gli insuccessi registrati, i capricci dei divi, la solidarietà degli amici. E’ una confessione su vasta scala che aiuta non poco a capire il senso profondo dei film di questo cineasta e getta un occhio lucido e impietoso sul funzionamento della macchina hollywoodiana.