72ma Mostra Internazionale d'arte Cinematografica di Venezia - Pagina 11

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72ma Mostra Internazionale d'arte Cinematografica di Venezia
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p20526Blexi moshuo (Behemoth) del documentarista e fotografo cinese Liang Zao è quello che sbrigativamente potremmo definire un documentario creativo. Seguendo molto liberamente le tracce della Divina Commedia di Dante Alighieri (1265 –1321) il regista mostra la ferocia e la stupidità della corsa all’arricchimento sconsiderato. Si inizia con le immagini delle terribili condizioni in cui operano i mongoli che lavorano nelle cave e miniere per l’estrazione del carbone, si prosegue con il duro lavoro in acciaieria e si chiude con l’insensatezza di città completamente disabitate, non si sa per quali ragioni, costruite proprio con i materiali nati dal drammatico processo mostrato poco prima. La regia si limita ad allineare immagini bellissime nella loro terribilità, inanellare volti di lavoratori distrutto dalla silicosi, case fatiscenti, ospedali indegni di questo nome. Sequenze accompagnate da un commento poetico che tende a ricordare allo spettatore l’insensatezza di questa corsa all’ampliamento del PIL ad ogni costo, anche a scapito di una tremenda distruzione dell’ambiente e degli esseri umani che vi abitano. E’ un film di grandissima forza che dice più cose sui costi umani e ambientali del miracolo cinese di quante se ne potrebbero allineare in una decina di saggi specifici. E’ uno di quei casi in cui la poesia si fa arma potente di denuncia politica e argomento principe di uno sguardo che rimette, finalmente, l’essere umano al primo posto. Un film bellissimo e sconvolgente.
Per amor vostro 1Interessante, anche se non al livello del film cinese, Per amor vostro dell’italiano Giuseppe M. Gaudino che ha chiuso il gruppo dei quattro titoli nazionali presenti in competizione. La struttura dell’opera è complessa e originale. Da un lato guarda alla tipica sceneggiata napoletana con il linguaggio che necessità dei sottotitoli per essere capito dagli spettatori non partenopei, i sentimenti forti d’amore e morte, gli occhieggiamenti al mondo della canzone, dall’altro cita le telenovele televisive, tipo Un posto al sole, che tanto successo hanno ottenuto a livello nazionale. La storia che racconta è quella di una brava madre di famiglia che deve farsi carico di due figlie, un figlio muto e i genitori che continuano a spillarle quattrini anche dopo averla costretta, in gioventù, ad assumersi la colpa di crimini da loro commessi. Il quadro famigliare è completato da un marito ex – modello, ora braccio attivo camorristico incaricato di riscuotere con qualsiasi mezzo i crediti da usura. Quando la donna, che ha trovato lavoro come cartellonista in una produzione televisiva che ruota attorno a un divetto nazionale, scopre che il marito lavora per la camorra e, per giunta, ha incaricato l’attore che l’ha sedotta di ucciderla temendo una sua denuncia, si ribella ma cade da un terrazzo riuscendo a salvarsi miracolosamente. La storia intreccia dramma, problemi sociali e criminali confezionati in un racconto pieno di immagini fantasiose, riferimenti favolistici, sogni irrealizzabili. Valeria Golino dà corpo a questa femmina di malavita suo malgrado e lo fa in un contesto che mescola realtà e fantasia, sogni e documentazione. Un film molto interessante e di non facile lettura ad un primo approccio e su cui varrà la pena ritornare.
hopkins-go-with-meGo With Me (Vieni con me), visto fuori concorso, dello svedese Daniel Alfredson è una produzione americana che segue le piste di decine di western, ma l’ambienta ai giorni nostri fra le foreste del nord est degli Stati Uniti, ai confini con il Canada. Un terzetto combinato per caso – lei è una donna perseguitata e aggredita, lui un anziano ansioso di vendicarsi, il terzo un ragazzone balbuziente e non molto perspicace – si mette alla ricerca di una sorta di mafioso locale che incute paura a tutti, poliziotti compresi. Inizia in questo modo il classico percorso dei – quasi – buoni alla ricerca del cattivissimo che, dopo un bel po’ di scazzottate, incendi e scontri a fuoco, incontrerà la giusta punizione. Un film commercialmente significativo, ma anche un’opera che ha poco a che fare con una Mostra d’Arte cinematografica.

19722-Mr Six 3Lao pao er (Il Signor Sei) del cinese Guan Hu, visto in chiusura della Mostra, forma una sorta di seguito ideale di Beixi moshuo (Behemoth) di Zhao Liang, il film in concorso.  Seguito ideale nel senso che, mentre il primo denuncia con grande forza poetica e politica i guasti nati dalla corsa sfrenata al profitto, questo secondo titolo affronta, con taglio decisamente più tradizionale e, se si vuole, commerciale, una sorta di metafora della società cinese di oggi. Il Signor Sei ha un passato di irregolarità e violenza che gli è costato anche una condanna alla prigione, ma ha sempre rispettato un preciso codice morale condiviso con i compagni e gli altri membri della banda. Ora è un anziano ancora prestigioso e rispettato da tutti, compresi i giovani poliziotti incaricati di mantenere l’ordine nel quartiere. Ha rispetto ma è anche affetto da una malattia cardiaca molto grave, risolvibile solo con un’operazione chirurgica a cui rifiuta cocciutamente di sottoporsi. Un giorno deve fronteggiare il sequestro di suo figlio effettuato da una banda di giovani ricchi e crudeli capeggiati dal rampollo di un noto miliardario. Il rapimento è nato dalla rigatura della preziosa Ferrari del giovane ricco, fatta dal figlio dell’anziano malvivente, quale risposta alle botte ricevute per aver cercato di insidiare la ragazza del giovane capo. Per riavere il rampollo il maturo capo quartiere non ha altra via se non quella di richiamare in attività i vecchi sodali, sia quelli che hanno fatto fortuna, sia quelli che gli sono rimasti accanto nella vita grama di quartiere. Ne nasce uno scontro scenograficamente collocato su un lago ghiacciato in cui l’anziano muore ma non prima di aver fatto pervenire al capo della Commissione Contro la Corruzione la prove, di cui è venuto in possesso casualmente, delle ruberie del padre del giovane sequestratore causando così un enorme scandalo. Apparentemente è una sorta di western all’orientale, in realtà è il ritratto di una paese dilaniato dalla divisione fra nuovi ricchi, spesso diventati tali in modo fraudolento, e vecchia guardia legata a valori e principi, come dire alla morale del comunismo e del rispetto sociale. In questo il film segue la strada di una sorta di cinema di regime ma lo fa senza rinunciare a guardare in faccia la realtà, i latrocini e le truffe perpetrate dai profittatori a scapito della povere gente.