72ma Mostra Internazionale d'arte Cinematografica di Venezia - Pagina 6

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72ma Mostra Internazionale d'arte Cinematografica di Venezia
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L-ermine 2Se L’hermine (L’ermellino) del francese Christian Vincent riporterà uno dei maggiori premi della mostra, il Leone d’Oro o, al limite, il riconoscimento quale migliore interpretazione maschile, non ci sarebbe nulla da ridire. E’ testo classico, impostato in maniera tradizionale, perfetto nella scelta dei tempi e personaggi. Xavier Racine è presidente di Corte d’Assise in una grande città francese, è un uomo chiuso, metodico, orgoglioso del suo grado, attento al rispetto dei ruoli e delle procedure. Un giorno deve presiedere una causa di uxoricidio di cui è imputato un disoccupato, marginale e sottoproletario, che avrebbe ucciso la figlia di pochi mesi a calci, con la moglie impegnata nel processo come parte lesa. La formazione della giuria che, secondo la procedura rimarrà in carica per tutti i processi che si terranno durante un certo periodo, porta in aula come giurata anche una dottoressa d’origine danese. Questo medico è lo stesso che ha curato, anni addietro, il magistrato quando ha avuto bisogno di un ricovero a seguito di un grave incidente. Da quell’occasione il presidente ha covato una vera passione per la donna e, ora che ha appena divorziato dalla moglie, la sente rinascere e ha finalmente il coraggio di comunicarla all’amata. Il film diventa così il quadro di due storie d’amore: quella dell’imputato (sarà assolto lasciando nello spettatore il sospetto che si sia assunto ogni colpa per salvare la moglie) e quella del magistrato che lo sta valutando. Fabrice Luchini dà del giudice una dimensione simenoniana scavando a fondo in un personaggio complesso quanto solitario. La sua capacità di mescolare damma e ironia (si veda l’episodio in cui scopre che la figlia dell’amata ha filmato parte del processo, cosa vietatissima) conferisce al film uno spessore maestoso che lo qualifica come opera d’impianto classico, ma di grande forza emotiva.
a bigger splasch 2A Bigger Splash (Il maggior spruzzo) dell’italiano Luca Guadagnino rilegge in chiave attuale La Piscina (La Piscine, 1969) diretto dal francese Jacques Deray. Di quel titolo è rimasto l’impianto di fondo: cinque personaggi, variamente legati sentimentalmente, si trovano a passare alcuni giorni d’estate in una magnifica villa dotata di una sontuosa piscina. Nel nuovo film sono una famosa cantante rock, al momento resa afona da un’infiammazione delle corde vocali e dalle cure necessarie, il suo attuale compagno, un documentarista alle prese con un film non finito, ex - amante della diva, un produttore discografico di successo, e sua figlia diciassettenne, anche se dichiara di avere più di vent’anni. La vicinanza e il sole di Pantelleria accendono i sensi e le coppie s’incrociano sino a causare l’ira di entrambi i maschi, con il documentarista che affoga il rivale. Il finale, con l’arrivo di un maresciallo dei carabinieri da barzelletta, volge al tragicomico – con la cantante e il cineasta che ritornano insieme e la giovinetta che riparte per l’America. Il regista ha tentato di dare attualità a questa storia da Cavalleria Rusticana, inserendo nella colonna sonora e sullo sfondo la tragedia degli immigrati africani che approdano nel nostro sud. Il tutto senza rinunciare alle solite immagini delle coloratissime sagre paesane che costituiscono ormai un pedaggio quasi obbligato per qualsiasi film riceva i contributi da un qualche ente meridionale. Il risultato è una produzione di buon respiro realizzativo, grande professionalità, ottimo livello interpretativo, soprattutto da parte di Tilda Swinton. Tutto questo senza aggregarsi in un bilancio realmente innovativo o in una narrazione decisamente originale. Si ha l’impressione di una minestra stantia malamente riaggiornata facendo ricorso a ingredienti che non si saldano sia con l’attualità sia con il cinema inteso in modo moderno.
el clan 2Molto più interessante El Clan di Pablo Trapero, che ci riporta in Argentina negli anni immediatamente successivi alla caduta della dittatura militare (1983), quando già si intravvedevano i primi segnali della grande crisi economica che sconvolse il paese dal 2001. Sono anni in cui i membri dei vecchi apparati di repressione ancora agiscono con una certa libertà. Uno di questi gruppi ruota attorno alla famiglia Puccio e ai suoi sodali, un gruppo che ha trasferito maniere criminosa dal servizio del regime a quello personale. Sequestrano, chiedo e ottengono riscatti, uccidono i sequestrati per essere sicuri di non lasciare tracce. Sono dei veri banditi che sfruttano sia le complicità che ancora hanno all’interno dell’apparato governativo sia il relativo disordine che regna nelle istituzioni. Tutto va loro bene sino al momento in cui la necessità di ristabilimento della giustizia, fa premio sul caos. Sono arrestati nel bel mezzo del sequestro di un’anziana, ricca signora e, in seguito, mediamente condannati a pene molto lievi. Il regista ha il merito di far riemergere dal passato una cronaca criminale che molti pensavano chiusa con la dittatura inaugurata nel 1976 dal generale Jorge Rafael Videla. Il film ha taglio e ritmo degni del miglior cinema americano, non disgiunti da uno spirito di denuncia democratica molto apprezzabile.
SIC-Halo-Pothi-CINECRITICAIl Nepal ha avuto una storia travagliata segnata, soprattutto, dalla guerriglia maoista, scatenata contro l’esercito regolare e la monarchia fra 1996 e il 2006. Il film di Min Bahadur Bham Kalo Pothi (La gallina nera), ospitato nel cartellone della Settimana Della Critica, racconta questo difficile periodo dal punto di vista della gente povera. Tali sono Prakash e Kiran, due ragazzini amici per la pelle nonostante appartengano a caste sociali diverse. Uno è un intoccabile, l’altro un bramino. Li unisce la ricerca di una gallina bianca, in seguito dipinta di nero, trovata nei campi e sottratta alla ricerca dell’esercito che vuole eliminare tutti i pennuti dalla zona in vista della vista del re. Quando la sorella del più povero si unisce ai ribelli maoisti lasciando la cura del volatile al fratello. Quest’ultimo è convinto che le uova che produrrà l’uccello gli permetteranno di finanziare gli studi della ragazza. Un giorno la preziosa gallina scompare: l’ha venduta il padre a un altro contadino. Inizia in questo modo l’odissea dei due ragazzi per riportare a casa il pennuto in mezzo a combattimenti, morti, uccisioni e rapimenti. Il film disegna un quadro davvero inquietante sia della povertà, sia della violenza che dominano in questi sperduti territori in cui la corona delle montagne innevate funziona quasi come lo sguardo indifferente di una natura che poco si cura dei destini umani. La regia segue le varie piccole – immense tragedie causate dal conflitto, ne registra le dolorose conseguenze sulla vita degli esseri umani, denuncia la ferocia di un regime sociale che divide gli uomini e le donne a seconda della collocazione in caste, getta uno sguardo poeticamente partecipe sulle sorti di questo piccolo mondo in cui le voci della modernità arrivano solo dai proclami della radio o dai colpi di fucili scambiati dalla fazioni in lotta.