49mo Karlovy Vary International Film Festival - Pagina 6

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49mo Karlovy Vary International Film Festival
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25633-fair-play(U.R.) I film sui crimini commessi nei paesi dell’ex blocco socialista in nome della difesa del regime, costituiscono quasi un genere che ha avuto un suo punto d’eccellenza né Le vite degli altri (Das Leben der Anderen, 2006), il film d’esodio del trentaquattrenne tedesco Florian Henckel von Donnersmarck, un’opera coronata con il Premio Oscar 2007 per il miglior film in lingua non inglese. Il tema è importante e opportuno visto che, come capita spesso nei cambiamenti di regime, molti dei passati persecutori sono ancora al loro posto o non hanno subito alcuna conseguenza per il loro comportamento. La regista cecoslovacca Andrea Sedláčková affronta, in Fair Play, l’argomento da un punto di vista poco esplorato: quello della vita degli atleti che, a forza di sostanze dopanti, riuscirono a conquistare non pochi primati nelle grandi competizioni internazionali. Siamo all’inizio degli anni ottanta e la giovane Anna è una delle stelle nascenti dell’atletica cecoslovacca. Lei è capace di correre i 200 metri piani a tempo di record, tuttavia i burocrati di regime decidono che debba assumere massicce dosi di anabolizzanti onde migliorare le sue prestazioni. Poco importa che i farmaci che le sono iniettati agiscano negativamente sia sulla femminilità (le spuntano peli maschili in varie parti del corpo) sia sulla possibilità, in futuro, di avere figli. Inoltre, visto che lei appare riluttante e sospettosa al punto di gettare via i flaconi che le sono stati affidati, è coinvolta sua madre, un’ex tennista di successo caduta in disgrazia dopo le prese di posizione assunte nei confronti della fraterna invasione militare del 1968. Senza contare le difficoltà che l’ex atleta deve affrontare causa la fuga del marito, riparato in Germania dopo quei tragici fatti. A tutto questo si aggiunge la complicità con la dissidenza interna, viso che lei ribatte a macchina i testi e gli articoli di un drammaturgo molto critico verso il regime. Da notare che in questo personaggio c’è una chiara allusione a Václav Havel (1936 – 2011) uno scrittore, drammaturgo e politico che è stato l'ultimo presidente della Cecoslovacchia ed il primo della Repubblica Ceca dopo la caduta del regime realsocialista. Il film segna il percorso e la presa di coscienza di queste due donne: la madre finirà in prigione per aver detenuto materiale antisocialista, la figlia rinuncerà a partecipare alle Olimpiadi del 1984 nella squadre nazionale dopo aver toccato con mano la ferocia della dittatura. Scelta quasi superflua poiché quelle gare non vedranno la partecipazione della Cecoslovacca, costretta dalla dirigenza dell’Unione Sovietica, assieme con i governi degli altri paesi del blocco, a disertare le competizioni di Los Angeles (1984) quale ritorsione per il boicottaggio decretato da molti governi occidentali a quelle di Mosca del 1980 per protesta contro l’invasione dell’Afghanistan da parte dell’armata Rossa. Il film appartiene a quel genere civile in cui la denuncia dei cattivi appare tanto giusta quanto facile, nel senso oggi, molti anche all’ora, quasi nessuno dotato di un minimo di sensibilità politica giustifica simili barbarie. Come dire che siamo davanti ad un film civilmente utile, ma espressivamente non straordinario.
25651-corn-islandSimindis Kundzuli (L’sola del granoturco) del georgiano George Ovashvili è una coproduzione a cui hanno partecipato Georgia, Germania, Francia, Repubblica Ceca e Kazakistan. Vasto consesso internazionale per un film molto bello che si colloca fra i migliori visti nella sezione competitiva del festival. E’ un’opera quasi muta in cui si racconta la faticosa costruzione, su un’isola in mezzo a un fiume che separa Georgia e Abkhazia, di una capanna e un campo di mais. A volere tenacemente quelle cose è un vecchio contadino aiutato da una ragazzina orfana che lui protegge. Sono entrambi abkhazi e si trovano nel bel mezzo dello scontro fra due eserciti (siano nei primi anni novanta e l’Abkhazia ha da poco proclamato l’indipendenza dalla Georgia), ma loro vogliono solo vivere pacificamente, sopportando con pazienza la dura fatica dei campi e la furia della natura. Difficoltà a cui si aggiungono gli odi e le irruzioni di uomini armati e famelici sia di alcol sia di sesso. Quando nel campo trovano un soldato georgiano seriamente ferito, il vecchio non esita ad accoglierlo, curarlo e nasconderlo agli stessi militari abkhazi. Ne avrà in cambio l’amara constatazione che la giovane inizia ad interessarsi al ferito, quasi un suo coetaneo, e questi non rifiuta le sue attenzioni. Il patriarca furioso lo caccia e rimane a coltivare il granoturco con la ragazzina. Fatica vana, visto che la natura devasta ciò che gli uomini hanno risparmiato e una furiosa alluvione distrugge il campo, la capanna e si porta via la vita stessa del patriarca. Passa il tempo e un nuovo personaggio arriva sull’isolotto, ormai ridotto ad un piccolo banco di sabbia, dissotterra la bambola con cui la ragazzina giocava e la mette ad asciugare sulla barca che lo ha condotto sin li. E’ una storia apparentemente semplice, in realtà densa di significati che metaforizzano il percorso d’intere esistenze contrapponendo, lucidamente e proficuamente, la grandezza del lavoro e la poesia della vita semplice alla volgarità delle violenza armata. Un film che va oltre la denuncia della ferocia e stupidità della guerra per assumere il valore di un'opera d’altissimo profilo e grandioso contenuto morale.          

25316-down-the-river(F.F.) Axınla Aşağı (Lungo la corrente del fiume) è film coinvolgente che fa ragionare sul rapporto tra padre e figlio, tra un fedifrago e la moglie, tra colleghi divenuti amanti. Prodotto in Azerbaijan, è diretto con grande bravura da Asif Rustamov che riesce a raccontare una vicenda drammatica senza mai cadere nel melo’. Ali è allenatore di una squadra di canottaggio in una città di provincia, tra i giovanissimi del team c’è anche il figlio sedicenne Ruslan che trova difficoltà a soddisfare le aspettative del padre: la freddezza dell’uomo e la sua continua insoddisfazione lo stanno distruggendo psicologicamente. L’allenatore sta attraversando una classica crisi di mezza età e solo la presenza del figlio gli impedisce di lasciare la moglie Leyla che egli critica accusandola di rovinare il ragazzo. L’uomo trova conforto nella sua amante polacca Sasha, allenatrice della squadra di nuoto, che pretenderebbe di averlo per sé e sogna di iniziare una nuova vita con lui. Poco prima di una gara importante, nell'interesse della prestazione della squadra, decide di sostituire Ruslan, che era stato originariamente scelto per partecipare alla competizione. Il ragazzo, amareggiato, raggiunge alcuni amici che stanno facendo il bagno nel fiume: da quel momento scompare nel nulla e, tra le varie ipotesi, c’è un malore o il suicidio. In assenza del corpo, il padre spera in una fuga del ragazzo, mette del denaro in un luogo che il giovane potrebbe trovare. Senza nemmeno spostare il lenzuolo che copre il cadavere di uno sfortunato ragazzo, lo riconosce come suo figlio: un atto d’amore nella speranza che il ragazzo possa affrontare un futuro migliore lontano da lui. Nell’esordio alla regia Asif Rustamov tratta un tema così difficile con notevole finezza e discrezione, ponendo l'accento sulla psicologia accuratamente elaborata dei personaggi e utilizzando immagini dai colori tenui quasi a non volere interferire nel corso dei fatti.
25331-for-some-inexplicable-reasonVAN valami furcsa és megmagyarázhatatlan (C'è qualcosa di strano e inspiegabile) è una commedia che non parte da un’idea particolarmente nuova, ma che, con una narrazione inventiva, riesce a divenire originale. C’è la voce fuori campo del protagonista, le mini storie dei suoi amici raccontate in pochi secondi, l’intervento di queste persone per cercare di fare capire, in maniera molto ironica, la psicologia del loro amico ventinovenne ormai considerato in famiglia un parassita che deve diventare adulto in fretta. E’ un gradevole film ungherese diretto da Gábor Reisz, che racconta di un giovane che sta avvinandosi pericolosamente alla trentina senza avere mai tentato di divenire indipendente. Ha finito da poco l'università ed è ufficialmente alla ricerca di un lavoro ma senza volere pianificare il futuro. Per ora i genitori lo mantengono col tacito accordo che possono interferire nella sua vita non permettendogli, in questa maniera, di abbandonare lo stato mentale della fanciullezza. Per non avere problemi con loro, decide di non dire che la sua ragazza lo ha lasciato. Nella notte del trentesimo compleanno, scopre che la sua ex ha trovato un nuovo ragazzo; devastato, decide di annegare il suo dolore nel alcool. Si sveglia in possesso di un biglietto di sola andata per Lisbona. Chiede agli amici cosa sia successo la notte precedente e, alla fine, scopre che ha comperato con la carta di credito del padre il volo perché la sua ex stava facendo l’Erasmus nella capitale portoghese. E’ costretto a cercare lavoro per ripagare il genitore ma, come laureato di Storia del Cinema, ha poche possibilità di essere assunto da qualche azienda. Accetta di fare il lavapiatti, ha un’ulteriore crisi nei confronti dei suoi amici riusciti nella vita e decide di accettare la sfida e il viaggio verso l'ignoto. Premiatissimo autore di cortometraggi, il regista Gábor Reisz affronta con mano lieve la storia che esplora, con distacco e il gusto per la costruzione di situazioni bizzarre, la ricerca del protagonista per trovare se stesso ed il suo posto nella vita.