30° Festroia Setubal

Stampa
PDF
Indice
30° Festroia Setubal
Pagina 2
Pagina 3
Pagina 4
Pagina 5
Pagina 6
Pagina 7
Pagina 8
Pagina 9
Tutte le pagine

festroia 2014 2 660x37130° Festroia International Film Festival

6 - 15 giugno 2014

www.festroia.pt

Il festival del cinema di Setúbal, in Portogallo, è conosciuto con la sigla FESTROIA che fa riferimento al nome della penisola che fronteggia la città e sulla quale troneggino alcuni grandi alberghi e un casinò che ne fanno un’ipotesi di grande centro di vacanze. Ipotesi in quanto il progetto, nato moltissimi anni or sono e passato per varie mani, di trasformare questo paradiso – quaranta chilometri di spiagge sabbiose e immacolate - in una sorta di nuova Rimini non è mai decollato. Qui è nato trent’anni or sono un festival il cui intento iniziale era quello di affiancare il richiamo turistico della località e che dopo una decina di edizioni si è trasferito nella città che fronteggi la penisola nella speranza di trovare un maggior pubblico e un’udienza più attenta da parte dei media. Parzialmente c’è riuscito sia per la decisione – fondamentale per il riconoscimento da parte della FIAFP (la federazione internazionale dei produttori) - di riservare la parte competitiva ai paesi che producono meno di tanta film a stagione, sia per l’impegno di un gruppo di intellettuali – primo lo scrittore Mario Ventura e, dopo la sua scomparsa, la vedova Fernanda Silva – che hanno scommesso su una manifestazione priva di orpelli mondani, ma densa di riflessioni culturali immerse in un clima di calda amicizia.

Stazioni. jpgL’inizio del festival è stato affidato a un film tedesco, presente nella selezione che rende omaggio a quella cinematografia, Kreuzweg (La Via Crucis) firmato da Dietrich Brüggemann che segue, in una decina di capitoli intitolati come le stazioni della via crucis e filmati con inquadrature fisse, il calvario di una quattordicenne, figlia di genitori che appartengono ad un a comunità cattolica fondamentalista. La giovane si convince che sacrificare la sua vita servirà a ridare la parola al fratellino affetto da autismo. Lentamente si lascia morire di fame, convinta che in questo medo raggiungerà Gesù che le sta conservando un posto privilegiato in cielo. Il racconto procede con molte lentezze e la formula narrativa prescelta non conferisce un ritmo adeguato alla narrazione, anzi, appesantisce oltre misura il procedere della storia. Come dire che la scelta stilistica fatta appare funzionale per sezionare con freddezza i passaggi che ribadiscono nella testa della ragazzina la certezza che la vera cristiana per essere gradita a Dio deve rinunciare a tutto, alla musica come ai cosmetici, ai vestiti civettuoli come ai cibi appetitosi. Allo stesso tempo la lentezza narrativa e la ripetitività di molti passaggi finiscono per annoiare lo spettatore infliggendo un colpo mortale alla sua attenzione.
La sezione competitiva è stata aperta da Lošejas (I giocatori) del lituano Ignas Jonynas. E’ una coproduzione fra Lettonia e Lituania che ruota attorno a un gruppo di paramedici che lavorano nel soccorso a feriti e infortunati guidando ambulanze e praticando le prime cure alle vittime di incidenti e malattie. Alla ricerca di denaro, organizzano una sorta di sala scommesse il cui oggetto è la salute dei ricoverati. Si può giocare sull’esito del ricovero, sulle conseguenze dell’incidente, sui tempi della riabilitazione. Lentamente questo secondo aspetto del loro lavoro diventa l’asse portante di tutta la loro attività che si estende anche alle scommesse sulle corse dei cani. Uno di loro, ossessionato dai debiti contratti con uno strozzino, e la sua campagna, madre di un ragazzino aggetto da una malattia che richiede costose medicine non disponibili nel paese, finisce per rubare il denaro in cassa e distruggere l’improvvisato centro scommesse per poi finire massacrato da uno strozzino.the-gambler- A questo punto la sua compagna decide di puntare sulla sua morte e lui si presta al gioco suicidandosi. Il finale è aperto: la donna nuota da sola in un mare agitato, lo stesso in cui il compagino ha nascosto, legato ad una boa, il bottino. Sembra evidente che anche la sua è una morte cercata, ma nulla è chiaro in maniera netta. Il film getta un lampo di luce su una società post-socialista particolarmente in quietante – la salute che si mantiene solo pagando le medicine che arrivano dall’estero! – e su un mondo in cui ogni cosa, morte e vita comprese, ha un prezzo e una funzione economica. Messi da parte questi aspetti, interessanti se non positivi, non è possibile tacere delle numerose incongruenze e ripetitività che segnano il film, per non parlare di alcune insistenze stilistiche – la macchina da presa che gira attorno al protagonista un numero infinito di volte – che compromettono e non poco il bilancio dell’opera. In altre parole, un testo che affronta temi interessanti, ma lo fa in maniera alquanto grezza. 

U.R.