24 Novembre 2009
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50° Thessaloniki Film Festival 2009 |
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The Age of Stupid di Franny Armstrong è un bel documentario, prodotto da Greenpeace e dal WWF, sui disastri climatici che stanno minacciando lequilibrio della natura nel mondo. La forma scelta è quella adottata da molti film di fantascienza, solo che, in questo caso dati e ipotesi sul futuro prossimo sono sorrette da rigorosi studi scientifici. Nel 2055 un sopravissuto alla catastrofe mondiale ha radunato in unenorme torre nel nord della Norvegia i maggiori tesori artistici del mondo e conservato copia di tutti gli animali presenti oggi sulla terra. Davanti ad un computer avveniristico racconta come ci si sia avviati al disastro non dando ascolto ai numerosi allarmi lanciati dagli scienziati che avevano previsto come il crescente livello di sprechi e consumi stesse per rompere in modo irreversibile il fragile equilibrio su cui si basa la vita sul nostro pianeta. Anche lambientazione, come le previsioni, parte dalla realtà, infatti, da vari anni la Norvegia ha costruito una sorta di frigorifero naturale che conserva sotto il ghiaccio ogni tipo si vegetale presente sulla terra, questo per impedire che la continua moria di specie distrugga il patrimonio complesso e vario su cui si basa lequilibrio del mondo. E un film impegnato, volutamente e salutarmente allarmista, cui, purtroppo, poche orecchie presteranno attenzione.
Hadewijch è lultima fatica di Bruno Dumont che conferma il suo interesse per i temi religiosi e i problemi dello spirito. Un interesse che mescola aneliti allassoluto a immagini crude di sesso e citazioni di violenza. In questo caso al centro del racconto cè una giovane studentessa di teologia proveniente da una ricca famiglia parigina: è nata in un castello e abita un appartamento che sembra un museo. Travolta da una forte passione per il Cristo che, per lei, assume anche connotati carnali, tenta di umiliarsi in ogni modo per raggiungere lassoluta perfezione spirituale: non mangia, soffre il freddo, prega in continuazione. E messa alla porta dalle suore del convento, dove è andata per monacarsi, perché il suo eccesso di devozione appare in contrasto con lumiltà richiesta dal velo. Uscita incontra casualmente un giovane mussulmano, ladro e ribelle, che la introduce in una moschea in cui suo fratello predica la guerra santa. Convinta dalle cocenti parole del predicatore, dopo un viaggio in un paese mediorientale ove vede con i suoi occhi le miserie della guerra e la difficile condizione delle popolazioni arabe, partecipa a un atto terroristico nei pressi dellArc de Triomphe. Ritornata in convento, sarà raggiunta dalla polizia che le comunica, intuiamo, sia le conseguenze dellattentato sia larresto dei terroristi. Disperata tenta di annegarsi, ma sarà salvata da un giovane muratore con una fedina penale non proprio immacolata. Questo piccolo criminale rappresenta, allocchio del regista, una sorta di opposizione realista alla folle passione della giovane. Il tema è complesso e il regista lo sviluppa attraverso immagini perfette, usando attori non professionisti che si adattano splendidamente ai ruoli loro assegnati. Il percorso è quello già segnato da La vie de Jésus (1997) a L'humanité (1999) con la ricerca di una spiritualità che parte dal reale, con tutte le sue complessità e miserie, per arrivare al sublime, in questo caso allequilibrio fra fanatismo e vera fede. Un film intrigante, ben costruito che dipana una tesi che può anche non coinvolgere, ma che merita attenzione e rispetto.
Kim ssi pyo ryu gi (Naufrago sulla luna) del sudcoreano Lee Hey-jun cita, sin dal titolo internazionale, il film di Robert Zemeckis (Cast Away, 2000), ne prende in blocco la situazione un uomo solo deve sopravvivere in un luogo deserto ma vi aggiunge alcuni elementi narrativi atti a facilitare il successo commerciale dellopera. Un giovane rampante è disperato: i debiti che ha accumulato, e non è in grado di pagare, lo stanno portando al fallimento. Disperato decide di suicidarsi gettandosi da un alto ponte che attraversa un grande fiume. Non muore, ma approda su unisola disabitata al centro del corso dacqua. La grande città è di fronte a lui, ma non cè modo darrivarci, i turisti che navigano sui battelli panoramici rispondono ai suoi gesti con cenni di saluto. In poche parole è naufrago a poche centinaia di metri da casa. Lunica che lo vede è una ragazza che vive autoreclusa dopo un incidente che le ha lasciato una grande cicatrice sul viso. Non ha rapporti con nessuno, neppure con sua madre che vive nello stesso appartamento e con cui comunica solo attraverso messaggini telefonici. I suoi rapporti con lesterno sono attraverso il computer r il potente teleobiettivo di una macchina fotografica installata su un treppiede davanti alla finestra. Con questo strumento scorge il naufrago cittadino e lo scambia per un extraterrestre, iniziando con lui un fitto scambio di messaggi in bottiglia cui luomo risponde con scritte sulla sabbia. Il contatto umano la spinge a uscire dalla reclusione e, quando il naufrago sarà finalmente portato via dallisola, ad andarlo a cercare e a sorridergli. Il film è ben costruito, ha un piacevole retrogusto sentimentale ed è assai meno banale di quanto si potesse temere.