50° Thessaloniki Film Festival 2009 - Pagina 5

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50° Thessaloniki Film Festival 2009
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Il sangue e la pioggia
Il sangue e la pioggia
La sangre y la lluvia (Il sangue e la pioggia) del colombiano Jorge Navas è un noir dalla struttura tradizionale e prevedibile. La storia si sviluppa in una notte di pioggia a Bogotà, dove una pubblicitaria alcolizzata e assatanata di sesso incontra casualmente un taxista che sta fuggendo da un gruppo di delinquenti che vogliono vendicare la morte di un loro compare, ucciso dal fratello dell’autista. Asfalto bagnato, alcol e cocaina a valanga, amplessi sordidi, luci al neon, revolverate, botte e massacro finale inseriscono quest’opera nel binario del più tradizionale cinema di genere senza aggiungervi un grammo di novità.
Heliopolis
Heliopolis
Heliopolis dell'egiziano Ahmad Abdalla è il classico racconto a più personaggi riuniti dal fatto di vivere nel quartiere cairota di Heliopolis. I modelli cui s'ispira il regista sono numerosi e di vecchissima data. C'è il soldatino costretto a un lungo servizio di guardia che allevia la solitudine sfamando un cagnolino randagio, il medico che ha ottenuto un incarico all’estero ed è incerto se andare o restare, la coppia che sta mettendo su casa e deve fare conti con la mancanza di soldi. In poche parole un'umanità varia che sopravvive nel caos di una grande città. C’è davvero poco di nuovo dal punto di vista narrativo e ancor meno da quello stilistico. Il modello, accolto quasi pedissequamente, è quello di un certo neorealismo minimo, davvero fuori tempo.
Niente di personale
Niente di personale
Come già notato i titoli in cartellone, erano davvero molti. Alcuni meritano di essere ricordati. Una delle opere più interessanti è stata Nonthing Personal (Niente di personale), primo lungometraggio dell’olandese d’origine polacca Urszula Antoniak. Vi si descrivono con precisione e grande partecipazione i triboli di una giovane che reagisce alla fine di un amore (morte o fuga dell’amato non è dato sapere) iniziando a camminare verso nord. Dormendo in tenda, campando di poco, circondata da un paesaggio verde e freddo della Connemara (Irlanda occidentale) arriva in un’isola magnifica in cui vive un vedovo che cura un piccolo giardino, cattura aragoste e le offre un tetto. Dapprima lei rifiuta sospettando delle intenzioni dell’uomo, poi, poco a poco, è conquistata dalla sua gentilezza sino a condividerne il letto. Proprio quando sembra essere approdata a un momento di quiete, l’uomo muore improvvisamente. Lei si stringe per un’ultima volta alla salma, poi riprende il viaggio incurante del fatto che il morto l’ha lasciata erede della casa e dei suoi averi. E’ quello che si suole dire un film d’attori, nel senso che gran parte del fascino dell’opera poggia sulla recitazione perfetta e toccante di Stephen Rea e Lotte Verbeek. Tuttavia non si esauriscono in questa direzione i dati positivi di un film che trova nella costruzione del quadro di due solitudini, anche l’uomo è rimasto vedovo da poco, punte di alta commozione. Pregevole, in particolare, la performance di Lotte Verbeek che riesce a rendere più che credibile lo strazio che traspare da una violenza di comportamento che copre e svela una profonda necessità d’affetto. Davvero un testo pregevole.