25 Novembre 2009
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27° Torino Film Festival
Nell'ambito del ventisettesimo Torino Film Festival sono stati presentati i nuovi film di due registi tra i più vicini al mondo della musica rock: Julien Temple e Jonathan Demme. Per quanto riguarda il britannico Julien Temple, il suo Oil City Confidential racconta la storia dei Dr. Feelgood, una band che tra la metà degli anni '70 e l'inizio degli anni '90 ebbe un buon successo di pubblico in Europa ma soprattutto ebbe un forte seguito in patria. La principale voce narrante è quella dell' istrionico Wilko Johnson, chitarrista, compositore e agitatore 'politico-culturale' della comunità di Canvey Island, la cittadina petrolifera dell'Essex, nella quale il gruppo si formò nel 1972.
La raffineria che appare spesso nelle immagini offre uno scenario perfetto, per evocare l'aspro contesto, anche dal punto di vista ambientale, che contribuì all' affermarsi del ruvido rock-blues della band. Come nell'omaggio di Temple a Joe Strummer (Il futuro non è scritto) l'uso di testimonianze e di materiali d'archivio è massiccio ma ben dosato, quindi mentre la musica rimane sullo sfondo viene svelata la parte più drammatica della storia e cioè la scomparsa di Lee Brilleaux nel 1994 a causa di un linfoma. Un tocco d'ironia, geniale e commovente, é il giro turistico nei 'luoghi dei Dr. Feelgood': derelitte zone portuali, pontili di cemento armato e l'onnipresente skyline di fumi e ciminiere fanno da sfondo alla passeggiata domenicale di un gruppo di fans.
Tutt'altra storia per il secondo omaggio di Jonathan Demme alla figura di Neil Young, dopo il ben riuscito Heart of Gold del 2006; Neil Young Trunk Show non centra del tutto l'obiettivo di creare un documentario efficace e inconsueto tramito l'effetto sgranato delle videocamere digitali e l'ambientazione teatrale. I pochi momenti di backstage sono perlopiù irrilevanti ( alzi la mano a chi importa dell'unghia rotta della rockstar!) oppure poco chiari, come la confusa sequenza nella scuola per disabili che il cantautore sostiene da molti anni. Qualche split-screen, un pianoforte dipinto, l'organo con le ali e il pittore-sultano che si aggira sul palco non bastano a distrarre lo spettatore dall'incredibile energia che Young dispensa nei roventi brani elettrici; basti pensare che un quarto del film è occupato dai ben venti minuti di 'No Hidden Path'. Anche durante i momenti più intimi, con il protagonista da solo sul palco, abbondano inquadrature già viste e ricorrenti nell'iconografia younghiana. Il film dunque rassicura per quanto riguarda il 'tiro' del vecchio Neil sul palco, mentre il regista arranca, e, in cerca d'aria fresca e ispirazione, annuncia che se farà un terzo film sul canadese sarà nell'occasione di un concerto all'aperto.
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