55° Thessaloniki Film Festival 2014

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TIFF55 poster55mo Thessaloniki Film Festival 2014

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Un film prodotto da Ungheria, Germania e Svezia, White God (Dio bianco) di Kornél Mundruczò ha inaugurato il Festival, la più importante manifestazione cinematografica greca, presenta in catalogo trecento film e dedica una grande retrospettiva ai cento anni del paese. In concorso abbiamo visto un film lettone, Modris, primo lungometraggio di finzione di Juris Kursietis dopo aver girato tre documentari. Il giovane Modris non ha ancora compiuto diciott’anni e vive con la madre che gli ha sempre detto che suo padre è in prigione. Cresciuto senza una guida, taciturno, il ragazzo frequenta saltuariamente un liceo di Riga. Le assenze sono dovute alla sua addizione al gioco e alla ricerca di denaro per soddisfare la sua dipendenza. Prima vittima la madre alla quale sottrae soldi, ma quando smonta e vende la stufa, lei lo denuncia affinché non segua la stessa sorte del padre.

ModrisUna volta schedato, la sua vita è monitorata dalla polizia. No e un cattivo ragazzo, ma è debole e sbandato. Ne approfitta una squinternata e malvagia compagna di scuola che lo induce a infrangere la legge, altri gli rubano i documenti e lui stesso arriva alla terza trasgressione facendosi sorprendere a bere alcool sulla via pubblica. Questa volta dovrà scontare i due anni di carcere che gli erano stati sospesi in prima istanza. Ambientata d’inverno a Riga, in giorni senza sole e con le strade coperte di neve, la vicenda di questo giovane è senza speranza. L’adolescente tenta tuttavia di rintracciare il padre che scoprirà lavorare in un’azienda di legnami, ma lo vedrà soltanto in carcere, quando la sua detenzione avrà riavvicinato i genitori. Film di novantotto minuti, interpretato con misura da Kristers Piksa e Rezija Kalnina, mette a fuoco l’inevitabile destino di un giovane sbandato che si isola da tutti e di tutti diventa la vittima.
The Duke of BurgundySconcertante la reazione del pubblico alla proiezione del film dell’inglese Peter Strickland The Duke of Burgundy (Il duca di Buirgundy), visto nella sezione Open Horizons, dura centosei minuti, ma dopo la prima mezz’ora è iniziato un esodo sincopato ma regolare. Alla fine c’è stato anche un po’ di chiasso. Sicuramente è un film per pochi, apparentemente lento e ripetitivo, simile a un ragno che tesse la tela, che narra la relazione a sfondo erotico e feticistico tra una studiosa di farfalle, ricercatrice e docente universitaria, e una trentenne appassionata di lepidotteri di quindici anni più giovane. La vicenda si svolge in villa nella campagna inglese, dove la seconda serve la prima sempre occupata con i suoi studi. Il rapporto tra amanti diventa spesso una relazione serva-padrona. Interpretato essenzialmente dalla coppia: Sidse Babett Knudsen (Cynthia) e Chiara D’Anna (Evelyn) il film non ne disdegna i difetti, dalla gelosia ai possibili tradimenti, ma è soprattutto una sorta di teatro da camera in chiave gotico-erotica con rituali macabri. Le relazioni sessuali sono appena accennate, in maniera simbolica, tra due protagoniste non più adolescenti e molto coperte. I dialoghi a volte offrono sponde curiose, ma sono limitati al massimo in un film di immagini sorretto dalle musiche di Rob Entwistle e Martin Pavey.