24 Novembre 2009
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50° Thessaloniki Film Festival 2009 |
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I premi |
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Il palmares ufficiale ha segnato la vittoria di Ajami sia per quanto riguarda il maggiore riconoscimento sia per ciò sia la migliore sceneggiatura. Questo film aveva già ottenuto una menzione speciale della sezione Camera dOr (miglior debutto) al festival di Cannes 2009 e il massimo riconoscimento del Festival du Cinema Mediterranèe di Montpellier. Lopera è firmata dallisraeliano Yaron Shani e dal palestinese Scandar Copti che hanno impiegato ben sette anni per portarla a termine. Il quartiere di Ajami, a Jaffa, è uno dei tanti luoghi in cui si mescolano razze e religioni, legalità e delinquenza. Il film è diviso in due parti che corrispondono ad altrettante storie. La prima racconta la faida che si apre fra una famiglia palestinese e un clan beduino dopo che un palestinese ha ferito gravemente un beduino che si era presentato a riscuotere il pizzo nel ristorante gestito da un membro dellaltro gruppo. La mediazione di un venerabile potrebbe anche portare alla pace fra i due gruppi, sennonché la somma stabilita come risarcimento del torto è talmente alta da non poter essere pagata. A questo punto inizia la seconda storia. Un giovane palestinese lavora in nero in un ristorante per raccogliere il denaro necessario a far operare la madre. Qui incontra un quasi coetaneo che sogna un futuro di pace al fianco della fidanzata israeliana. Un altro personaggio, destinato ad avere unimportanza vitale nel racconto è un poliziotto israeliano che vive nella speranza di vendicare un suo fratello trovato morto nel fondo di una grotta. Queste storie sincroceranno in un finale dai toni grandguignoleschi in cui, alla maniera dei film di Quentin Tarantino, le sparatorie e il sangue si mescolano sprazzi d'ironia. Così raccontato il film, può sembrare persino banale sennonché i due registi sindustriano a mescolare tempi e luoghi, a fare vedere loggi prima dello ieri, a trascurare volutamente passaggi normativamente importanti lasciandoli alla fantasia dello spettatore. E un processo narrativo non lineare di cui non sempre si comprende la necessità estetica. Allo stesso modo la scelta stilistica di favorire le atmosfere cupe se, da un lato, appare funzionale al sostanziale pessimismo degli autori sulla speranza di una vera pace fra le genti dIsraele, dallaltro affatica lo svilupparsi del racconto rendendo alcune parti più oscure del necessario. In definitiva è un testo a tratti pregevole, sovrabbondante e non sempre lucido.
Il premio speciale della giuria è andato a un film molto bello e quasi nuovo perché, negli stessi giorni, è stato premiato anche al Festival di Torino. Medalia de onoare (Medaglia al valore) del rumeno Calin Peter Netzer che ha ottenuto anche, ex aequo, quello per la migliore sceneggiatura, il riconoscimento dei critici (FIPRESCI) e il diploma per il migliore interprete maschile. E un riconoscimento che conferma il felice momento attraversato da questa cinematografia. Un ex combattente della seconda guerra mondiale, oggi settantacinquenne, riceve dal ministero della guerra la comunicazione che è stato insignito di una medaglia al valore per unazione compiuta nel 1944, durante la guerra contro i nazisti dopo che la Romania aveva cambiato fronte passando dallalleanza con le potenze dellAsse a quella con lUnione Sovietica. Da qualche tempo pensionato, luomo vive fra le mille difficoltà che segnano la vita di tutti i giorni. Il figlio è emigrato in Canada, si è sposato con una ragazza di colore e intrattiene rapporti quasi solo con la madre. La vita coniugale è segnata da mutismo fra i coniugi, un rancore inspessito dagli inciampi della vita quotidiana: il riscaldamento che non funziona, la difficoltà di saldate puntualmente le spese damministrazione, i vicini che parlano quasi solo con la moglie. In questuniverso grigio il riconoscimento ministeriale diventa, una sorta di rivincita, un momento di ritrovata dignità. Sennonché, pochi giorni dopo arriva una seconda lettera che segnala come la prima comunicazione sia inviata per errore: la medaglia non è del pensionato ma di un suo quasi omonimo. Sembrerebbe un piccolo incidente, ma luomo si è inorgoglito, ha trovato una ragione didentità, non vuole restituire il pezzetto di metallo e, quando è costretto a farlo a forza, se ne compra un altro da un rigattiere e lo sfoggia con orgoglio al pranzo organizzato per la visita del figlio, ritornato brevemente a casa dopo un paio danni. E una cerimonia in cui limbarazzo si taglia con il coltello, tutti sembrano felici, anche se quasi non parlano con lui, solo il nipotino, che lui vede per la prima volta, da importanza alla medaglia, ma lo fa solo per giocarci. Lanziano, triste e deluso, può solo trincerarsi dietro un mesto sorriso di circostanza. E una storia molto semplice, trattata con finezza e grande attenzione psicologica. Vi traspare molto di più che non un semplice aneddoto, bensì il quadro di una condizione umana umiliata ieri, messa da parte oggi. Questo vecchio illuso è parente stretto dei milioni di esseri umani prima schiacciati dal socialismo reale, poi travolti dal capitalismo selvaggio. Un film che tratteggia un quadro di grande umanità e lo fa con misura e delicatezza.
Già che siamo in tema di cinema rumeno, una delle pochissime cinematografie che mostrano ancora una pregevole vivacità creativa, citiamo Caravana cinematografica (Cinema mobile) del rumeno Titus Munteam conferma lo stato di buona salute di questa cinematografia anche quando imbocca strade già sperimentate. In questopera risuonano echi di testi conosciuti, uno per tutti Lispettore generale (Revizor, 1936) di Nikolaj Vasil'evič Gogol' (1809 1852) e richiami stilistici alla commedia di costume italiana. Siamo nel 1959 in un piccolo villaggio di campagna ove arriva un funzionario culturale mandato dalla direzione provinciale del partito con cinema mobile per proiettare ai paesani lennesimo film bellico di esaltazione del regime. E un giovane funzionario ambizioso, ottuso e frustrato. Ha passato la giovinezza in un orfanatrofio e ora vive lincarico come una rivincita delle umiliazioni che ha dovuto subire. La cronaca disorganizzazione della burocrazia - nessuno ha tenuto conto che gli abitanti del paesino lavorano in una città vicina e ritornano solo il sabato per cui non cè quasi nessuno, così come non si sono state prese in considerazione le continue interruzioni nellerogazione dellenergia elettrica - e linclemenza del tempo - infuria varo e proprio alluvione - forniscono il pretesto al piccolo burocrate per scorgere sabotatori e anticomunisti da ogni parte. Così, quando un mandriano debole di mente, manda le mucche a cozzare contro il camion - cinema facendolo finire in un fosso, non accetta che la cosa come un banale incidente di percorso, ma vi scorge una trama sovversiva da denunciare alle autorità. Allo stesso modo quando alcuni rulli di pellicola finiscono accidentalmente in acqua, non pensa a una normale sbadataggine, ma a una trama controrivoluzionaria. Lunica cosa che lo intenerisce sono i begli occhi e il corpo sinuoso della giovane bibliotecaria la cui immagine mentre si aggiusta le calze lo induce a masturbarsi, visto dalla donna, mentre scorre ciò che resta del film patriottico. In qualche modo la missione educatrice è portata temine, ma, prima di ripartire per il capoluogo di provincia il piccolo burocrate fa fermare il camion davanti alla casa in cui abita la giovane, scende e la violenta. Poco dopo arriva la notizia che, nonostante le assicurazioni fornite dal piccolo funzionario prima di andare via, una commissione dinchiesta è già in viaggio per scovare i sabotatori che si annidano fra i poveri paesani. E un film molto amaro, una di quelle opere che coprono con sorriso e gag la denuncia di unepoca terribile che nessuno rimpiange. Il modello narrativo è, in tutta evidenza, quello della commedia italiana, anche se la malinconia e la pena superano notevolmente la voglia di ridere. Stilisticamente il film non eccelle in originalità, ma ha una forza morale e politica che merita grande attenzione.