Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia 2008 - ottavo giorno

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Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia 2008
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Mercoledì 3 settembre – Ottavo giorno
Rachel si sposa
Rachel si sposa
Rachel Getting Married (Rachel si sposa) di Jonathan Demme è il terzo titolo americano in concorso. In una famiglia ricca, progressista, aperta ai rapporti interetnici si sta per celebrare il matrimonio della figlia maggiore. E’ l’occasione per il ritorno a casa, in licenza temporanea, della figlia minore, che sta passando un periodo di riabilitazione dalla dipendenza di droghe dopo aver causato, in stato confusionale, la morte del fratellino. Come delle migliori riunioni di famiglia, i momenti di gioia si alternano all’uscita degli scheletri dagli armadi. Gelosie e rancori fra sorelle, eccesso di buonismo da parte del padre, ora accasato con una donna di colore dopo il divorzio da una moglie conformista e perbenista, scoperta gioiosa che la futura sposa già aspetta un bambino. Tutto questo accompagnato alle turbe della ragazza in libertà vigilata, ai suoi smarrimenti, al dolore per un senso di colpa tutt’altro che superato. E’ un quadro, preciso e ricco di sfumature, di un interno familiare cui la regia guarda con un po’ troppa indulgenza, stiracchiando le situazioni, rinunciando a trarre una valutazione qualsiasi in favore di uno sguardo freddo sull’esistente. Un buon ritratto complessivo, ma non un’opera memorabile. Da sottolineare la grande e sofferta prestazione di Anne Hathaway, nel ruolo della sorella in crisi, che si candida con forza al premio per la migliore interpretazione femminile.
I gattonatori del cielo
I gattonatori del cielo
In concorso si è visto anche un secondo disegno animato giapponese. The Sky Crawler (I gattonatori del cielo) di Mamoru Oshii prende le mosse dal romanzo omonimo di Hiroschi Mori e racconta, in clima da fantascienza, la guerra infinita fra due multinazionali che usano come piloti adolescenti, modificati geneticamente in modo che non invecchiano mai. Non solo, quando uno di loro muore in uno scontro aereo, se ne impianta il patrimonio conoscitivo in un altro essere, in modo che nulla vada perduto. Come già segnalato in precedenza, questo tipo di cinema richiede conoscenze specifiche, perciò basti l’impressione di un disegno computerizzato d’altissimo livello e di un tema decisamente inquietante, affrontato senza ottimismo o di facili soluzioni. Forse non un film perfetto, dal punto di vista della tecnica, ma ben più interessante di tanti altri prodotti insopportabilmente zuccherosi.
Le spiagge di Agnès
Le spiagge di Agnès
Fuori concorso si è visto anche l’ultimo, straordinario, documento autobiografico della cineasta francese Agnès Varda che, rivisitando le spiagge della sua vita (Les Plages d’Agnès), ci offre una riflessione su un’esistenza e una sequenza d’eventi che hanno segnato il secolo scorso, in uno con la testimonianza di una genialità, con solo cinematografica, di grande forza. E’ un film ad un tempo dolce e struggente, che rievoca grandi personaggi, purtroppo scomparsi, come Philippe Noiret, Jean Villar, Gérard Philipe, o attori, all’epoca esordienti, come Catherine Deneuve, Michel Piccoli e Gérard Depardieu. Un tour dolce e doloroso nella memoria di un’intera generazione.
L'apprendista
L'apprendista
Il cinema francese ha abbandonato da tempo Parigi quale scenario unico o quasi delle sue opere. Favorito anche da una serie di norme che assegnano alle grandi regioni la possibilità di concedere sostanziose agevolazioni finanziare ai produttori che girano sul loro territorio, un’importante parte del cinema di questo paese ha volto lo sguardo alle regioni pirenaiche, a quelle del Passo di Calais, al lionese, in poche parole alla Francia profonda. Nel quadro di questo rinnovato interesse al decentramento c'è da segnalare una particolare attenzione per la campagna, come dimostra, ad esempio, il lungo e minuzioso lavoro che il regista e grande fotografo Raymond Depardon ha dedicato agli agricoltori che vivono nel Massiccio Centrale con la serie Profils paysans (Profili contadini): L’appoche (L’approccio, 2000), Le quotidien (Il quotidiano, 2005), La vie moderne (La vita moderna). E' un tipo di cinema che non rinuncia alla narrazione, ma la filtra attraverso uno stile che utilizza i tempi e i modi del documentario, ad iniziare dall'uso di attori presi dalla strada, come si diceva ai tempi del neorealismo. Samul Collardey, documentarista di vaglia - Renè et Yvonne (Renè e Yvonne, 2004), Du soleil en hiver (Sole in inverno, 2005) - ha scelto, per esordire nel lungometraggio con L'apprenti (L'apprendista), una storia che mette in parallelo i rapporti padre – figlio e uno sguardo lucido e solidale alla vita nei campi. Il film racconta l'anno scolastico, attraverso tre stagioni, di un quindicenne che studia in un istituto agrario alternando lezioni sui libri all'esperienza pratica presso una piccola fattoria. Siamo nel Doubs, nella Franche-Comté (Franca Contea), ai confini con la Svizzera. Qui, in una campagna dolce e severa, fotografata in modo stupendo dallo stesso regista, lo studente, allevato dalla madre operaia dopo che il padre se n'è andato, stabilisce un legame quasi figliare con l'anziano proprietario dell'azienda che, a sua volta, ha il cuore oppresso dalla morte, a soli cinque anni, del figlio maschio. Sono due solitudini che trovano un terreno comune nel lavoro e nel rapporto con una natura che la regia si guarda bene dall'idealizzare. A questo proposito si veda la partecipe oggettività con cui sono descritti alcuni momenti molto emozionali, come l'uccisione del maiale, la nascita del vitello o la caccia con la fionda alle galline. Parallelamente allo sguardo sul paesaggio, il film si segnala per l'efficacia di una colonna sonora che intreccia canzoni moderne e rumori della natura. Ne emerge un ritratto complesso, che evita le facile semplificazioni e le nostalgie di maniera per guardare con occhio attento ad un mondo arcaico – moderno che sopravvive a prezzo di grandi sacrifici. Un'umanità troppo spesso trascurata, ma vitale quanto poche altre.