26 Agosto 2008
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Giorno per giorno.
27 agosto - 6 settembre 2008
Martedì 26 agosto Prologo
Mostra Internazionale d'arte cinematografica di Venezia 2008 - Giorno per giorno.
27 agosto - 6 settembre 2008
Martedì 26 agosto Prologo
Non è facile, né molto utile, tentare di disegnare il profilo di una grande rassegna internazionale di film sulla base dell'elenco delle opere annunciate. Questo per almeno un paio di buone ragioni. Prima di tutto c'è la tendenza dei maggiori festival (o Mostre) a mettere insieme elenchi di titoli molto ampli partendo dal desiderio, confessato, di offrire ai frequentatori un ventaglio molto ampio di quanto di meglio prodotto dalle maggiori cinematografie, proposto a cui si accoppia quello, inconfessato, di tagliare l'erba sotto i piedi dei concorrenti, privandoli di produzioni che potrebbero rendere appetibili i loro programmi. Una corsa all'accumulo che, da un lato, inzeppa i cartelloni con decine e decine di titoli, non tutti di primissima scelta, dall'altro rende i programmi dei maggiori festival verificabili solo in parte. Se a tutto questo si aggiungono le difficoltà ad avere a disposizione, nei tempi necessari, i titoli che si vogliono e le scelte dei produttori testi ad offrire il miglior lancio possibile ai loro titoli, se ne deduce un groviglio in cui è difficile individuare un bandolo preciso. Messe da parte queste premesse, è possibile rintracciare nel programma della sessantacinquesima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia due caratteristiche. La prima è una forte presenza di film italiani: quattro in concorso e una ventina, se si considera l'insieme delle sezioni. Non è un dato sorprendente se si considera che le produzioni americane sono cinque e sei quelle a partecipazione francese. La vera novità si coglie nei commenti che hanno accompagnato questa scelta, valutazioni che, dopo il successo a Cannes di Gomorra di Matteo Garrone e Il Divo di Paolo Sorrentino, non hanno esitato a parlare di rinascita del nostro cinema, laddove sarebbe stato assai più predente registrare l'uscita contemporanea di due opere di grande forza che non testimoniano affatto una ripresa generale della cinematografia nazionale. Un altro dato segnala sia la presenza in forze, come già notato, della cinematografia americana, sia di quelle legate alla Francia. Per quanto riguarda i film a stelle e strisce la scelta propone un ventaglio equilibrato di autori e opere collocabili sia in direzione del cinema spettacolare, (Hurt Locker di Kathryn Bigelow, Rachel Getting Married di Jonathan Demme) sia verso quello del film d'autore (Vegas: Based on a True Story di Amir Naderi, The Wrestler di Darren Aronofsky, The Burning Plain di Guillermo Arriaga). La forza della Francia, infine, nasce sia dalla solidità culturale e produttiva di quella cinematografia (Inju, la Bête dans lombre di Barbet Schroeder, LAutre di Patrick Mario Bernard e Pierre Trividic), sia dalla scelta di quel paese di offrire un appoggio alle nazioni africane che guardano con particolare favore all'area francofona (Gabbla dell'algerino Tariq Teguia) sia, infine, all'interesse verso i paesi in cui il cinema sta vivendo stagioni particolarmente fortunate, ma che non dispongono di robuste strutture produttive (Teza di Haile Gerima, coproduzione con Etiopia e Germania, Süt di Semih Kaplanoglu, coproduzione con Turchia e Germania, Nuit de chien di Werner Schroeter, (coproduzione con Germania e Portogallo).
In ogni caso un cartellone che comprende non pochi titoli, sulla carta, ricchi d'interesse. Come si suol dire, il vero al bilancio a quando gli schermi si spegneranno, il 6 settembre.Non è facile, né molto utile, tentare di disegnare il profilo di una grande rassegna internazionale di film sulla base dell'elenco delle opere annunciate. Questo per almeno un paio di buone ragioni. Prima di tutto c'è la tendenza dei maggiori festival (o Mostre) a mettere insieme elenchi di titoli molto ampli partendo dal desiderio, confessato, di offrire ai frequentatori un ventaglio molto ampio di quanto di meglio prodotto dalle maggiori cinematografie, proposto a cui si accoppia quello, inconfessato, di tagliare l'erba sotto i piedi dei concorrenti, privandoli di produzioni che potrebbero rendere appetibili i loro programmi. Una corsa all'accumulo che, da un lato, inzeppa i cartelloni con decine e decine di titoli, non tutti di primissima scelta, dall'altro rende i programmi dei maggiori festival verificabili solo in parte. Se a tutto questo si aggiungono le difficoltà ad avere a disposizione, nei tempi necessari, i titoli che si vogliono e le scelte dei produttori testi ad offrire il miglior lancio possibile ai loro titoli, se ne deduce un groviglio in cui è difficile individuare un bandolo preciso. Messe da parte queste premesse, è possibile rintracciare nel programma della sessantacinquesima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia due caratteristiche. La prima è una forte presenza di film italiani: quattro in concorso e una ventina, se si valuta l'insieme delle sezioni. Non è un dato sorprendente se si considera che le produzioni americane sono cinque e sei quelle a partecipazione francese. La vera novità si coglie nei commenti che hanno accompagnato questa scelta, valutazioni che, dopo il successo a Cannes di Gomorra di Matteo Garrone e Il Divo di Paolo Sorrentino, non hanno esitato a parlare di rinascita del nostro cinema, laddove sarebbe stato assai più predente registrare l'uscita contemporanea di due opere di grande forza che non testimoniano affatto una ripresa generale della cinematografia nazionale. Un altro dato segnala sia la presenza in forze, come già notato, della cinematografia americana, sia di quelle legate alla Francia. Per quanto riguarda i film a stelle e strisce la scelta propone un ventaglio equilibrato di autori e opere collocabili sia in direzione del cinema spettacolare, (Hurt Locker di Kathryn Bigelow, Rachel Getting Married di Jonathan Demme) sia verso quello del film d'autore (Vegas: Based on a True Story di Amir Naderi, The Wrestler di Darren Aronofsky, The Burning Plain di Guillermo Arriaga). La forza della Francia, infine, nasce sia dalla solidità culturale e produttiva di quella cinematografia (Inju, la Bête dans lombre di Barbet Schroeder, LAutre di Patrick Mario Bernard e Pierre Trividic), sia dalla scelta di quel paese di offrire un appoggio alle nazioni africane che guardano con particolare favore all'area francofona (Gabbla dell'algerino Tariq Teguia) sia, infine, all'interesse verso i paesi in cui il cinema sta vivendo stagioni particolarmente fortunate, ma che non dispongono di robuste strutture produttive (Teza di Haile Gerima, coproduzione con Etiopia e Germania, Süt di Semih Kaplanoglu, coproduzione con Turchia e Germania, Nuit de chien di Werner Schroeter, (coproduzione con Germania e Portogallo).
In ogni caso un cartellone che comprende non pochi titoli, sulla carta, ricchi d'interesse. Come si suol dire, il vero al bilancio a quando gli schermi si spegneranno, il 6 settembre.
In ogni caso un cartellone che comprende non pochi titoli, sulla carta, ricchi d'interesse. Come si suol dire, il vero al bilancio a quando gli schermi si spegneranno, il 6 settembre.Non è facile, né molto utile, tentare di disegnare il profilo di una grande rassegna internazionale di film sulla base dell'elenco delle opere annunciate. Questo per almeno un paio di buone ragioni. Prima di tutto c'è la tendenza dei maggiori festival (o Mostre) a mettere insieme elenchi di titoli molto ampli partendo dal desiderio, confessato, di offrire ai frequentatori un ventaglio molto ampio di quanto di meglio prodotto dalle maggiori cinematografie, proposto a cui si accoppia quello, inconfessato, di tagliare l'erba sotto i piedi dei concorrenti, privandoli di produzioni che potrebbero rendere appetibili i loro programmi. Una corsa all'accumulo che, da un lato, inzeppa i cartelloni con decine e decine di titoli, non tutti di primissima scelta, dall'altro rende i programmi dei maggiori festival verificabili solo in parte. Se a tutto questo si aggiungono le difficoltà ad avere a disposizione, nei tempi necessari, i titoli che si vogliono e le scelte dei produttori testi ad offrire il miglior lancio possibile ai loro titoli, se ne deduce un groviglio in cui è difficile individuare un bandolo preciso. Messe da parte queste premesse, è possibile rintracciare nel programma della sessantacinquesima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia due caratteristiche. La prima è una forte presenza di film italiani: quattro in concorso e una ventina, se si valuta l'insieme delle sezioni. Non è un dato sorprendente se si considera che le produzioni americane sono cinque e sei quelle a partecipazione francese. La vera novità si coglie nei commenti che hanno accompagnato questa scelta, valutazioni che, dopo il successo a Cannes di Gomorra di Matteo Garrone e Il Divo di Paolo Sorrentino, non hanno esitato a parlare di rinascita del nostro cinema, laddove sarebbe stato assai più predente registrare l'uscita contemporanea di due opere di grande forza che non testimoniano affatto una ripresa generale della cinematografia nazionale. Un altro dato segnala sia la presenza in forze, come già notato, della cinematografia americana, sia di quelle legate alla Francia. Per quanto riguarda i film a stelle e strisce la scelta propone un ventaglio equilibrato di autori e opere collocabili sia in direzione del cinema spettacolare, (Hurt Locker di Kathryn Bigelow, Rachel Getting Married di Jonathan Demme) sia verso quello del film d'autore (Vegas: Based on a True Story di Amir Naderi, The Wrestler di Darren Aronofsky, The Burning Plain di Guillermo Arriaga). La forza della Francia, infine, nasce sia dalla solidità culturale e produttiva di quella cinematografia (Inju, la Bête dans lombre di Barbet Schroeder, LAutre di Patrick Mario Bernard e Pierre Trividic), sia dalla scelta di quel paese di offrire un appoggio alle nazioni africane che guardano con particolare favore all'area francofona (Gabbla dell'algerino Tariq Teguia) sia, infine, all'interesse verso i paesi in cui il cinema sta vivendo stagioni particolarmente fortunate, ma che non dispongono di robuste strutture produttive (Teza di Haile Gerima, coproduzione con Etiopia e Germania, Süt di Semih Kaplanoglu, coproduzione con Turchia e Germania, Nuit de chien di Werner Schroeter, (coproduzione con Germania e Portogallo).
In ogni caso un cartellone che comprende non pochi titoli, sulla carta, ricchi d'interesse. Come si suol dire, il vero al bilancio a quando gli schermi si spegneranno, il 6 settembre.