06 Luglio 2008
Indice |
---|
Festival di Karlovy Vary 2008 |
Pagina 2 |
Pagina 3 |
Pagina 4 |
Pagina 5 |
Pagina 6 |
I premi |
Tutte le pagine |
Pagina 2 di 7
Les Tremblement Lointains del belga Manuel Poutte ci porta allinterno del Senegal, ove un medico francese manda avanti, fra mille difficoltà, un piccolo dispensario. Con lui vive la figlia che lo odia perchè lo ritiene responsabile della morte della madre. La ragazza ha una relazione sentimentale con un giovane nativo che sogna di ottenere il visto per raggiungere la fidanzata che vive a Parigi. Il conflitto padre - figlia esplode con larrivo di un mercante darte in cerca di un idolo antico da rivendere sul mercato europeo. Il commerciante convince il giovane nero, in cambio della promessa di un visto per lEuropa, a guidarlo nella ricerca della statuetta. Alla spedizione si aggregano anche il dottore e la ragazza con esiti che oscilleranno fra il positivo la possibile riconciliazione fra padre e figlia e il drammatico allorché la donna confessa al ragazzo, che è analfabeta, di avere stravolto, per gelosia, il senso delle lettere che gli arrivavano dalla Francia. Il film tratta con freddezza espressiva il paesaggio africano, che quasi scompare fra le maglie dei conflitti interpersonali. Questi ultimi, poi, hanno una densità molto esile, dicono ben poco di nuovo e lasciano nel vago alcuni snodi fondamentali, come la reale natura del rapporto padre figlia. Tutto questo causa una decisa caduta nella narrazione e una progressiva mancanza dinteresse, difetti aggravati da prestazioni attoriali tuttaltro che eccezionali: Jean-François Stévenin sembra capitato nel film più per cogliere loccasione di una vacanza africana che per vera convinzione, Amélie Daure è completamente fuori ruolo, sia come età, sia come prestazione professionale, Daniel Duval pensa che il suo personaggio possa esprimersi solo con gesti nervosi o alzando il tono di voce. Unica prestazione interessante quella del musicista senegalese Papa Malick NDiaye che ha toni di autentica sofferenza. Nel complesso un film decisamente modesto.
Pretextos (Pretesti), primo lungometraggio della spagnola Silvia Munt. Sono varie storie che sincrociano attorno ad una coppia formata da una regista teatrale e un medico geriatra. Lei sta mettendo in scena, in modo nuovo e in uno spazio non tradizionale, la riduzione di un autore irlandese del racconto La signora dal cagnolino (Dama s sobachkoy, 1898) di Anton Pavlovič Čechov. Al centro del riscorso registico ci sono il conflitto fra dovere e desiderio. Il discorso si sviluppa intrecciandosi con la vita quotidiana della teatrante, vicende di altre coppie per cui la creazione artistica partecipa ad un nodo di difficile scioglimento i cui suoni sono raccolti puntualmente ed ossessivamente dal figlio adolescente, nato dal primo matrimonio della donna. La regista ci propone un clima dimpronta antonioniana in cui sintrecciano riflessioni sul malessere del vivere, le relazioni coniugali e le introspezioni personali. Il risultato è sicuramente positivo, pur con qualche situazione eccessivamente ripetuta e con alcuni passaggi non chiarissimi.
Dr. Alemán (Il dottore tedesco) di Tom Schreiber ci riporta a vari temi contemporanei e di forte drammaticità: primo fra tutti il rapporto fra coscienza e sopravvivenza. Un giovane tedesco, appena laureato in medicina, arriva nella cittadina colombiana di Calì per svolgere un tirocinio presso il reparto di Pronto Soccorso in un ospedale. La realtà della città sudamericana, una delle capitali dellimpero della cocaina, lo mette subito a confronto sia con una violenza quotidiana particolarmente diffusa e feroce, sia con la divisione classista fra unelite borghese ricca e una sterminata platea di poveri o, spesso, miserabili. Casualmente vede in faccia un killer che ha appena ammazzato un rivale ricoverato nellospedale, dapprima nega ogni riconoscimento, poi, quando il delinquente tenta di arruolarlo al suo servizio, lo denuncia e lo uccide, non prima di essere stato picchiato a sangue da un clan rivale e veder ammazzare la donna di cui si è innamorato. Il film oscilla fra sequenze grandguignolesche e meditazioni psicologiche, spesso senza riuscire a trovare una sintesi accettabile anche se, nel complesso, si presenta come opera di ottima fattura e di grande interesse.
Fra i molti titoli passati in questi giorni nelle sezioni collaterali da segnalare Hao mao (Gatti bravi) del cinese Ying Liang, uno degli autori di punta del cinema non ufficiale di quel paese. Il titolo si riferisce alla famosa frase (Non è importante che il gatto sia bianco o nero, purché prenda i topi) con cui Deng Xiaoping (1904 1997) diede il via, nei primi anni ottanta, alleconomia socialista di mercato basata su un ferreo controllo del Partito Comunista sulle strutture politiche accompagnato da uno sfrenato liberismo economico. Sono indubbiamente bravi gatti quelli per cui lavora il giovane autista tuttofare di un manager che sta cementificando vaste della provincia di Sichuan, un processo di urbanizzazione forzata che non esclude nessun mezzo, legale o illegale. Lattenzione è rivolta ad un intero quartiere fatto di vecchie abitazioni che saranno rase al suolo per far posto ad orrendi grattaceli, con tanto di sfavillanti centri acquisti. Il racconto oscilla fra i problemi familiari e le crisi di coscienza di questo giovane e le pratiche di corruzione e violenza messe in atto dai suoi capi. Uno di questi impazzirà per il rimorso dopo che i suoi uomini hanno dato fuoco ad alcuni edifici per scacciante i proprietari, che non volevano accettare gli sfratti, incendio che ha causato alcuni morti. Quello che la regia ci mostra è un panorama allucinante, un mondo in cui, in nome della modernizzazione, si opprimono i poveri in modo peggiore di quanto capiti nel più feroce capitalismo occidentale. Un quadro in cui non esiste giustizia, ma solo collusione fra affarismo, polizia, politica e magistratura. E un immagine sconfortante che mostra di quanto sangue grondi laltra faccia della medaglia olimpica. Il film è stato girato con pochissimi mezzi: il primo lavoro di questo autore è costato appena 3.000 euro e questo non deve essere andato molto oltre questa cifra. La povertà di risorse ha costretto il regista a girare in elettronico e a fare quasi tutto da solo: regia, sceneggiatura, fotografia, montaggio, direzione artistica. Questa limitazione economica, se ha causato qualche ostacolo dal punto di vista della spettacolarità, non ha intaccato la forza durto dellopera, cui hanno dato un importante contributo i membri del complesso musicale rock Lamb Funeral (Il funerale dellagnello), altro gruppo ostico al regine.