Festival di Setubal 2008

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Festival di Setubal 2008
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I premi
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sito ufficiale: http://www.festroia.pt/
ImageIl Delfino d’Oro, massimo premio del Festival del cinema di Troia che si tiene da 24 anni nella cittadina portoghese di Setubal, questa volta ha preso la strada della Repubblica Ceca. Merito di Jan Svěrák, autore di Vratné lahve (Vuoti a rendere) cosceneggiato e interpretato dal padre Zdeněk. Operazione che ripropone il sodalizio familiare che è stato alla base del successo (Premio Oscar per il miglior film straniero) di Kolya (1996). Anche in questo caso gran parte del peso grava sulle spalle dell’anziano attore, capace, con la sua ironia di far accettare anche le soluzioni meno felici. Il film, di cui abbiamo parlato anche in occasione del Festival di Karlovy Vary, ruota attorno alla figura di un insegnante in pensione che non vuole farsi da parte e cerca di continuare a svolgere una vita attiva.
Vuoti a rendere
Vuoti a rendere
Se la scuola non lo interessa più, visto che sono gli alunni a comandare con la loro ignorante arroganza, allora cercherà qualche altra cosa. Prova come ciclista addetto alle consegne di pacchi e lettere, ma il fisico non lo regge. Meglio il ritiro delle bottiglie vuote in un piccolo supermercato. L’incarico gli consente il contatto con un’umanità sola e alla ricerca di calore umano, forse solo di uno scambio di battute cordiali. In casa le cose non vanno bene, la moglie, un’ex - insegnante di tedesco, soffre l’indifferenza del marito e il procedere degli anni. Quando sembra che tutto debba precipitare - nel supermercato non c’è più posto per lui visto che è arrivata una macchina per la consegna dei vuoti - un colpo di fantasia durante una gita a sorpresa organizzata in occasione del quarantesimo anniversario di matrimonio, metterà le cose a posto. Finale ottimistico per un film costantemente in bilico fra melanconia ed ironia e che ha i momenti migliori nelle fantasie erotiche del protagonista che non accetta il declino sessuale della vecchiaia. Nel film non tutto è di prima mano e ci sono ripetizioni nella parte del lavoro al supermercato, ma, nel complesso, scorre e si fa apprezzare per quel misto di tristezza e comicità che la innerva.
La classe
La classe
Visto e premiato a Karlovy Vary, precisamente nella sezione East of West, anche Klass (La classe, 2007) dell’estone Ilmar Raag che qui ha ottenuto il Premio Speciale della Giuria. Come Elephant (2003) di Gus Van Sant e Bowling for Columbine (2002) di Michael Moore il regista s’ispira alla strage compiuta, il 20 aprile 1999, da Eric Harris (18 anni) e Dylan Klebold (17 anni) che uccisero 12 persone, fra ragazzi e insegnanti, sparando a caso nella mensa del liceo di Columbine, nella Contea di Jefferson, in Colorado. Lo sguardo del cineasta estone è diverso da quello dei colleghi americani. Qui il massacro ha un tono di vendetta, quasi giustificata, alla persecuzione che i compagni di classe infliggono a Joosep, diventato uno zimbello dell’intera classe solo perché timido e ben curato nel vestire. Non serve al poveretto la protezione di Kaspar, il solo che lo difende e che finirà per subire gli stessi soprusi. I due, armati con pistole e fucile entrano nella scuola e compiono una strage. Il più maltrattato si ucciderà, mentre non sappiamo che cosa farà il compagno, che il finale ci mostra indeciso se spararsi o continuare a vivere. L’opera è percorsa da una forte tensione ed è un documento terribile di denuncia della violenza giovanile. Lo stile con cui è girato non ha nulla a che fare con la freddezza con cui Gus van Sant guarda ai protagonisti, come insetti da studiare al microscopio, né all’impeto politico che sorregge il film di Michael Moore. E’, piuttosto, una radiografia delle conseguenze psicologiche di una violenza continuata e immotivata. Un dato particolarmente agghiacciante si coglie nello sguardo con cui le compagne di classe seguono violenze e ingiurie: un coro apparentemente inerte, in realtà complice. Il film e’ costruito molto bene e teso al punto giusto