Festival di Cannes 2008 - 1° giorno

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Festival di Cannes 2008
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Mercoledì 14 maggio – Primo giorno.

CecitàLo scrittore portoghese José Saramago, premio Nobel per La letteratura 1998, ha scritto Ensaio sobre a cegueira (Cecità) nel 1995. Fermando Meirelles, prestigioso regista brasiliano – suo l’impietoso La città di Dio (2002) ha tradotto questo romanzo in film con il titolo di Blindness. E’ il titolo che ha inaugurato la 61ma edizione del Festival di Cannes, un’'apertura senza infamia né lode che mette assieme la spettacolarità di un film a grande bilancio e alcune suggestioni morali tali da essere accolte dalla totalità degli spettatori senza troppo sforzo. E’ un operazione densa di attori americani – Julianne Moore, Mark Ruffalo, Danny Glover ricca di mezzi, confezionata più sulla falsariga di un video clip che su quella di un film narrativo di stampo tradizionale. Cosa testimoniata, in modo particolare dall'’insistenza su piani di estremo dettaglio e dal modo con cui sono affrontate sia le sequenze di sesso, sia quelle d'’azione. La storia nasce da un’'intuizione a dir poco geniale. In una società non meglio precisata, anche se poliziotti e taxi sono riconoscibilmente americani, esplode una terribile epidemia che rende ciechi, senza alternare la funzionalità fisica degli occhi. Davanti a questa tragedia le autorità non trovano di meglio che isolare gli ammalati in una sorta di lager, ricavato entro un ospedale dimesso. Lasciati a se stessi gli ammalati precipitano in una condizione quasi animale: defecano nei corridoi, riempiono di immondizie ogni spazio, si lasciano morire di disperazione. Le case vanno appena meglio grazie alla moglie di un infettato, che si è fatta rinchiudere fingendosi cieca, per stare vicino al marito. Se il cordone sanitario costruito all'’esterno si mostra particolarmente feroce – i soldati sparano senza pietà su chiunque tenti d’'evadere – all’'interno crescono le tensioni sino al momento in cui i prigionieri di una camerata si proclamano signori dell'’intero complesso, pretendono di essere pagati per far arrivare anche agli altri il cibo inviato dall'’esterno, reclamano l’uso delle donne dell’'altro gruppo.CecitàSarà la falsa cieca a rovesciare la situazione uccidendo il capo degli oppressori e liberando i prigionieri dopo aver scoperto che, all'’esterno, non vi è più sorveglianza in quanto l’epidemia ha contagiato il mondo intero. La donna non contaminata guida un gruppo di contagiati sino alla sua casa, li ospita, rifocilla e tenta di ricostruire un barlume di società organizzata. Una mattina uno degli ex-prigionieri, il primo ad essersi ammalato, riconquista la vista, repentinamente e senza ragione apparente. Ora, forse, c’è speranza anche per gli altri. Il regista segue fedelmente le tracce del romanzo, ma lo tradisce nel profondo. Laddove lo scrittore costruiva una metafora dolente e terribile – la cecità (della mente più ancora che fisica) conduce alla dittatura – il cineasta punta su una storia spettacolare dalla blande valenze morali. Questi reclusi sono usciti più da un qualunque film carcerario che emblematici di una condizione umana che ha perso coscienza di sé. Il film risente di questa impostazione parziale e incompleta, preferisce puntare sulla storia, anziché che sul significato della stessa. In altre parole un film di buona confezione professionale, ma del tutto privo di valore metaforico. Uno specchio non riflette il mondo, ma solo se stesso.