Festival di Cannes 2006

Stampa
PDF
Indice
Festival di Cannes 2006
Pagina 2
Pagina 3
Pagina 4
Pagina 5
Pagina 6
Pagina 7
Pagina 8
Pagina 9
Tutte le pagine

Festival di Cannes 2006 - Giorno per giorno.

sito ufficiale: http://www.festival-cannes.fr/
ImageMercoledì 17 maggio – Primo Giorno.
Il 59mo Festival Internazionale del Film di Cannes si è aperto con un film, Il codice da Vinci, tratto da un romanzo che ha venduto, sino ad ora, più di quaranta milioni di copie. Un testo di gran successo, dunque, il cui cammino è stato segnato da aspre polemiche con la gerarchia cattolica, alcune importanti personalità della quale hanno invitato i fedeli a boicottare il film. Tanto scalpore per la tesi, non originalissima, ma indubbiamente dirompente, che pone l’accento sulla femminilità del Cristo. In altre parole si sostiene che Gesù ha avuto una vita umana normale tanto, da essersi sposato con Maria Maddalena che gli avrebbe dato alcuni figli. La donna, poi, sarebbe stata da lui designata come vera fondatrice della Chiesa Cattolica. Una tesi basata su interpretazioni tratte dai vangeli apocrifi, testi vari di storia della cristianità e su molte opere d’arte, prime fra tutte quelle di Leonardo da Vinci. Il film, dal bilancio di oltre 120 cento milioni di dollari, è stato affidato alle mani di Ron Howard, un sapiente confezionatore d’opere superspettacolari (Cocoon, 1985; Apollo 13, 1995; A Beautifull Mind, 2001; Cinderella Man, 2005). Il risultato finale mostra tutti i quattrini spesi, ma non va oltre. La storia, già debole nel libro la cui struttura assomiglia più alla sceneggiatura di un film di serie B che non ad un grande romanzo, perde ancora in verosimiglianza al punto che, nella proiezione stampa, sono risuonate varie risate in momenti che la regia pensava dovessero risultare, al contrario, molto drammatici. L’opera non funziona neppure sul versante puramente poliziesco e avventuroso, quello legato alla ricerca dei documenti che proverebbero la primogenitura ecclesiale di Maria Maddalena, la cui salma, ci si dice alla fine, sarebbe sepolta sotto la punta della piramide rovesciata che marca l’ingresso al Museo del Luovre. La storia è scombinata, piena di colpi di scena telegrafati un miglio prima, con intere parti in cui la decifrazione è affidata a fiumi di discorsi, segno che le immagini latitano e che al regista non passa per la testa neppure la più labile idea di cinema. In altre parole la contaminazione fra cultura alta, d’impostazione europea, e superspettacolarità hollywoodiana ha prodotto un clamoroso fallimento espressivo. Davvero un brutto inizio per il Festival.
Giovedì 18 maggio – Secondo Giorno.
Il Festival è iniziato con un film cinese interessante, ma non al livello delle opere migliori che sono venute, negli ultimi tempi, da quel grande paese. Summer Palace (Palazzo d’estate) di Lou Ye segue la vita di un gruppo d’universitari da 1987 al 2001, pedinandone le storie personali sullo sfondo dei grandi eventi che segnano questo quinquennio, dal massacro della Piazza Tian An Men alla caduta del muro di Berlino, alla dissoluzione dell’URSS. Il dato più interessante è proprio nella rappresentazione, per la prima volta da parte di un regista cinese, della repressione della protesta studentesca effettuata da esercito e polizia sulla piazza della capitale, il 3 giugno 1989. Il filo conduttore è offerto dalle relazioni sentimentali fra i vari membri del gruppo, in particolare fra una ragazza libera e inquieta venuta dalla lontana provincia, ai confini con la Corea, e uno studente intellettuale politicamente impegnato. Il film ha un ritmo troppo lento e dispersivo per essere veramente riuscito, anche se presenta vari momenti di grande cinema. Uno di questi è la sequenza della ragazza che si getta dal tetto di un palazzo di Berlino, ove era emigrata alla ricerca di una felicità che le era negata in patria e che non ha trovato nella capitale tedesca. Per il resto più buone intenzioni che cinema realmente riuscito. Un dato importante è nella costanza con cui questo autore prosegue, dopo Suzhou he (Il fiume Sezhou, 2000) e Zi hudie (La farfalla porpora, 2003), l’analisi sui problemi e il malessere della generazione che è nata sotto le ultime tracce del maoismo, ne ha subito la lunga agonia e deve fare i conti con la nuova società del denaro.