50mo Karlovy Vary International Film Festival - Pagina 5

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50mo Karlovy Vary International Film Festival
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babaiBabai, film d’esordio del kosovaro Visar Morina, è una nuova storia della drammatica diaspora seguita alla dissoluzione della ex-Jugoslavia e alle guerre che ne sono derivate. Vi si racconta di un ragazzino che cerca cocciutamente il padre emigrato in Germania senza dare più notizie. Per raggiungerlo sfida l’autorità del nonno, che deruba, e intraprende un viaggio solitario fra immigrati clandestini, trafficanti di esseri umani e pericoli d’ogni sorta. Tutto sarà inutile perché, una volta che lo avrà ritrovato, dovrà sperimentare sulla sua pelle quanto illusorio sia il sogno del paradiso tedesco tanto che il genitore deciderà di ritornare a casa. Lui lo seguirà, ma sarà scoperto dai doganieri serbi nascosto nel bagagliaio dell’auto che trasporta il padre. E’ un testo drammatico, una sorta di tragico road movie in cui non è difficile intravvedere in controluce il dramma di milioni di persone costrette dalle guerre ad abbandonare le proprie case. La regia punta molto sul bel volto di Val Maloku che dà vita al protagonista decenne persino con troppa leziosità e perfezione. Nel complesso il film si presenta come un’opera ben realizzata anche se non troppo originale.
BoxElementi che lo affratellano a Box (Pugilato) del rumeno Florin Şerban in cui si raccontano due delusioni parallele. La prima è quella che travolge l’attrice ungherese impegnata, senza troppo successo, in una versione de Le tre sorelle (Три сестры, 1900) di Anton Čechov (1860 – 1904). Nonostante si dia molto da fare non riesce a dare vita ad un’interpretazione che soddisfi pienamente il regista. A questo si aggiunge la difficile convivenza con un attore di successo in un matrimonio segnato da una passione ormai sopita. A fronte di questa storia al tramonto, c’è quella in piena ascesa del diciannovenne Rafael, un promettente pugilatore che ha appena ottenuto un ingaggio da pare di un importante manager. Purtroppo scopre quasi subito che fra ciò che ci si aspetta da lui c’è anche che perda a comando per lasciare strada libera ad un altro giovane su cui punta l’organizzazione controllata dal suo capo. Sarà proprio il primo incontro in cui sarà impegnato a far emergere la drammaticità della sua condizione, lasciandolo deluso e ferito, anche fisicamente, perché non ha subito obbedito agli ordini che gli sono stati impartiti. Queste due storie di delusione s’intrecciano quando il giovane incontra l’attrice e se ne innamora. La segue per settimane senza riuscire neppure a conoscerla e quando lei lo affronta si sente dire che è troppo giovane. Il finale è volutamente ambiguo con i due che entrano separatamente in un alberghetto. L’adulterio classico è il solo lenitivo delle ferite della vita o sono proprio queste ad aver dato coscienza alla coppia della realtà del vivere? Il film è costruito decisamente bene, anche se la narrazione lascia non pochi punti non chiariti e vale soprattutto per il quadro psicologico che propone allo spettatore.
The Snake BrothersKobry a užovky (I fratelli Serpente) del ceco Jan Prušinovský racconta di due fratelli uno dei quali, Cobra, marcia in bilico fra delinquenza, alcolismo e droghe, mentre l’altro, Vipera, riesce ad inserirsi a fatica in una vita normale accasandosi con una cameriera e avviando un locale che vende, in franchising, abiti di una nota casa tedesca. Un primo conflitto nasce quando un altro del gruppo, Tomáš, massacra il fratello malandrino dopo averlo scoperto mentre sta facendo l’amore con sua moglie, entrambi in evidente stato alcolico. Le cose precipitano allorché Cobra, che prima ha rubato soldi e televisori anche ai più stretti parenti, s’impossessa di una partita di pastiglie (anfetamine e Viagra) che uno dei soci del negozio ha importato illegalmente nascoste negli scatoloni che dovrebbero contenere solo scarpe. Un inseguimento in un parco termina con la morte del giovane irregolare, investito da un autocarro. Non tutto è chiarissimo così come si stenta a trovare un filo conduttore che dia un senso compiuto ad un film esageratamente lungo, centoundici minuti, e con troppa carne al fuoco per non risultare a tratti superficiale o inconcludente.

(U.R.)

East of the West continua a presentare prodotti interessanti che dimostrano la capacità dei selezionatori di trovare titoli quantomeno gradevoli o bene realizzati nel mondo delle opere prime e seconde in cui mancano ancora elementi per valutare l’autore. PrachPrach (Polvere di terra) è opera prima del ventinovenne regista Vít Zapletal che ha frequentato a Praga la scuola di cinema dal 2007 e che ha realizzato vari corti di buona qualità. Co-sceneggiatore e autentico autore di questo dramma dal taglio teatrale, ha scelto una narrazione in cui i tempi sono molto dilatati e dove si ha uno sviluppo naturale della vicenda senza colpi di scena o particolari trovate narrative. Pulito e bene confezionato, parrebbe il saggio di fine corso di una scuola di cinema, non certo film che emozioni in maniera particolare. Lo spettatore si pone davanti allo schermo e vede quello che accade, senza mai potersi immedesimare. Due fratelli, il maggiore regolarmente sposato ed il più giovane con una compagna che gli ha donato un figlio, si incontrano nella casa dei genitori in campagna dopo che il padre ha avuto un infarto. Dapprima ambedue si danno da fare per accudire l’uomo ma, durando più del previsto questa esigenza, si creano piccole e grandi tensioni. Un dramma familiare appena sussurrato dal regista che ha come cifra stilistica l’intimismo basato su di un suo convinto discorso sulla fede cristiana che fa distinguere il film dalla solita produzione ceca.
The wold is mineLumea e a mea (Il mondo è mio) dell'esordiente regista rumeno Nicolae Constantin Tănase tratta con una certa bravura un tema sempre difficile, quello delle adolescenti che vedono il loro futuro solo in funzione di denaro e notorietà, soprattutto se fanno parte della grande famiglia dei proletari. Una madre che sopporta le angherie di figlia e marito, l’uomo estremamente violento che non accetta la disobbedienza della ragazza e la picchia, lei che si mette assieme ad un piccolo delinquente dopo averlo sottratto ad una ricca e potente compagna di scuola. Tutto questo porterà a inevitabili drammi. Sedici anni, Larisa vive in una piccola città costiera in un ambiente sociale dove l'apparire e il denaro permette di avere potere sugli altri. Con coraggio e tenace determinazione che intimidisce e ne fa una leader, tenta di raggiungere senza aiuto di nessuno il suo sogno di una vita nuova. Questo talentuoso cineasta racconta il periodo più intenso della vita di una persona con abilità e disarmante autenticità, con scene molto veritiere con un paio di ceffoni forse sfuggiti agli attori ma che hanno lasciato il segno sulla guancia della bella e credibile Ana Maria Guran.
(F.F.)