59ma SEMINCI - Semana Internacional de Cine - Valladolid - Pagina 4

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59ma SEMINCI - Semana Internacional de Cine - Valladolid
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Arca si noeL'unico film spagnolo in concorso al festival è stato El arca de Noé (L’arca di Noè) ed è un disastro. Diretto da Adán Aliaga (1969) e David Valero (1977), rispettivamente al secondo e al terzo film oltre a corti e lavori di pubblicitá, parla di due quarantenni che decidono di costruire una macchina che li trasporti in un mondo migliore. Siamo nel 2020, nel mezzo della più grande crisi globale. I due, addetti alla sicurezza di una fabbrica abbandonata, lasciano il posto dopo otto anni e si dedicano alla costruzione della macchina. Quando l’esperimento riesce, si vedono catapultati nella società dei consumi degli anni pre-crisi. Qualche immagine capovolta, la fotografia nitida e piena di luce, i due protagonisti, generalmente a torso nudo, colti in azioni quotidiane, spesso di natura fisiologica. C’è da augurarsi che i registi tornino a girare film, che i pittori tornino a dipingere e che i politici si occupino di politica.
Nella sezione ufficiale, fuori concorso, si è visto l’ultima storia interpretata da Robin Williams, The angriest The Angriest MamMan in Brooklyn (L’uomo piú arrabbiato di Brooklyn) di Phil Alden Robinson, regista attivo da oltre cinque, che si è ispirato a un film del 1997, The 92 minutes of Mr. Baum (I 92 minuti del signor Baum) degli israeliani Daniel Taplitz e Assi Dayan. Non si puó non pensare al messaggio premonitore del film, considerando che poco dopo la fine della lavorazione, totalmente depresso, Robin Williams si sarebbe tolta la vita. Nel film, infatti, è un incazzatissimo newyorkese che aggredisce verbalmente una giovane dottoressa (Mila Kunis), perché un check up gli diagnostica un aneurisma cerebrale, e vuol sapere quanto tempo gli resta da vivere. Incalzata dal paziente, ormai fuori di sè, gli dice che gli restano novanta minuti. Lui scappa per le vie di New York: ha da poco perso il figlio che piú amava, col secondo figlio i rapporti sono tesi, e da molto tempo non ha piú avuto rapporti sessuali con la moglie. Vorrebbe riconciliarsi con tutti, ma come in novanta minuti? Henry Altmann, questo è il suo nome, decide di buttarsi dal ponte di Brooklyn. La dottoressa, riacquistata la calma con un paio di pillole, si mette sulle sue tracce e lo scorge sul ponte. Finirá come finirá, ma del film, che si muove tra dramma e commedia, allinea alcune gag originali, e probabilmente non dispiacerá al pubblico perché è stato confezionato per lui e non pecca di lungaggini essendo contenuto in ottantatré minuti.
7 via della folliaPoco più lungo, ottantasette minuti, l’esordio del belga quarantottenne di origini marocchine, Jawad Rhalib, nella sezione Punto de Encuentro col film 7, rue de la folie (7, via della pazzia). Autore di corti e di documentari, il regista affronta il problema di molte famiglie islamiche in Europa con genitori tradizionalisti che tengono le loro figlie chiuse in casa, costrette a rimanere illibate fino a quando un pretendente islamico non chiederá la loro mano. Lo fa in chiave di cinema nero narrando di tre sorelle e della fidanzata della maggiore, che vivono in una fattoria isolata. Le donne, alla morte del padre, lo sotterrano nel giardino rispettando la sua volontà. Però festeggiano anche l’anelata libertá. Comprano Ipad e gadget fino allora proibiti, si vestono all’occidentale e meditano piccole vendette. Senonché il padre ha lasciato molti debiti, la fattoria rischia di essere messa sotto sequestro, e loro gettate in mezzo a una strada. Si devono inventare qualcosa. Lo fanno tramite Internet aprendo un’agenzia per accogliere in Europa musulmani devoti. Dapprincipio le cose vanno bene, poi causa le loro intemperanze, alla visita di una zia fondamentalista e al desiderio di vendicare la non tanto misteriosa morte della madre, le cose precipitano e il giardino accoglierà altri cadaveri, si potrebbe dire a ritmo sincopato. Il dramma procede con qualche spunto bizzarro dovuto alle incontrollate esternazioni delle sorelle.