08 Luglio 2007
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Festival di Karlovy Vary 2007 |
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Il festival ha presentato ben 250 titoli fra lungo, medio e corto metraggi, molti già visti in altre rassegne, alcuni meritevoli di una particolare attenzione. Miemtras Tanto (Nel frattempo) dellargentino Diego Lerman è un buon film che conferma la stagione positiva attraversata dalla cinematografia di quel paese. La struttura è quella delle storie ad incastro, il cui risultato è un vasto mosaico sociale e psicologico. Qui sono di scena gente venditori ambulanti, piccoli artigiani, donne di pulizia, farmacisti, gente comune. Le storie riguardano un aiuto cuciniera e il suo amante troppo possessivo, una ragazza venuta dalla campagna che si accasa con un fabbricante di oggetti in ceramica, una coppia che non riesce ad avere figli. Piccoli fatti, ma drammi profondi per chi li attraversa che la regia descrive con mano ferma e delicata. Davvero un buon film.
Drama /Mex del messicano Gerardo Naranjo si basa su varie storie che sincrociano, una tendenza che sembra particolarmente forte nel cinema latinoamericano e racconta di piccole prostitute, di un burocrate che decide di uccidersi, di borgatari sboccati e violenti. Cè molto di prevedibile, ad iniziare dalla bambina prostituta che convincerà lanziano a preferire la vita alla morte, e di nuovo. Lo stile imita quello del giovane cinema, con inquadrature sgranate, mosse, montate senza troppo rispetto per la consecuzio e per la comprensione. In definitiva un prodotto non straordinario, ma con qualche elemento interessante.
Smiley Face (Faccia sorridente) di Gregg Araki è basato interamente sulla giornata sfortunata di unaspirante attrice che, preda un sovraccarico di marijuana, distrugge la casa in cui abita, fallisce unaudizione, si impossessa di una rara edizione del Manifesto di Karl Marx, è inseguita dai legittimi proprietari e distrugge il prezioso volume gettandolo dallalto di una ruota panoramica. Ci sono varie digressioni minori, ma il film è tutto in questo delirio allucinato e grava interamente sulle spalle della protagonista, Anna Faris, che non è in grado di reggerlo. La struttura dellopera è claudicante, il tema di scarsissimo interesse, il ritmo forzatamente vorticoso. Come dire un film da dimenticare.
Savane Grace (La selvaggia Grace) di Tom Kalin parte dal libro di Natalie Robin e Steven M.L. Anderson sulla moglie del figlio dellinventore (Leo Baekeland) della bakelite. Una donna complessa e dalla vita, a tratti, tragica che, dopo labbandono del marito, ebbe una serie di relazioni turbinose sino al legame incestuoso con il figlio omosessuale. Siamo dalle parti dei grandi film melodrammatici cari a Douglas Sirk con, in meno, quel sovraccarico di rigore barocco che caratterizzava il cinema del regista de La magnifica ossessione (Magnificent Obsession, 1954). Qui il livello è quello dellerotismo ordinario, perciò anche la scena di sesso, quasi esplicito, fra madre e figlio ha un taglio talmente distaccato da non turbare più di tanto. Un film professionalmente preciso, ma nulla più.
I fratelli Dardenne hanno prodotto, insieme con altri, Madonnen (Madonne) opera seconda della tedesca Maria Speth e la cosa si sente nello stile e nel tipo di film. Lopera ruota attorno alla figura di Rita, una giovane donna, madre di cinque figli, avuti da padri diversi, soprattutto militari americani di colore. La sua è una sorta di vendetta, inconsapevole, ma violenta, contro sua madre che lha trascurata dopo averla avuta con un belga, ammogliato e, ora, diventato commissario di polizia. All'inizio le va a cercare il padre naturale finendo in prigione e subendo la deportazione in Germania, dove lattende una condanna per furto e altre malversazioni. Uscita di galera si riprende i figli, nel frattempo custoditi dalla nonna, e continua la vita di sempre, mantenendosi con i sussidi pubblici e con i soldi di un militare nero che è diventato il suo nuovo amante. Quando il soldato deve rientrare negli Stati Uniti, per lei si apre un nuovo periodo dincertezza e difficoltà. Il film segue i gesti di questa donna, che vive alla giornata, con occhio freddo e distaccato, come è nello stile dei due registi belgi, senza emettere sentenze o prendere parte, ma limitandosi ad osservare ciò che succede come uno spettatore non coinvolto. Il lavoro sulla macchina da presa è notevole e conferisce allopera un forte senso di verità, come se fosse un documentario. Sono gesti banali, litigi persino ovvi, ma dietro ad essi traspare una disperazione profonda che la regia si limita a registrare.
Il regista danese Theo Van Gogh diresse Interview (Intervista) nel 2003 e pensò quasi subito di farne una versione in inglese. Il progetto fu interrotto dalla sua morte, avvenuta nel 2004 per mano di un fanatico islamico che non gli perdonava le prese di posizione contrarie allintegralismo religioso. Steve Buscemi ha ripreso in mano quellidea realizzando un film di cui è anche interprete con Sienna Miller. Tutto si svolge in poche ore di una notte nel loft di una famosa attrice televisiva che si è portata a casa un subdolo giornalista che vuole intervistarla, ma è rimasto vittima di un incidente stradale. E un lungo duello verbale fra due personalità che fingono simpatia e affetto, ma affilano i coltelli sotto il tavolo, ed è la storia di una stangata verbale in cui la vittima sarà proprio colui che è disposto a qualsiasi bassezza pur di fare uno scoop. Quando crederà di avere in mano il destino della donna, della quale pensa di aver letto il diario (in realtà si tratta della sceneggiatura di una soap opera), le cose si rovesceranno e sarà lattrice a minacciare di farlo licenziare e di denunciarlo alla polizia usando una registrazione che gli ha estorto in cui lui confessa di non avere informatori politici, come ha fatto credere al suo capo al giornale per far passare articoli frutto solo della sua fantasia, e di aver lasciato morire la moglie senza darle aiuto. Un film dattori dallimpianto nettamente teatrale, ma brillante nei dialoghi e intrigante nella struttura. Lunico difetto è nella lunghezza, che pare forzata al solo scopo di raggiungere quella canonica di un film commerciale. Gli interpreti sono bravi e la regia professionalmente energica.