73ma Mostra Internazionale d'arte Cinematografica di Venezia - Pagina 9

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73ma Mostra Internazionale d'arte Cinematografica di Venezia
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Voyage of Time 1Terence Malick (1943), regista statunitense d’origini canadesi, è un cineasta passato progressivamente dal cinema narrativo (La rabbia giovaneBadlands, 1973) a quello sempre più rarefatto e poetico. Voyage of Time: Life’s Journey (Il viaggio del tempo: il percorso della vita) appartiene a quest’ultimo fase della sua vita creativa e raduna in novanta minuti una serie d’immagini che partono dal disordine cosmico – rappresentato con scene dell’universo, sequenze al microscopio e raffigurazioni maestose di vulcani terrestri e sottomarini – per approdare, attraverso l’emersione dal mare di pesci e anfibi, alla comparsa dell’uomo sino allo sviluppo attuale della civiltà con le grandi città e le luci abbacinanti. Il tutto quasi senza commenti, se non alcune frasi poetiche affidate alla voce dell’attrice Cate Blanchett. Questo nella versione presentata alla Mostra del Cinema di Venezia, mentre ne esiste un’altra, di soli 40 minuti, con la voce narrate di Brad Pitt (Voyage of Time - The IMAX Experience) che sarà presentata al Festival di Toronto. Quando ci si trova al cospetto di un prodotto di questo tipo non è possibile valutarlo utilizzando gli strumenti a disposizione della critica cinematografica. Qui l’assenza di narrazione, intesa in senso tradizionale, lascia il passo alla poesia. Le immagini perdono senso in quanto tali per diventare componenti di un discorso lirico che mette in discussione l’universo e il concetto stesso della vita. Da questo punto di vista l’obiettivo è centrato in pieno e il film si propone come una riflessione spirituale sull’esistenza stessa.
JackieJackie del cileno Pablo Larraín ricostruisce i quattro giorni che separano l'omicidio di JFK (1917 – 1963) dal funerale, e lo fa attraverso un’intervista concessa dall’ ormai ex First Lady. Dal dialogo emerge lo scontro fra la vedova e lo staff del neo presidente Lyndon Johnson (1908 – 1973). Lei pretende cocciutamente che i funerali siano degni della fama e grandezza del marito, mentre il nuovo capo della Casa Bianca spinge, attraverso i suoi collaboratori, affinché la sua leadership si affermi il più presto possibile. È un film biografico interessante più per il gioco degli attori che per le vicende che racconta. A questo proposito bisogna ricordare che il personaggio della vedova è interpretata in modo magistrale da Natalie Portman. Considerato per ciò che vale questo elemento, si deve anche dire che il film delude non poco rinchiudendo l’intera storia all’interno di una grande ricostruzione storica in cui mancano quasi del tutto le vere ragioni che segnarono il dramma della presidenza Kennedy e che qui sono solo sommariamente accennate in alcune battute messe in bocca al fratello Robert (1925 – 1968), anche lui vittima, alcuni anni dopo, di un omicidio non meno misterioso mentre si apprestava a correre per la Presidenza degli Stati Uniti. In altre parole un buon film commerciale che non mette realmente in discussione nessuna delle cose che già conosciamo.
The journey 2The Journey (Il viaggio) di Nick Hamm, visto fuori concorso, racconta un fatto storico che potrebbe essere successo, ma di cui non esiste alcuna testimonianza. Nel 1998 si tennero in Scozia quelli che passarono alle cronache come i Belfast Agreement, vale a dire le trattative tra protestanti unionisti e cattolici repubblicani per dare fine alla lunga guerra che aveva insanguinato l’Irlanda del Nord dalla fine degli anni sessanta agli anni novanta. All’interno di questa fase negoziale il regista immagina che il capo dei protestanti, il pastore Ian Richard Kyle Paisley (1926 – 2014) che nel 1988 durante la di papa Giovanni Paolo II al parlamento europeo definì il Pontefice l’Anticristo, abbia fatto un viaggio in auto e aereo assieme al leader della delegazione cattolica Martin McGuinness (1950). Durante questo percorso immaginario, occhiutamente spiato da i servizi inglesi, i due nemici scoprirono non pochi tratti in comune e questo li portò a siglare il documento finale che prevedeva un governo del Nord Irlanda con primo ministro il leader religioso e vicepremier il capo cattolico. Il film è girato in maniera straordinaria e interpretato, da Freddie Highmore e Toby Stephens, in modo che sublime è dir poco.