73ma Mostra Internazionale d'arte Cinematografica di Venezia - Pagina 8

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73ma Mostra Internazionale d'arte Cinematografica di Venezia
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une vieUne vie (Una vita) è il titolo del primo romanzo, comparso originalmente a puntate come racconto d’appendice del quotidiano Gil Blas ed edito lo stesso anno (1883) in forma di volume, scritto da Henri-René-Albert-Guy de Maupassant (1850 –1893), uno degli autori più famosi della letteratura francese. Da questo testo il regista Stéphane Brizé ha tratto un film in cui molti aspetti, ad iniziare dal formato dell’inquadratura e dalla posizione della camera addosso agli attori della macchina da presa, rivelano l’origine televisiva. Il cineasta ha trascurato quasi del tutto l’aspetto sociologico, lo stesso che fece collocare a Lev Tolstoj (1828 – 1910) questo testo fra le massime espressioni della letteratura francese. La storia che vi si racconta è quella di una nobile, Jeanne figlia unica del barone Simone-Jacques Le Perthuis, praticamente dalla prima infanzia alla vecchiaia, passando attraverso i dolori e le umiliazioni che all’epoca attendevano quasi tutte le donne. Sposata con un titolato meno ricco di lei, tradita del marito - prima con una cameriera, poi con un’amica ugualmente di sangue blu – depredata di ogni ricchezza dal figlio che va a Londra per farsi ricco e, invece, che precipita nella più nera miseria. Le chiuderà la vita allevando la nipotina in compagnia della cameriera che aveva avuto una relazione con il marito. Il film affronta queste vicende con lucidità, mettendo in al centro del discorso, ancor più di quanto non faccia il romanzo, la condizione femminile in un’epoca in cui le donne erano considerate poco più che animali da somma o da riproduzione. Anche se molte di quelle pecche permangono tutt’ora, la scelta del regista è di puntare sulla misera condizione delle donne, anche se nobili, piuttosto che indagare il quadro sociale dell’epoca. Ne nasce un film in cui l’interpretazione di Judith Chemla offre un valore in più a un’opera professionalmente pregevole anche se non originalissima.
The Bad BatchThe Bad Batch (Lotto difettoso), secondo lungometraggio dell’americana Ana Lily Armirpour, cita apertamente la serie mad max sia per l’ambientazione in una sorta di deserto post – atomico in cui sopravvivono sparuti e violenti raggruppamenti umani, sia per il gusto grandguignolesco che marca non poche sequenze. Una giovane espulsa da una sorta di fabbrica d’esemplari perfetti in quanto facente parte di un lotto difettoso, capita nelle mani di un gruppo di violenti che danno la caccia agli esseri umani per cibarsene. Dopo avere amputati un braccio e una gamba, la giovane riesce a fuggire e si rifugia in un altro agglomerato umano dominato da un profeta del sogno. Un tipo che vive nel lusso, scortato da donne armate e si mantiene alle spalle di un’altra comunità di disperati. La ragazza trova una pistola, va in cerca di una delle donne del primo gruppo, la uccide e rapisce sua figlia, una bimba il cui padre, un cubano, è un elemento importante della comunità cannibalesca. Lei s’innamora di questo bruto iper-muscoloso, libera la bimba, nel frattempo entrata nelle grazie e sequestrata dal capo della comunità del sogno, e inizia una nuova vita con la bimba e il forzuto. Difficile trovare un qualche senso in questo continuo alternarsi di immagini violente e personaggi vagamente simbolici. L’unico giudizio che se ne può trarre è nella sudditanza della regista a quella che potremmo definire l’estetica alla Quentin Tarantino, una moda che, purtroppo, ha contagiato non pochi giovani cineasti.
tommaso 2Tommaso, visto fuori concorso, è diretto e interpretato da Kim Rossi Stuart che racconta i triboli e le ossessioni per il corpo femminile – vede donne nude ovunque – di un attore che spera di arrivare alla regia del primo film. Se la prima parte ha un piacevole taglio ironico, con i dialoghi quasi surreali fra il paziente e lo psicologo, il film subisce una svolta negativa nel finale, in cui l’attore e regista si prende troppo sul serio indicando nel rapporto non risolto con padre e madre l’origine dei suoi triboli. Nella sostanza un film sconclusionato pieno di nudi del tutto gratuiti e dallo sviluppo improbabile.