56ma SEMINCI - Semana Internacional de Cine - Valladolid - Pagina 6

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56ma SEMINCI - Semana Internacional de Cine - Valladolid
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altC’è posto anche per i film polizieschi al festival. Dopo Sundance e Toronto è arrivato qua, passando per Valladolid, Un poliziotto da Happy Hour (The Guard) dell’irlandese John Michael McDonagh. Film d’esordio, dopo il corto The Second Death (La seconda morte) e la premiata sceneggiatura di Ned Kelly (2003) di Gregor Jordan, non è un testo politicamente corretto. Il regista, nativo del contado di Galway, dove è ambientato il film, ha scelto quali protagonisti l’irlandese Brendan Gleeson e lo statunitense Don Cheadle, un bianco e un nero che offrono lo spunto per alcune digressioni in un film che preferisce la satira alla tensione del thriller. Il sergente Gerry Boyle è un poliziotto di provincia abituato a dire fuori dai denti quello che pensa. Ha un sovversivo senso dell’humour, si accompagna con giovani prostitute e ha una madre malata che si sta spegnendo. L’ultima cosa che gli interessa è il traffico di cocaina che si svolge di notte lungo la costa, cosa che motiva invece l’agente del Fbi Wendell Everett giunto per questo dagli States e del quale lui si burla apertamente. Eppure, quando scompare un collega, la sua prostituta preferita lo ricatta per fargli chiudere un occhio e i trafficanti tentano di comprare il suo silenzio, il sergente ha un sussulto d’orgoglio. Simile a uno sceriffo del Far West decide di far giustizia da solo e si rende conto che l’unico che può aiutarlo è proprio l’agente americano. E' un film con pochi attori e pochissimi figuranti ed è girato in larga parte in interni, o in esterni desolati, dura circa cento minuti, puntando su dialoghi irreverenti e su battute sarcastiche. A folkloristiche musiche irlandesi ha preferito, come dichiarato dallo stesso regista, ritmi stile Ennio Morricone degli spaghetti western che rendono credibili le azioni del corpulento sergente.
altMeno interessante invece l’anteprima di un film argentino che pretende diffondere un messaggio, ma che lo fa con ritmo lento, rivelando cose già note e rischiando di annoiare. Il tema è quello della repressione militare (1976-1983) e della lotta delle madri di Plaza de Mayo. Verdades verdaderas. La vida de Estela (Verità vere. La vita di Estela) del giovanissimo Nicolás Gil Lavedra, al suo primo film dopo alcune inchieste televisive, è un omaggio a Estela Barnes de Carlotto, presidentessa dell’Associazione delle nonne di Plaza de Mayo che si batte in ricordo della figlia Laura che fu arrestata dai militari mentre era incinta, uccisa e il figlio dato in adozione. Il film descrive l’interno borghese della famiglia Carlotto, la scomparsa della ragazza, e anni di vane ricerche per rintracciare il nipote. Mostra anche il forte coinvolgimento di Estela Carlotta nella lotta per la giustizia e per la riconciliazione, ma il suo lodevole impegno e quello del regista, perché ci si ricordi di crimini che non devono restare impuniti, non riescono a coinvolgere lo spettatore, così come non basta neppure la misurata interpretazione di Susú Pecoraro.