56ma SEMINCI - Semana Internacional de Cine - Valladolid - Pagina 2

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56ma SEMINCI - Semana Internacional de Cine - Valladolid
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Coronata da calorosi applausi a Habemus Papam e manifesta simpatia per Nanni Moretti, la serata inaugurale nella cornice dello storico teatro del Siglo de Oro, il concorso ufficiale ha già sfornato tre film. E' davvero singolare quello dell’argentino Gustavo Taretto, (1965) Medianeras (Mediatrici), film d’esordio girato dopo alcuni corti di successo. Interpretato dall’attrice spagnola Pilar López de Ayala e da Javier Drolas, narra di due giovani che vivono nella grande città, Buenos Aires, in due costruzioni contigue. Sono i lati senza finestre delle case confinanti e sono anche quelli che danno il titolo al film. Martin produce disegni per pagine web, vive in un monolocale e sta superando una fobia che quasi gli impediva di uscire. Mariana, architetto d’interni, si occupa di vetrine e vive in un appartamento nel quale non entra mai il sole. Lui è costretto a portare a spasso un cagnolino che gli ha lasciato un’amica; lei porta manichini e disegni. S’incrociano spesso, ma non si conoscono sino all’incontro fortunato, la scoperta di affinità, l’invito a cena e una notte d’amore non programmata. Per Martin l’emozione è molto forte, ma qualcosa non funziona: si schermisce ed esce dalla vita della ragazza. Di nuovo soli, i due hanno una prima reazione. Che almeno entri il sole nella loro vita, sembrano pensare, e quasi contemporáneamente praticano un foro nella parete e vi aprono una piccola finestra. Apertosi quasi come un documentario con intenti sociologici, il film entra nel vivo della narrazione tenendo separati i protagonisti per accentuarne la condizione di singoli e per rilevare la loro difficoltà nel rapportarsi con gli altri. Sembra concretarsi come una sorta di omaggio ad Antonioni nell’epoca di Internet.alt

E' meno riuscita l’opera prima di Toni Bestard (1973), El perfecto desconocido (Il perfetto sconosciuto), interpretato dall’irlandese Colm Meaney. Tra commedia, mistero e racconto di provincia, narra di un forestiero che capita di notte in un villaggio in un’isola del Mediterraneo. Introdottosi in un locale abbandonato, vi risiede, dà fiducia a un adolescente bistrattato in famiglia e rifugio a una ragazza dinamica e trasgressiva. In paese si sparge la voce che lo straniero voglia riaprire il negozio, ma in realtà è tornato sui luoghi, dove tanti anni prima era scomparsa la sua ragazza. Improvvisamente gli eventi precipitano e la vicenda, che ha frequenti sviluppi di commedia, volge al dramma.
altIn concorso anche il quarto film del canadese Philippe Falardeau, (1968), Monsieur Lazhar (Il signor Lazhar), che era già nel catalogo del Festival di Locarno. Se Edmondo De Amicis (1846 - 1908) fosse vissuto all’epoca dei mass media, forse avrebbe dovuto affrontare il problema posto dal film: le cose che si possono discutere con allievi di undici e dodici anni, e quelle delle quali non si deve parlare. Un algerino, (Mohamed Fellag), in attesa di essere dichiarato rifugiato politico, si presenta in una scuola dove un’insegnante si è appena impiccata lasciando libero un posto. Sostituendola dovrà confrontarsi con i sensi di colpa di alcuni allievi, e difendersi dai genitori che escludono qualsiasi riferimento al fatto. Non solo, ma dovrà guardarsi dal toccare gli studenti, che siano scappellotti o attenzioni affettuose. Durante poco più di novanta minuti, il film mette a fuoco il contrasto tra culture mediterranee e pragmatici comportamenti nordici. Tratto dal testo teatrale di Evelyne de la Chenélière, il film naviga tra sentimento e simpatia, descrivendo contrasti, punti d’incontro e lievi spunti divertenti. Il messaggio, per così dire, sta tutto nella frase di un genitore che rivolge al protagonista: Lei è qui per insegnare, non per educare.