Festival di Cannes 2005 - Un Certain Regard

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Festival di Cannes 2005
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Festival di Cannes 2005: Un Certain Regard

Cos’ com’è avvenuto per la sezione principale, anche Un Certain Regard ha presentato vari buoni film, ma, tranne che in un caso, nessun rimarchevole per originalità e forza. Facciamo una radiografia di questa parte del cartellone procedendo per raggruppamenti geografici.
Asia
Il cinema asiatico ha presentato alcuni titoli di ottimo rilievo, ad iniziare da Hwal (L’arco) del sudcoreano Kim Ki-duk. L’opera conferma l’interesse di quest’autore per le storie sentimentali, anche in direzione mistica (Bom yeoreum gaeul gyeoul geurigo bom – Primavera, estate, autunno, inverno e ancora primavera, 2003) o di un amore che riesce a sopravvive, magari in modo tortuoso, all’interno di rapporti mercenari (Samaria – La samaritana, 2004). Nel titolo presentato quest’anno a Cannes troviamo molti elementi cari al regista, come l’acqua e gli spazi limitati circondati dal vuoto (Seom – L’isola, 2002). Un sessantenne raccoglie una bambina di sei anni e la porta a vivere con se un barcone, ancorato poco distante dalla riva e usato da pescatori dilettanti, che lo stesso anziano traghetta. Con il passare del tempo, l’uomo s’innamora della ragazza, che si sta facendo donna, e decide di sposarla, quando compirà diciassette anni. A sconvolgere il progetto è un giovane studente, capitato per caso sul natante, di cui la ragazza s’innamora. Stravolto dalla gelosia l’anziano distrugge i piccoli regali che il giovane le ha fatto, innestando in lei una rabbia profonda. Quando l’uomo si presenta con le prove che i genitori della fanciulla non hanno mai smesso di cercarla, il vecchio compie un gesto estremo: si lega una corda attorno al collo e tenta così di fermare, a prezzo della propria vita, la barca che la sta portando via. La ragazzina, commossa, decise di sposarlo quale ultimo gesto di riconoscenza. Compiuta la cerimonia, l’anziano si uccide, non prima di aver scagliato verso il cielo una freccia, usando l’arco che utilizza anche come strumento musicale. Ricadendo a terra il dardo deflora simbolicamente la ragazza; ora ogni debito è pagato e i due giovani possono allontanarsi in pace. Il film ha molti punti di grande rilievo: un utilizzo straordinario del paesaggio e degli spazi in cui s’inseriscono le figure umane, spesso in silenzio. La passione dell’anziano, anche innaturale, è vista con affetto e compassione. E’ un’opera dai toni lenti e bellissimi, respiro poetico e riflessione umanissima.
Con Yek shab (Una notte) l’attrice iraniana Niki Rarimi esordisce nel lungometraggio. Lo fa con un fortemente ispirato a Ten (2002) di Abbas Kiarostami. Un’impiegata vent’enne è messa fuori casa dalla madre, che sta aspettando l’amante. Dovrà stare lontana il più a lungo possibile, meglio l’intera notte. La cosa non facile, visto che, a Teheran, una ragazza che cammina sola dopo il tramonto, è facilmente trattata come una prostituta, controllata dalla polizia, insultata di ragazzi. E' un piccolo calvario in cui la giovane sperimenta sulla propria pelle il peso d’essere donna in una società maschilista e bigotta. Neppure i tre uomini che incontra, e che le danno un passaggio in macchina, la aiutano molto. Il primo, un intrallazzatore amico di pezzi grossi, la tratta da meretrice e le offre denaro in cambio di prestazioni sessuali. Il secondo, un medico in crisi, non sa darle alcun vero aiuto. Il terzo, un marito abbandonato dalla moglie, rischia di metterla ancora più in difficoltà. Si è ricordato che il cinema iraniano continua ad interpretare al meglio i problemi della società. Questa volta il catalogo delle questioni riguarda l’emarginazione femminile, anche se non manca un eccesso di didascalismo e zoppica la costruzione stilistica.