04 Ottobre 2010
Sabato 4 settembre quarto giorno
Chi ha detto che un film, per essere di buon livello, deve forzatamente avere ingenti mezzi produttivi? Una sonora smentita è venuta da Ovsyanki, letteralmente Gli zigoli (uccelli della famiglia degli emberizidae) da noi ribattezzato Silent Soul (Anima silente), del russo Aleksei Fedorchenko. E' un testo di soli settantacinque minuti, tratto da un racconto di Aist Sergeyev, in cui si narrano i riti funerari di una piccola comunità, i merja, di etnia ugro-finnica che vive al centro della Russia conservando, per quanto possibile, tradizioni millenarie. Una di queste riguarda, appunto, le cerimonie mortuarie che non prevedono l’inumazione della salma, ma la sua cremazione, preceduta e seguita da un preciso rituale. Il rogo avviene su una pira eretta su un isolotto sabbioso nel bel mezzo di un fiume. E’ quanto faranno Miron e Arist - il primo direttore di una cartiera, il secondo fotografo ufficiale della stessa - che alla morte dell’amatissima moglie del dirigente, intraprendono un lungo viaggio per erigere la pira mortuaria. Il film racconta questo tragitto, con poche parole, la maggior parte delle quali dedicate a ricordare le tradizioni di quel popolo. E’ loro compagna di viaggio una copia di zigoli, una specie di passeri di colori giallo e verde molto comuni in Russia. Saranno proprio questi piccoli volatili a determinare il colpo di scena che chiude il film. E’ unopera segnata da una forte vena poetica che, oltre a tracciare precise linee psicologiche e sentimentali, non tralascia di mettere a confronto il presente con il passato, la tradizione con una modernità fatta di consumismo impersonale quanto accattivante. E un film molto bello, percorso da una tensione fortissima, alimentata da fatti e gesti del tutto quotidiani, costruito con sapienza narrativa e sorretto da una splendida fotografia in cui la pioggia e i toni autunnali si sposano al quadro psicologico che segna i personaggi..
Bilancio è positivo, anche se meno netto di quello del film russo, anche quello della La passione di Carlo Mazzacurati. E la storia di un regista che, in passato, ha conosciuto momenti di successo, ma che è stato fermo ben cinque anni senza idee e senza la possibilità di realizzare un nuovo film. Un incidente, capitato in una sua casa in Toscana (si sono rotti i tubi per lacqua che hanno rovinato un affresco cinquecentesco disegnato su un muro di un locale contiguo) lo costringe a fronteggiare il bonario ricatto della sindachessa del borgo: accetti di dirigere la Sacra Rappresentazione che si svolgerà da lì a quattro giorni, oppure sarà denunciato alla Sovraintendenza per il Patrimonio Artistico. Preso fra due fuochi, vessato da un produttore cinico e superficiale che lo spinge a fare un nuovo film con una divetta della televisione, una star popolare quanto incolta, il nostro finirà per lasciarsi coinvolgere nella rivisitazione della Passione, rimanendone coinvolto al punto di, forse, dare una svolta alla sua vita. Questo cineasta ha sempre mostrato cristiana attenzione per emarginati e chi vive fra mille difficoltà. Questa volta il suo disegno si fa ancor più preciso con lassunzione della Sacra Rappresentazione quale occasione per un ravvedimento dellanima e dellintera esistenza. Il film è costruito molto bene, anche se con qualche approssimazione narrativa e calibra in modo esatto ironia a malinconia collocandosi, se non a livello delle grandi opere, a quello di un testo professionalmente maturo e, a tratti, originale.
Alla Settimana della Critica è stato presentato lunico titolo italiano in competizione: Hai paura del buio dellesordiente Massimo Coppola. E una storia, ambientata nella provincia campana, che mette in parallelo le vicende di due giovani donne: Eva, giunta dalla Romania ove ha liquidato ogni avere per ritrovare la madre che lha lasciata anni prima per venire in Itala a guadagnare soldi da mandare a casa, anche a costo di prostituirsi, e Anna che lavora alla FIAT di Melfi e cova una rabbia feroce verso la propria condizione di operaia. Le due donne sincontrano casualmente e le loro vite sintrecciano brevemente per poi riprendere, ciascuna, la propria strada. Il film affronta temi forti, come la devastazione indotta nelle campagne e nella provincia dai grandi insediamenti industriali o le dure condizioni di vita delle immigrate rumene. Tutto questo è esposto con onestà, ma affrontato in modo troppo superficiale perché dia al film uno spessore autenticamente creativo.
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