67ma Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia 2010 - primo giorno

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67ma Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia 2010
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Mercoledì 1 settembre – Primo giorno

Cigno nero

La 67ma Mostra del Cinema si è aperta con meno sfarzo di quelle passate, giusto omaggio alla crisi economica attraversata dal paese, anche se non ha mancato di mettere in cartellone un numero di film sovrabbondante e visto un moltiplicarsi d’inciampi organizzativi dovuti, molto probabilmente, alla contrazione dei costi per il personale e alla necessità di contenere le spese. L'apertura della sezione principale è stata affidata a un film americano che ha avuto qui la sua anteprima mondiale, prima di essere proiettato, fra qualche giorno, al Festival di Toronto, in Canada. Ci riferiamo a Black Swan (Cigno nero) diretto da Darren Aronofsky, un autore incline all’horror e il mistero, come hanno testimoniato altri suoi lavori: The Wrestler (2008) e The Fountain (2006). Al centro della storia c'è una ballerina classica chiamata a interpretare il ruolo della regina nel Lago dei cigni Pëtr Il'ič Čajkovskij (1840 - 1893). Spinta da un coreografo dal comportamento autoritario e crudele, trasforma la preparazione dello spettacolo in una sorta di delirio che le spingerà a immaginare delitti, a ferirsi sino uccidersi, come l'eroina del balletto. Una morte che si fonde con gli osanna del pubblico. Ci sarebbe materia per riflettere sul difficile rapporto fra creazione e vita, oppure meditare sull'ossessione della perfezione in questa come in altre forme di arte, oppure a dissertare sule turbe di una mente ossessionata da un solo pensiero. Vaste ipotesi che naufragano contro la realtà di un film il cui autore si preoccupa solo di creare atmosfere cupe alla Roman Polanski prima maniera, per intendersi quello di Repulsion (1965), o a citare la competizione fra primedonne come avveniva, con ben maggior risultato, in Eva contro Eva (All About Eve, 1950) di Joseph L. Mankiewicz . In definitiva è una storia ben poco originale, piena di salti narrativi non sempre giustificati e davvero poco interessante.Machete

 

E' andata ancor peggio con Machete, di Robert Rodriguez ed Ethan Maniquiris, dove siamo al fumetto grandguignolesco. Al centro c’è un ex poliziotto messicano, il brutto e massiccio Danny Trejo sinora utilizzato prevalentemente nel ruolo di crudele assassino, che dopo essere stato quasi ammazzato da un feroce narcotrafficante, che gli ha ucciso moglie e figlia, si vendica mettendosi alla testa di un esercito d’immigrati negli Stati Uniti, più o meno legali, riuscendo a fare giustizia di un senatore texano, razzista e corrotto, cui da vita uno scialbo Robert De Niro. Si è parlato di fumetto, ma la definizione è anche troppo generosa per un'opera che fa rimpiangere persino il pasticciato Dal tramonto all'alba (From Dusk Till Dawn, 1996) firmato dallo stesso Robert Rodriguez. Il che alimenta il sospetto che l'esordio di questo regista - El Mariachi, suonatore di chitarra (El Mariachi, 1992) - sia stato solo un clamoroso colpo di fortuna. C’è, poi, da notare come questo tipo di cinema utilizzi la violenza a piene mani – qui c’è persino un braccio che continua a premere il grilletto una volta staccato dal corpo – si dice per demistificarla ampliandola sino all’inverosimile e irridendola. In realtà questo meccanismo finisce per proporla al pubblico come ingrediente del tutto innocuo, laddove si tratta di un elemento pericolosissimo e particolarmente accattivante. Si è obiettato che questo cinema ha salde radici nel racconto popolare, ma si trascura la ben maggiore suggestione raggiunta dalle immagini in movimento nel confronto con quelle statiche e cartacee.