67ma Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia 2010 - decimo giorno

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67ma Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia 2010
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Venerdì 10 settembre – decimo giorno

Strada verso il nulla
Strada verso il nulla

 

La sfilata dei film in concorso si è terminata con tre titoli di cui riferiamo in ordine di riuscita e importanza. Road to nowhere (Strada verso il nulla) è l’ultima fatica di Monte Hellman, un regista, caro ai cinefili. Questo cineasta, considerato lo scopritore di Quentin Tarantino essendo stato il produttore esecutivo del film con cui ha esordito, Le iene – Cani di paglia (Reservoir Dog, 1992), ha presentato, alla non più verde età di settantotto anni, un film che riassume la sua poetica: rapporto fra realtà e finzione, cinema nel cinema, sentimenti spinti sino ai limiti estremi. Un giovane regista americano vuole realizzare un film su un fatto di sangue realmente accaduto. Ne sono stati protagonisti una giovane segretaria e un potente uomo politico del Nord Carolina, entrambi coinvolti nella sparizione di 100 milioni dollari in fondi pubblici. Non si è riusciti a chiarire sino in fondo se la donna - che, forse, era l’amante del politico, anche se molto più giovane di lui - è stata vittima o organizzatrice della truffa. Per il ruolo principale il cineasta ingaggia una semisconosciuta che si rivelerà, in un finale debitamente sanguinolento, essere la vera sorpresa della storia. Il film è girato con grande perizia e non molti soldi e conferma la capacità degli americani di utilizzare il linguaggio cinematografico come mezzo d’espressione duttile e intimamente legato alla loro cultura. Pur senza far ricorso alla magia degli effetti speciali, ai divi famosi, ai mezzi sovrabbondanti o alle storie mirabolanti il regista dà prova di una capacità di raccontare che avvince dal primo all’ultimo fotogramma. E’ un film per palati fini che, all’inizio, può anche suscitare qualche perplessità, ma che con lo scorrere delle sequenze acquista corpo e forza.

La versione di Barney
La versione di Barney

 

Anche Barney's Version (La versione di Barney) batte bandiera a stelle e strisce. L’'ha diretto, traendolo da un romanzo di successo del canadese Mordecai Richler (1931 - 2001), Richard J. Lews ,più noto come produttore e regista della serie televisiva CSI: Crime Scene Investigation che come autore di lungometraggi, ha al suo attivo, ad esempio, Un poliziotto a quattro zampe (K-9: P.I., 2002). Questa sua nuova fatica s’'iscrive nel miglior cinema commerciale americano raccontando la vita del direttore di una società di produzione televisiva canadese, significativamente chiamata Totally Unnecessary Productions (Produzioni Totalmente Inutili). Il tutto disteso su più di trent’anni, raccontati dal protagonista, come in una fluviale auto confessione, prendendo spunto da un libro scandalistico scritto da un ex-poliziotto che lo perseguita, convinto che sia stato lui a uccidere uno scrittore segnato dal vizio di portarsi a letto le mogli del produttore, oltre che abusare di alcol e droghe. Percorriamo così le varie tappe della carriera di quest’uomo di successo, conosciamo le sue tre mogli, i figli e la strada dolorosa verso la demenza senile. E’' un testo molto ben costruito, che intreccia abilmente melodramma e ironia, sentimento (sentimentalismo?) e sguardo cinico sul mondo televisivo. In poche parole un prodotto d’'alto livello professionale, ma che suscita una sola domanda: che cosa ci sta a fare in una Mostra d’Arte cinematografica?

Tre
Tre

 

Ancora meno comprensibile la scelta di mettere in concorso Drei (Tre) del tedesco Tom Tykwer che molti ricordano come autore del divertente ma nulla più, Lola corre (Lola rennt, 1998). Qui siamo alla parodia in carta patinata di Jules e Jim (1962) di François Truffaut, con una storia d’amore a tre fra una moglie turbata dal pensiero della prossima menopausa, un marito convalescente per un’operazione che l’ha privato di un testicolo causa cancro e un bel ricercatore bisessuale. Finiranno tutti, armoniosamente, nello stesso letto dopo una serie di turbamenti e un diluvio d’immagini promozionali della nuova Berlino. Non c'è niente di realmente interessante, qualche limitato brivido erotico e molte immagini in confezione regalo.

Anima silente
Anima silente

 

Conclusioni

Come si poteva prevedere è stata la classica Mostra in un anno di crisi, con meno soldi, qualche sofferenza strutturale e pochi titoli degni di una grande rassegna d’arte cinematografica. A ben guardare i soli film artisticamente importanti sono stati quelli firmati dal russo Aleksei Fedorchenco (Ovsyanki – Anima silente), Monte Hellman (Road to Nowere – Strada verso il nulla), Kelly Reichardt (Meek’s Cutoff –- Il sentiero di Meek) e Pablo Larain (Post mortem). Ci sono stati, poi, alcuni titoli di buon valore, ma tutt’altro che straordinari, come quelli di Ascanio Celestini (La pecora nera), Sofia Coppola (Somewhere – Da qualche parte) e Abdellatif Kechiche (Vénus Noir –- Venere Nera), Si dirà che, con i tempi che corrono, non è un bilancio trascurabile. Appunto: con i tempi che corrono.