Mostra di Venezia 2005 - Pagina 10

Stampa
PDF
Indice
Mostra di Venezia 2005
Pagina 2
Pagina 3
Pagina 4
Pagina 5
Pagina 6
Pagina 7
Pagina 8
Pagina 9
Pagina 10
Tutte le pagine
XII giornata
Tutto normale, anche i premi.
Con l’assegnazione dei premi, la 62ma edizione della Mostra D’arte cinematografica di Venezia è andata in archivio. Il complesso dei riconoscimenti si modella, senza grandi scostamenti, su quello che è stato l’andamento della manifestazione: un calendario di titoli di buona, ordinaria qualità senza alcuna vera punta d’eccellenza. Il Leone d’Oro è andato ad un autore, Ang Lee (Il banchetto di nozze, 1993 - Cavalcando col diavolo, 1999 - La tigre e il dragone, 2000), che partecipa a fondo della cultura cinese, versione Hong Kong, anche quando lavora per il cinema hollywoodiano (Hulk, 2003). Brokeback Mountain (2005) è un film solido, che ha il coraggio di affrontare due temi cruciali: l’omosessualità latente che serpeggia nella cultura e nel mondo western e la profonda miseria in cui vive parte della popolazione americana. E’ un’opera robusta, ben costruita, ma tutt’altro che originale da un punto di vista stilistico. Il discorso è simile nel caso di Goodnight, and Good Luck di e con George Clooney (migliore interpretazione a David Strathairn, Orsella d’oro per la sceneggiatura, premio della critica internazionale e dei giornalisti cinematografici italiani) in cui il coraggio civile e la forza della denuncia si reggono su una struttura stilistica raffinata, ma non nuova. Quella di Giovanna Mezzogiorno ne La bestia nel cuore di Cristina Comencini è stata giudicata la migliore interpretazione femminile, un riconoscimento che suona come una sorta di scusa verso l’intera selezione italiana, sorretta con forza, persino eccessiva, da Rai e Mediaset, ma non gradita, ancora una volta, dai giurati internazionali. Il premio Marcello Mastroianni, riservato a giovani attori, è andato a Menothy Cesar, il bell’haitiano concupito da mature signore in Verso il sud di Laurent Cantet. L’attore non ha potuto ritirare il premio perchè il governo del paese caraibico gli ha negato il visto d’uscita. Quando si dice che il cinema svela la realtà! Il Leone d’Argento a Philippe Garrel (Gli amanti costanti) ha il sapore di un omaggio al lontano passato di molti, cineasti e intellettuali, che hanno creduto nel joli mai e nella rivolta sessantottina. C’è poi il caso di Mary d’Abel Ferrara, produzione a metà italiana, che costituisce la vera sorpresa del palmares. Sono stati pochi i sostenitori di questo film, ma lo hanno fatto con grande convinzione. Chi scrive non è fra questi in quanto la storia del film su Maria Maddalena, della crisi della sua interprete, e delle ambasce dell’intervistatore televisivo che deve fare i conti con la possibile perdita del bimbo che sua moglie porta in grembo, è eccessivamente carica di simbolismi, non tutti limpidi. I premi collaterali sono stati moltissimi, tanto che è impossibile elencarli tutti. Questa edizione si è svolta all’insegna di un’aurea medietà. Il cartellone è stato senza infamia né eccessive lodi, cosa che non stupisce in tempi di crisi creativa del cinema a livello mondiale, come testimoniato anche dalle rassegne di Berlino e Cannes, poteva collocarsi solo a questo livello. E’ stato ordinario, nonostante gli allarmi suscitati alla vigilia dall’annuncio d’imponenti misure di sicurezza, anche lo svolgimento organizzativo che, se ha evitato gli errori dell’anno precedente, non ha neppure marcato grandi miglioramenti. L'impressione è quella di trovarsi al cospetto di una macchina che, anno dopo anno, sembra arrivata al massimo delle possibilità. In questa direzione un aiuto è venuto anche dal diradamento delle presenze: al momento in cui scriviamo non abbiamo dati ufficiali sul numero degli accrediti, ma l’impressione è stata quella di una loro visibile riduzione. La sola novità di rilievo è venuta dall’assegnazione di una sala specifica alla Settimana Internazionale della Critica (SIC) e alle Giornate degli Autori. Con questa decisione la Mostra si avvia a seguire, anche in questo campo, l’esempio di Cannes, ove ormai la Semaine de la Critique e la Quinzaine des Réalisateurs vivono vita propria. E' un attestato di stima o un tentativo d’aurea ghettizzazione? Solo le prossime edizioni e la forza delle organizzazioni dei critici e dei registi potranno rispondere a questa domanda.