Mostra di Venezia 2005 - Pagina 2

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Mostra di Venezia 2005
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III giornata
Qualche volta anche i grandi si appisolano.
Tanto per complicare ancor più le cose già di per se ingarbugliate, la Mostra del cinema ha rispolverato un vecchio rituale quello del Film Sorpresa. Rituale consunto, visto che questa mattina entrando in sala tutti sapevano che si sarebbe trattato dell’ultimo film di Takeshi Kitano, intitolato, con non molta fantasia Takeshis’ (che potremmo tradurre I vari Takeshi). E’ una sorta di 8 e ½ felliniano in versione nipponica in cui il protagonista, lo stesso attore regista, recita un paio di parti: quella di uno sfigato che non riesce a trovare un ruolo e un regista - attore di grande successo. Sono i due aspetti di un’esistenza in cui la sorte decide capricciosamente chi precipita nei bassifondi e chi sale alle stelle, il tutto con un’aggiunta moraleggiante secondo cui quello più fortunato non è detto sia lo stesso a cui arride il successo. Lo si potrebbe anche vedere come una presa in giro dei film e degli sceneggiati stile yakuza, di cui questo regista è uno degli esponenti più significativi, o un’esplosione delle povere fantasie indotte dai programmi televisivi. Si potrebbe, questo e altro, ma ciò che appare con tutta evidenza è un sovraccarico d’intenzioni, immagini, sequenze disordinatamente montate e caoticamente collegate. Un film che oscilla fra un eccesso di presunzione e una totale mancanza di controllo della materia. Brokeback Mountain (La montagna di Brokeback) d’Ang Lee racconta una bella storia d’amore con l’originalità che i due amanti sono entrambi maschi ed esercitano il virile mestiere di cow boy e atleti di rodeo. Disteso su oltre quarant’anni, dal 1963 alla fine del secolo, segue gli appuntamenti che i due si danno, in grande segreto, poche volte l’anno. E’ un’opera da forte taglio classico, ovviamente pro gay e costruita con professionalità, ma senza troppa fantasia. Ha preso in via anche la ventesima edizione della Settimana Internazionale della Critica (SIC), riservata alle opere prime e seconde, ospitata nel programma della Mostra, ma gestita in modo totalmente autonomo dal Sindacato del Critici (SNCCI). Il film d’apertura viene dall’Irlanda, s’intitola Pavee Lackeen (La ragazza Pavve) e lo ha diretto Perry Ogden. E’ un’opera apparentemente semplice, in realtà ricca di suggestioni e significati di secondo livello. Il primo dato interessante, che rasenta il valore documentaristico, è nella scoperta di quest’ampia comunità marginale che vive accanto ad una grande città, quasi ignorandone regole e convenzioni. Il secondo elemento è nella commistione fra orgoglio ed emarginazione. La pelosa carità con cui funzionari pubblici tentano d’indurre la famiglia della ragazza ad abbandonare la zona in cui si è insediata, offrendo una sistemazione a parole migliore, in realtà dubbia, si accompagnano alla cocciuta e dignitosa decisione della madre di vivere la vita a suo modo. Un terzo fattore è nel ritratto di questa bimba che vuole disporre della sua vita in modo totalmente autonomo, ma non è indifferente al fascino e ai lustrini della società dei consumi. Un film che, sembra seguire le orme di Rosetta (1999) di Jean-Pierre e Luc Dardenne, ma che scava più sul versante del ritratto psicologico che non su quello sociale. Un ultimo dato positivo è nella fotografia, stilisticamente perfetta e formalmente raffinata, di un paesaggio fisico e sociale, diruto e degradato sino alla disperazione.